Home / Articoli 2017

IMMIGRAZIONE, PROLIFERANO GLI SPRAR: VOGLIA DI SOLIDARIETA’ O DESIDERIO DI BUSINESS?

LATELLA NOVEMBRE 2015Dopo lo scandalo, con arresti, al CARA di Crotone è doveroso avviare una seria riflessione sull’accoglienza che riserviamo agli immigrati, sulla solidarietà che ci vede protagonisti nei confronti di quanti abbandonano la terra natia perché perseguitati o perché scappano per trovare altrove una migliore condizione socio-economica alternativa alla povertà dei luoghi di origine.Accoglienza e solidarietà sono i presupposti per garantire dignità a tutti gli esseri umani: dai cristiani ai musulmani, dall’induisti ai buddisti. Quanta insincerità in queste tre parole (accoglienza, solidarietà, umanità). Alla vecchia ipocrisia della politica, oggi si aggiunge una più diffusa simulazione dei buoni sentimenti che sono lo spartiacque tra l’indifferenza e il razzismo. L’immigrazione, sia per i cosiddetti rifugiati che per i migranti economici, oggi è un business: una grande torta che soddisfa la bulimia di quanti, in primis i poteri criminali, approfittano degli sbarchi e dell’ospitalità agli immigrati per diventare destinatari di facili guadagni.  Ed i soldi tentano anche alcuni segmenti del nostro sistema filantropico.  Non è giusto fare di ogni erba un fascio e riconoscere che nella rete dell’accoglienza agli immigrati troviamo esempi di grande solidarietà e umanità.  Spesso, però, sul risvolto della medaglia è scolpito il subdolo disegno dell’interesse dei singoli o di gruppi che spesso (come nel caso di Crotone) viene smascherato grazie all’attività di magistratura e polizia giudiziaria.

L’attuale sistema fa comodo a tutti, compresi gli immigrati ospitati nei CARA o negli SPRAR i quali, nonostante le carenze strutturali e igienico- sanitarie dei luoghi che li ospitano, non perdono la speranza di raggiungere la “terra promessa “ segnata sulla mappa di viaggio affrontato con la consapevolezza degli ostacoli disseminati lungo la strada dell’agognata destinazione.L’’immigrato cosi come gestito è un peso. Trasformiamolo   in risorsa, anche nella fase in cui è ospitato nei centri di accoglienza in attesa che vengano accertati i requisiti per ottenere lo status di rifugiato  o un permesso di soggiorno.  Una procedura abbastanza lunga e farraginosa che provoca un grande dispendio di soldi pubblici. Che va snellita: anche con decisioni che, agli occhi dei soliti benpensanti, potrebbero essere considerate una sorta di negazione del diritto all’accoglienza e alla solidarietà.  Come dare torto a quei cittadini italiani senza casa e lavoro che spesso non riescono ad assicurare alle loro famiglie un pasto caldo.  La povertà e il disagio degli indigeni sono fonte d’intolleranza   nei confronti di altri disperati pronti ad affrontarsi in una guerra tra poveri. Il tutto alimentato dai predicatori di odio presenti in ben note formazioni politiche che ormai spopolano in gran parte dell’Occidente.

FOTO PLATEA VIBOGirando un reportage televisivo, negli anni scorsi, abbiamo incontrato immigrati che vivono in condizioni disumane ed altri (i cosiddetti richiedenti asilo) ospitati in strutture alberghiere: un letto pulito, tre pasti giornalieri e  gran parte del tempo trascorrono in compagnia della noia e dei loro tablet di ultima generazione.Il vento della grave situazione economica del Paese e quello dei  populismi alimentano i focolai del malcontento fino a trasformarli in incendi che a tutt’oggi, grazie a Dio, sono rimasti circoscritti. Ma domani? Con l’Europa sempre più ostaggio dei neo nazionalismi e degli egoismi appare estremamente difficile fare previsioni. Ed allora perché non agevolare l’impegno sociale degli immigrati utilizzandoli i piccoli lavori di tutela dell’ambiente e del decoro dei luoghi?  Insomma, farli sentire utili, agevolare la loro convivenza e stemperare le polemiche per il loro vagabondare per le vie del centro e delle periferie urbane.Per far questo i sindaci hanno bisogno di strumenti normativi, di una visione meno clientelare della politica e, soprattutto, di una nuova cultura dell’accoglienza più solidale e sostenibile di quella che garantisce gli interessi di pochi a danno della collettività.  Il sistema, invece, disegna uno scenario che non piace a nessuno: né agli indigeni né agli immigrati.

Il prof. Tito Boeri, l’economista presidente dell’INPS, nella relazione annuale al Parlamento, nei giorni sorsi,   ha delineato le direttrici lungo le quali contributi, previdenza e assistenza dovranno muoversi nei prossimi anni. Ed ha sottolineato l’importanza dell’impiego degli immigrati. Chiudere loro le porte costerebbe quasi 40 miliardi di euro nei prossimi 20 anni. Torniamo all’attuale sistema, anche sulla base delle risultanze investigative dell’operazione “mafia capitale”. Troppi affaristi e molti sepolcri imbiancati che agiscono, quasi indisturbati, tra la sonnolenza (complicità?) degli addetti ai controlli e l’ipocrisia laica o confessionale. Perché non indagare (sociologicamente e penalmente) sul fenomeno della proliferazione degli SPRAR e, soprattutto, sulla loro gestione dal punto di vista umanitario e amministrativo? Le cronache, sempre più spesso, riportano la protesta di immigrati per il trattamento riservato loro in questi centri di accoglienza.  Lo Stato paga e gli italiani, ormai ridotti a sudditi del famelico sistema di imposizione fiscale e di tributi locali, giustamente, chiedono conto. Una cosa è la solidarietà e l’accoglienza-  sosteniamo tutti noi -, un’altra sono gli affari, la clientela, le ruberie, le piccole e grandi illegalità, la corruzione che sono la negazione di importanti principi sanciti dalla nostra Costituzione e contenuti nella Carta dei diritti universali dell’uomo.platea

Se in Italia, in particolare in Calabria, si ricorre sempre di più all’applicazione dell’interdittiva antimafia, soprattutto a carico delle imprese, perché non istituire la procedura degli accertamenti preventivi sui soggetti (e sul loro entourage) che si propongono o vengono sponsorizzati a gestire questi centri? Senza guardare in faccia nessuno: associazionismo laico, cattolico, antimafia; cooperative rosse, bianche o gialle, parrini e imam; notabili politici o cittadini dal volto pulito e al di sopra di ogni sospetto.  Il malcontento degli immigrati giunge fino alle caserme dei carabinieri per indicare la scarsa qualità del cibo o le continue carenze igienico -strutturali di luoghi presi in affitto per l’ospitarli (chi decide e in base di quali parametri  sullaidoneità igienico-sanitaria e la sicurezza delle costruzioni adibite a ricovero per immigrati?). Sarebbe più rassicurante per tutti se anche gli esercizi commerciali che riforniscono gli SPRAR, soprattutto generi di prima necessità, fossero sottoposti ai raggi x.La fretta è sempre una cattiva consigliera e la logica di “nascondere” i disperati che sbarcano sulle nostre coste in strutture decentrate, spesso isolate dai centri urbani, è tipico della politica dello struzzo che nega la presenza di polveriere sociali pronte ad esplodere da un momento all’altro.

Antonio Latella ( giornalista e sociologo)

 


Gay Pride a Cosenza:motore della città

 

pridecosenza 3In mille hanno partecipato al primo “Gay Pride” a Cosenza, occasione di incontro e di superamento di ogni preconcetto ,in un’ottica di fratellanza, libertà  e fiducia nel domani. All’iniziativa hanno preso parte alcuni esponenti di sinistra, tra cui Sinistra Italiana, qualche volto del Pd cosentino, alcuni politici di altre città,  varie associazioni, gli ordini , tra cui l’Ordine degli assistenti sociali, ed anche avvocati.Una festa a colori e carica di emozioni si è rivelata il Cosenza Pride,  pietra miliare del riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali, della parificazione delle coppie e del lotta contro l’omofobia.La parola chiave della parata a  colori è “amore”, un amore che si manifesta in tutte le sue forme, che possono sfociare in rapporti duraturi, momentanei o d’amicizia, ma utili per la costruzione della personalità umana: nessuno può decidere al posto di altri chi amare o chi scegliere in un cammino di vita insieme.Il Corteo ha riunito i partecipanti e parte della cittadinanza a Piazza Loreto , per poi dirigersi verso verso Piazza Amendola, in compagnia di Eos Arcigay di Cosenza, oltre a tutti i sostenitori della causa Lgbgqi, tra cui i genitori Agedo.“I genitori devono essere accompagnati in un percorso di ricerca di sé-dice Mirella Giuffrè- ed inoltre il coming out non è mai una cosa facile, ma tutto è possibile se c’è amore”.

Anche Cecilia Zoccari –Agedo Reggio Calabria afferma: “Gli spazi sono tanti, e la condivisioni di amore è alla base di ogni cosa, non stanchiamoci mai di combattere”.Durante il Corteo, Silvio Cilento-Arcigay ci tiene a precisare come Cosenza sia una città aperta ed inclusiva, e dice. “Sono molto orgoglioso per la Cosenza bella Lgbt, dove abbiamo scoperto un mondo accogliente ed inclusivo, e ci auguriamo che gli assenti di questa edizione siano presenti alle altre edizioni”.Dello stesso parere è Mario Grande-Arcigay, che saluta il Cosenza Pride con entusiasmo e tanti sorrisi, asserendo: “Le presenze ci sono, e mi auguro che possa esserci sempre più apertura e accoglienza in una Cosenza solidale”.Coppie omosessuali, coppie etero, giovani sposi, ed anche una coppia di sposi “freschi di matrimonio” hanno postato per il primo Gay Pride a Cosenza, segno distintivo di una città civile ed umana.Un corteo che si è svolto in ordine, senza alcuna contestazione o fischi, nonostante qualche assenza istituzionale: nel contempo il  calore e l’affetto di madri, padri o parenti di gay , bisex, drag queen e trans ha fatto da sfondo ad un evento, denominato “orgoglio lgbt”La conclusione a Piazza Amendola, scelto come luogo di arrivo, ma in realtà luogo simbolico della comunità Lgbtqi , dove in passato molti omosessuali si ritrovavano in clandestinità, ha concluso una manifestazione molto voluta e partecipata, ove la voce di Verdiana ha riempito la piazza di note musicali ed armoniche.La festa Alluparty non si è conclusa in Piazza Amendola, che è stata la tappa finale, bensì presso il Centro Sociale Rialzo, da sempre posto di ritrovo e accoglienza : un modo per dire che la festa dei diritti lgbt non può e non deve finire.Sui carri drag queen, trans, e attivisti provenienti da ogni entità territoriale, adornati da collane, look colorati e sfiziosi, ed anche la musica è stata una buona compagna di viaggio ( dalla grande Raffaella Carrà nazionale-icona gay da sempre, alla Disco “ Dont want no short dick man”).Voce e speaker del Pride Cosenza è stata Carla Monteforte,da sempre impegnata nella lotta contro l’omofobia e il rilancio dei diritti della comunità lgbtqui.Forte presenza di Lavinia Durantini-Presidente Arcigay, che chiude la parata dell’amore con parole forti e decise: “ Non siamo spettacolari, ma la diversità si combatte ogni giorno, e grazie a tutti voi per essere stati qui oggi”. Il vero pride è da riferirsi all’apporto delle famiglie, madri, bimbi e famiglie: una vera scuola di rivoluzione culturale ed umana.

Matteo Spagnuolo


La figura del sociologo è centrale per la programmazione e gestione delle politiche sociali

                                                            Una delegazione dell’ASI Calabria audita dalla III Commissione del Consiglio  regionale della Calabria

 

CACCIA PAVONE BIANCOUna delegazione dell’ASI (Associazione Sociologi Italiani) , composta dal presidente Franco Caccia dai vice presidenti Marco Pavone e Giuseppe Bianco è stata audita dai componenti delle III° Commissione del Consiglio Regionale della Calabria, nella seduta del 10 maggio. Oggetto dell’audizione è stata la delibera di giunta regionale °449/2016 “Riorganizzazione dell’assetto istituzionale del sistema integrato degli interventi e servizi sociali nella Regione Calabria”, ritenuta penalizzante per la figura dei sociologi .  Secondo il presidente regionale dell’ASI, dott. Franco Caccia,  un concreto e fondamentale contributo per la programmazione e gestione di un moderno sistema di welfare territoriale, deve essere assicurato proprio dai Sociologi. Si tratta di figure professionali con spiccate  competenze in specifiche aree quali, progettazione e conduzione di  ricerche sui bisogni della popolazione, organizzazione dei servizi sociali e sanitari, promozione della qualità, gestione dei processi d’integrazione sociosanitaria; pianificazione piani di comunicazione con il territorio. Risulta quanto mai strano, ha precisato Franco Caccia,  che una figura con tali competenze specifiche proprio nel settore dei servizi sociali, non venga mai menzionata dalla delibera di giunta regionale  n°449/2016 e dai relativi allegati.  

audizione ASI commissione regionale  servizi socialiRiteniamo che un provvedimento normativo, approvato a distanza di circa 15 anni dalla legge regionale n. 23/2003, debba contribuire a creare le migliori condizioni affinchè i Comuni, attraverso la costituzione degli uffici di piano,  utilizzino al meglio tutte le figure professionali presenti. Si tenga peraltro conto, ha rimarcato Caccia, che in Calabria esiste presso l’università Magna Grecia di Catanzaro  uno specifico corso di laurea in sociologia e dal prossimo anno verranno attivati studi specialisti presso l’Unical di Cosenza. Sono quindi diverse centinaia i giovani calabresi che hanno investito risorse ed energie per diventare sociologi e che rischiano di avere precluse concrete opportunità di lavoro proprio nella loro regione.  Auspichiamo quindi, ha concluso il presidente dell’ASI-Calabria, che si possano apportare le dovute modifiche alla delibera regionale in modo da consentire anche ai sociologi calabresi di essere protagonisti attivi di una stagione di rinnovamento del welfare territoriale  la cui mission è di  andare oltre la prospettiva dell’assistenza e sperimentare processi innovazione e progettazione capace di produrre contemporaneamente valore sociale e valore economico, generando sviluppo nei territori. Il vice presidente della terza Commissione, on.le Baldo Esposito, nel riconoscere la fondatezza della richiesta avanzata dai sociologi calabresi, ha assicurato il massimo impegno della Commissione per avviare a soluzione la problematica sollevata.


Hikikomori  nel contesto ipermedializzato: uno sguardo sociologico

 

GIacomo Buoncompagni 3I social network sempre più sostituiscono i rapporti veri con gli amici o con la famiglia e finiscono per raccogliere il disagio, anche quello più profondo. Perché “condividere” il dolore fa stare meglio. Tale Sindrome è uno degli effetti della dipendenza da internet dei ragazzi tra gli 11 e i 16 anni. Un fenomeno che sta pericolosamente riguardando sempre di più anche l’Italia, dove 240mila ragazzini e adolescenti passano in media più di 3 ore al giorno davanti al pc. Una vera e propria web-dipendenza che porta a una sorta di isolamento sociale, che sembrava fino a poco tempo fa riguardare esclusivamente il Giappone e per questo denominata “sindrome di Hikomori”. I primi casi italiani, sporadici e isolati, sono stati diagnosticati nel 2007, e da allora il fenomeno ha continuato a crescere e, seppure con numeri diversi da quelli giapponesi, a diffondersi.

 tumblr_inline_nuvxls9ami1stoloe_540 (1)Ad oggi non sappiamo con precisione quanti siano i giovani italiani che si sono “ritirati”, le stime parlano di 20/30 mila casi, ma il fenomeno potrebbe essere più ampio. In Francia se ne contano quasi 80 mila, mentre in Giappone, dove il fenomeno è quasi endemico, si parla di cifre che oscillano tra i 500 mila e il milione di casi”.
Le scienze comportamentali spiegano a tal riguardo, la presenza di comportamenti ben precisi nel giovane Hikikomori:  crisi di pianto, incapacità di relazione, continue lamentazioni su di sé e, nella sua sofferenza, c’è una forte componente di senso di colpa. Il sentimento prevalente è la vergogna. Si vive come un fallimento la distanza tra il mondo che si è immaginato e previsto per sé e quella che invece  è la realtà: tanto più grande è la distanza tra la realtà che si era idealizzata e quella vera, tanto più grande sarà la vergogna che si prova.La scelta di conseguenza cade sull’auto-reclusione in un universo minimo e virtuale, scegliendo cosi di giocare con identità multiple ,creandosi percorsi sociali all’interno dei social o dei videogiochi, annullandosi completamente come esseri umani e lasciandosi passivamente trascinare all’interno dello schermo.
Gli Hikikomori hanno una forte avversione per tutti i tipi di attività sociali, dall’uscire con i coetanei alla pratica di sport di gruppo, e, soprattutto, un’accentuata fobia scolare, non necessariamente motivata da brutti voti, ma la socialità complessiva, l’incontro con membri dell’altro sesso e, quindi, il rischio del rifiuto e della competizione.Questo disagio cosi forte ha portato molti ragazzi ha praticare quello che è stato definito “cutting”o autolesionismo, atto che consiste nel tagliarsi con oggetti appuntiti come coltelli, lamette, pezzi di vetro; un fenomeno chiaramente preoccupante, ma che va interpretato prima di tutto come “un grido di aiuto” da parte di molti adolescenti.Per  la psicologa sociale Alessandra Lemma, la pelle viene adoperata come superficie d’iscrizione, su cui la sofferenza psichica viene esteriorizzata e lavorata.Il corpo è l’interfaccia tra l’individuale ed il sociale. Dall’origine della vita infatti,  la superficie della pelle svolge molteplici funzioni nello sviluppo della personalità e del contatto fisico e emotivo. La percezione del corpo è una costruzione intersoggettiva, interpersonale e sociale. In adolescenza le trasformazioni psichiche e somatiche contribuiscono a determinare la riorganizzazione delle rappresentazioni di sé.A saziare le esigenze di chi si taglia fuori dal mondo esterno, si è pensato, per molto tempo ,fosse la Rete, in quanto capace (apparentemente) di fornire risposte e aiutare a costruire legami senza troppi pericoli e senza mettere in gioco il corpo. E proprio Internet è al centro di un’ampia discussione nella quale ci si chiede se il rapporto parossistico tra Hikikomori e web sia la causa o l’effetto della malattia.In merito prevalgono due teorie: secondo la prima gli Hikikomori nascono per colpa della rete, che con le sue mille attrattive ti tira dentro e ti allontana dal mondo. La seconda invece, antropologicamente più credibile,  sostiene che i ragazzi stanno male comunque, perché non reggono il peso del confronto e della continua aspettativa che arriva dalla cultura contemporanea;  il concetto di Rete come ambiente curativo, bellissimo dove andare, potenzialmente infinito e pieno di stimoli, in cui crearsi una vita fuori dalla vita, escludendo cosi il concetto di “ambiente pubblico”, di privacy e relazione, convinti di entrare in una realtà parallela completamente slegata dal sociale, è un’idea chiaramente distorta e pericolosa.

hikokimoriVa tenuto presente infatti, che il cyberspace non ha niente a che vedere con lo spazio fisico, è uno “spazio non spazio”, che non può permettere una fuga o un cambiamento completo della nostra quotidianità. Lo schermo diventa a quel punto il centro operativo di tutto, quella barriera emotiva-relazionale che rende tutto più freddo, vuoto, illusorio, inesistente, in grado di svuotare lo stesso concetto, cosi profondo, di empatia.La nostra percezione della realtà riguarda tutto il corpo e tutti i nostri sensi che si trasformano in “estensioni tecnologiche” legate non al mio punto di vista ma al mio “punto di stato”: il mio immaginario da soggettivo diventa oggettivo , parte quindi di una realtà nuova e pubblica , costituita da nuove e ricche identità interconnesse che gestiscono continui flussi comunicativi. Proprio questa è la forza delle nuove tecnologie e cioè l’interattività che , come afferma il sociologo De Kerckhove, “stabiliscono scambi continui ed intimi di energia tra mente, corpo ed ambiente globale”.

La conseguenza sta nel fatto che i nuovi media sono divenuti ambienti intermedi, che hanno accesso alla   nostra psiche privata e fanno da ponte con il mondo esterno, annullando il senso delle frontiere geografiche e i confini tra identità locali e globali. Siamo individui interconnessi e visibili che tentano ,attraverso la tecnologia, di “eternizzarsi” e di rendersi unici e perfetti, protagonisti in Rete , produttori e consumatori di contenuti mediali , raccontando e raccontandosi, “esponendosi” come merce dietro ad  uno schermo.L’uomo e il mondo stanno attraversando un profondo mutamento in seguito allo sviluppo delle nuove tecnologie a volte utili, incontrollabili, demonizzate e divinizzate, in grado di condurci alla totale frammentazione o ad una nuova globalizzazione. Combattere il disagio giovanile ed un uso del web irresponsabile ed improvvisato, significa prima di tutto far comprendere come  la vita vada costruita, vissuta ed  affrontata, no personalizzata e controllata,  in quanto è una “strada” che merita di essere percorsa, ma la salita può diventare meno faticosa attraverso un maggiore coinvolgimento di educatori, genitori, professionisti del web, affinché diventino “artigiani dell’ascolto e della comunicazione”, come ha affermato la filosofa Corradi Fiumara.Sono proprio questi , i due strumenti  che, secondo lo psicologo sociale Goleman, “costituiranno la colonna, il trampolino per un’applicazione effettiva di un’educazione prima di tutto emotiva”.

Giacomo Buoncompagni

Dottore in comunicazione , specializzato in comunicazione pubblica e scienze socio-criminologiche . Ha conseguito diplomi di master universitari di secondo livello in ambito criminologico-forense. Esperto in comunicazione strategica e linguaggio non verbale. Cultore della materia e Collaboratore di Cattedra  in “Sociologia generale e della devianza“ e “Comunicazione e nuovi media”presso l’Università di Macerata. E’Presidente provinciale dell’associazione Aiart di Macerata e autore del libro “Comunicazione Criminologica”e “Analisi comunicazionale forense”( Gruppo editoriale l’Espresso ,2017).  giacomo.buoncompagni@libero.it


La sociologia dei sentimenti violati, il femminicidio

SIFONETTI TERESAI numeri delle violenze sulle donne in Italia, proseguono senza tregua, troppo sangue sui volti, troppi lividi sulla pelle. Vite spezzate, basta solo un attimo ed il sorriso di chi credevi ti amasse si trasforma in un gesto di estrema violenza. IL femminicidio trova le sue origini nella violenza dell’uomo, radicata nella nostra società. Un problema sociale legato alla discriminazione e disuguaglianza tra uomini e donna frutto di una società sessista. La donna da sempre occupa un ruolo predominante. Oggi pero può sognare un futuro diverso rispetto al passato, può aspirare a cariche ambite nel settore lavorativo, è autonoma. Non è un luogo comune ottiene ruoli lavorativi di prestigio si pensi l’ingresso della donna nel ruolo della politica a volte andando incontro a diversi stereotipi, insomma può sognare una vita differente, è questo è un fatto indiscutibile. Pertanto questo cambiamento avvenuto repentinamente ha portato ad emergere incrostazioni del sistema maschilista che ha portato negli ultimi tempi a raccontando nella cronaca nera storie drammatiche, inconcepibili in un società avanzata.Oggi le donne muoiono per mano dei loro mariti, compagni, fratelli, padri o innamorati respinti, che avrebbero dovuto rappresentare tutta la loro sicurezza. La violenza inizia con ogni forma di abuso psicologico che induce conseguenze negative nella psiche delle donne, tante troppe volte in cui si denuncia, ma non basta a breve si consumerà un nuovo “delitto” efferato, crudele, barbaro, etichettato come “delitto passionale”.

Ancora una volta bisogna chiamare in causa la Società fortemente disgregante e assente di “Valori”.Bisogna prenderne coscienza è intervenire tramite la “diffusione della risocializzazione dei valori” trovare una soluzione per rompere gli schemi della violenza. Un processo di “risocializzazione dei valori” può contribuire a cambiare il sistema nel quale viviamo è l ‘uomo passo dopo passo, potrebbe abituarsi o (rieducarsi) all’idea di accettare la donna per quello che è: universo di sentimenti, sensibilità ed emozioni. Risocializzare significa restituire la vera funzione femminile non connotandola in donna oggetto. La lotta a questo tipo di crimine esiste? La “risocializzazione dei valori” cosa può fare in una società dai sentimenti violati? Dobbiamo porci tante domande per capire quanto difficile sia analizzare un fenomeno che si amplifica nell’assenza dei valori, sotto l’influenza economica e sociale, fino a quando non ritroveremo la gioia dei sentimenti.

Dott.ssa Sifonetti Teresa

Componente direttivo Nazionale Associazione Sociologi Italiani.


Sole e luna, maschile e femminile nel periodo post-moderno

 

La bomba MOAB e l’ostentazione fallocentrica

nuova foto di giuseppe BiancoUna penetrazione  potentissima di tritolo, da qualche giorno, sembra aver lasciato un’impronta precisa, ma non circoscritta. Una longilinea, dritta, virulenta asta metallica, a quanto pare ha penetrato un’area, sfregiando un terreno già di per sé arido, sicuramente non femminile. Anzi, intriso di alterata mascolinità miliziana. Una sorta di circoscritto rapporto tra rudi cavernicoli. Nient’altro. Si è verificata un’alternanza delle parti ed una differenziazione nell’esplosione seminale ( anche in questo caso, non vitale ma mortale). Nel caso dei kamikaze, si verifica un’eiaculazione di morte, medicalmente assistita. Poco seme letale, si libera e produce una fioritura triste di decessi, ridotta nel numero, ma moltiplicata per l’altissimo tasso di piccoli “membri” floridi di devastazione. Aumentando la grandezza dell’asta ed il suo potenziale germinativo, si ostenta la possibilità di fertilizzare in maniera non definita il grembo già ampiamente gravido di Thanatos.Partendo da questa analisi, cercheremo di venirne a capo, attraverso l’utilizzo di alcuni modelli. I modelli, non rappresentano la verità, ma possono riuscire a stimolarci nel ragionamento e nella distinzione.Esiste nell’anima di ogni essere ( umano o disumano?) un luogo “edenico”, nel quale l’equilibrio interiore non viene scomposto. Nel quale l’alternanza armonica di notte e giorno, produce una sorta di apertura e di normalizzazione dell’essere. Da questo concetto, bisognerebbe ripartire. Il femminile presente nel mondo, allo stesso modo del maschile è realmente tale?Nel mondo occidentale, apparentemente vi è una tracotanza di femminile, inteso come acquisitivo di virile. Apparentemente si accoglie e si fruisce di tutto. Si integra tutto. Si trasforma tutto. E se fosse che questo femminile, questa “ GRAND MOTHER”, sia solo un falso?MISSILE

Analizzando il reale, valutando opportunamente i fenomeni sociali e geopolitici, possiamo constatare come in realtà, il nostro mondo civilizzato, mantiene nascosto, allo stesso modo di quello “non civilizzato” un permanere di tracotanza maschile, non creativa e “thanatica”, pronta a palesarsi, alla prima provocazione.Ora, mantenendo in piedi questa metafora, possiamo capire, che l’orientamento collettivo è globalmente orientato alla volontà indifferenziata di poter fecondare. Senza ragione, si cerca, ognuno nel suo piccolo        (ma questo meccanismo, si produce indifferentemente anche allargando il sistema, fino a toccare gli ambienti sovranazionali) di spargere il proprio seme. Ma nessuno sembra accorgersi che ad oggi, c’è veramente poco spazio per fecondare e ci sarebbe da lavorare per ricostruire un “UTERO FECONDO E CREATIVO”.

L’integrazione dei popoli e la pace, possono germinare soltanto nella ricostituzione di un equilibrio perso.Quest’utero, dovrebbe subire una mutazione, innanzitutto allargandosi per contenere il TUTTO e dopo, riusciendo a trasformarsi in qualcosa di intelligente. In grado di mettersi dentro soltanto la parte evoluta delle differenti culture, la parte saggia ed ancestrale, la parte creativa, in grado di tutelare la vita su questo pianeta.Con tutta questa ridondanza di verità, di “eiaculati” mentali, culturali e religiosi, vi è bisogno di allargare il “GREMBO” e nello stesso tempo di renderlo fecondo di energia vitale e pulita .GRAVIDANZA

In questa fase storica, i rapporti personali, organizzativi e sovranazionali, sono esplicitamente fissati in dinamiche narcisistiche, sadiche o masochistiche. L’energia creativa viene esplicitata e venduta in una modalità evoluzionisticamente non adeguata per l’uomo post-moderno. C’è un bisogno collettivo nascosto. Difficile da realizzare e portare a compimento e purtuttavia indicativo di una sola via di risoluzione. Normalizzarsi, mettendo da parte il delirio euforico, di vedere subito dei risultati. E’ complesso da gestire a livello emotivo, ma possibile ( pensiamo a grandi coscienze come il  Mahatma Gandhi).

Bisogna essere capaci, nonostante tutta la morte, la razzia, lo sfregio che ci circonda, di ancorarsi con fede luminosa ed intelligente, alla sicurezza che in ognuno di noi, esiste grano e zizzania e che per vedere il grano maturo, bisogna con grande forza morale, essere in grado di controllare, ma non estirpare subito la zizzania. Essere capaci di aspettare, i frutti.Aspettare per “NOVE MESI” ( il numero nove, simbolicamente è collegato alla completezza ed al compimento) la gestazione dell’Uomo Nuovo.In caso contrario, non penso si possa arrivare ad un’evoluzione definita della nostra “SPECIE” e gli unici frutti che si potranno raccogliere ( così come direbbe un mio amico, in profondità  “ Cavaliere”) saranno solo miliardi di “FALLI”, infecondi e “ FALLITI”.

Giuseppe Bianco

Sociologo e Life-coach


Primo incontro con Andisp, Associazione nazionale dottori in Scienze Politiche

 

spagnuoloIl convegno di sabato 8 Aprile ha fatto da apripista ad una serie di incontri per area tematica della facoltà di Scienze Politiche, una delle più bistrattate, sottovalutate, messe in secondo piano , in termini di sbocchi lavorativi: un vero dilemma per gli scienziati politici.Lo scienziato politico è colui il quale studia la scienza politica, che in senso stretto ,è una scienza sociale che studia il fenomeno politico attraverso la metodologia delle scienze empiriche, in più ambiti disciplinari, che spaziano dal sociologico al politologico, per poi approdare verso l’indirizzo giuridico, amministrativo, ed in particolare nell’ottica internazionale.L’Andisp  ha raccolto le varie proposte degli ex studenti di Scienze Politiche, puntando sulle richieste e sugli interrogativi, a cui si dovranno dare delle risposte, ma non solo l’Andisp come comitato di difesa dei diritti dei dottori in scienze politiche  dovrà farsi carico delle problematiche della facoltà, ma anche gli uffici per l’Orientamento, senza togliere spazio ai pareri dei laureati in scienze politiche.Sono intervenuti Matteo Spagnuolo- Dottore in Scienze Politiche , Assunta Bonanno-Delegata dal Rettore per l’Orientamento, Servizi agli studenti e Formazione Permanente, Francesco Lo Giudice- Dottore in Scienze Politiche, Angelo Zicca- Dottore in Scienze Politiche(MSOI-Unya Italy), Eliana Ciappina- Dottoressa In Scienze Politiche, Debora Pandolfini- Dottoressa In Scienze Politiche, ogni presente ha espresso il suo punto di vista in merito all’importanza della facoltà.L’Andisp, ovviamente, si occupa di raccogliere dati per fornire informazioni circa le possibilità e le modalità di insegnamento, con tutte le difficoltà del caso, mentre il Servizio per l’Orientamento predispone una piattaforma su cui puntare per poter investire sulla propria professionalità, individuando i profili ad hoc in più contesti sperimentali.

Sono emerse alcune criticità, soprattutto all’interno dell’Università della Calabria,  laddove c’è una carenza di partecipazione delle aziende rispetto alle possibilissime offerte lavorative, dopotutto questo status quo non può e non deve condizionare le scelte fatte in precedenza, ed uno dei motivi per cui non bisogna pentirsi di aver scelto tale facoltà risiede nella passione e nell’amore dello studio dei fenomeni a 360 gradi: si potrebbe lavorare nelle amministrazioni pubbliche, perseguire la carriera giornalistica, quella diplomatica, la strada del  politico di professione, per non dimenticare il percorso di ricercatore, di funzionario pubblico, di formatore, di operatore di Ong ( organizzazioni internazionali senza fini di lucro), e in tanti altri settori.Il quadro descritto riprende uno scenario quasi felice, ma esistono molti ostacoli per poter gestire al meglio un programma di indirizzo e di percorsi accademici, professionali e specifici.Non è così semplice affermarsi nello scenario socio-politico attuale, pertanto alla luce di questa realtà si chiede maggiore trasparenza, accompagnamento in entrata verso i percorsi professionalizzanti, maggiore organizzazione tra le parti: organizzarsi ed unirsi rinvigorisce l’azione, apportando migliorie e soluzioni al problema.Rispetto alla calma apparente, il  Sartori-primo docente di scienza politica direbbe: “Il pessimo è pericoloso solo se induce alla resa; ma altrimenti il male lo fa l’ottimismo e il tranquilliamo che inducono a non far niente”.

M. S.

 

 


PARTONO I “VOLONTARI VAGABONDI”, L’EVOLUZIONE DELLA SOLIDARIETA’

  Volontari vagabondiUna musica in sottofondo sottolinea la colonna sonora dei “Volontari Vagabondi”, il progetto sostenuto da Fondazione Con il Sud. Dall’Urban Center di Reggio Calabria inizia un lungo viaggio che durerà diciotto mesi e coinvolgerà quattordici comuni. “Non ci sono montagne insormontabili, ma condivisioni possibili “, è questo lo slogan che accompagnerà il progetto ed identificherà l’azione “Questo slogan nasce come ispirazione regalata dalla canzone   Ain’t Not Mountain High Enough  del grande artista soul Marvin Gaye -esordisce così il dott. Fulvio D’Ascola responsabile comunicazione del progetto – vogliamo regalare leggerezza alla solidarietà , tracciando da oggi una linea di demarcazione dai nostri ruoli professionali ,azzerati per mettere la faccia in questo splendido progetto redatto dalla dott. Monica  Moscia, manager e responsabile dello stesso. Ringraziamo il comune di Reggio Calabria, per averci permesso di utilizzare un luogo simbolico confiscato ,come l’Urban Center ,per questa conferenza stampa.”   Inizia così la conferenza stampa di presentazione di un percorso iniziato un anno fa ,con oltre 1000 idee presentate da tutto il meridione, con 65 idee selezionate per la fase finale, con 30 idee vincitrici nel sud Italia, tra cui “Volontari Vagabondi “ .

volonari vagabondi 2L’idea progettuale e l’iter esecutivo, esposto dalla manager Monica Moscia , apre l’aspetto tecnico della conferenza ,con la presentazione dell’associazione capo fila AVONID e delle partnership ANPVI ,Pro Loco Roghudi, Cooperativa Nautilius e Associazione Sociologi Italiani. “Volontari Vagabondi “ l’ evoluzione della solidarietà  è strutturato in modo molto articolato, lo scopo sarà quello di fare emergere il disagio psichico, fisico, sociale ed economico ,creando  cittadinanza attiva ,presente nei 14 comuni coinvolti, realizzando un sistema di consulenza medica, legale, urbanistica, fiscale, psicologica, sociologica a domicilio. L’azione di prevenzione delle malattie oculistiche sarà importante, attraverso l’utilizzo di un camper medico attrezzato ,che effettuerà visite gratuite nei quattordici comuni coinvolti. L’azione di solidarietà   sarà ricercata sul campo, con riunioni che saranno tenute dai dieci animatori del progetto, che lo illustreranno alla popolazione locale e coinvolgeranno istituzioni ,scuole e associazioni nei comuni di Reggio Calabria, Palmi, Gioia Tauro, Rosarno, San Procopio,Oppido Mamertina,Santo Stefano D’Aspromonte,Cardeto,Roghudi,Sant’Ilario dello jonio,Siderno,Roccella ,Bova marina,Motta San Giovanni. Il contatto tra utente beneficiario e “volontario vagabondo “, reclutato sul territorio, avverrà attraverso una piattaforma web dove si incontreranno la domanda e l’ offerta ,che si concretizzerà con la consulenza professionale domiciliare. Un progetto positivo, accolto con grande entusiasmo da parte istituzionale. Il dott. Giuseppe Marino, assessore alle Politiche Comunitarie del Comune di Reggio Calabria sottolinea la bellezza della solidarietà che parte dal basso, soffermandosi sulla frase “Non esistono montagne insormontabili, ma condivisioni possibili” affermando che è importante la vitalità della solidarietà che si esplica con l’azione.

volontari vagabondi 3La presenza di diversi sindaci dell’area inclusa nella Città Metropolitana diventa subito fattiva. Il Dott. Eduardo Lamberti Castronuovo , sindaco di San Procopio ,apprezza l’azione “on the road” e propone un cammino comune con un progetto medico sulla prevenzione, delle malattie del colon. Tra i sindaci presenti, il  dott. Pierpaolo Zavettieri sindaco di Roghudi apre le porte dell’Area Grecanica, il sindaco di Oppido Mamertina dott. Domenico Giannetta ringrazia per avere scelto il suo comune  e si propone come primo “volontario vagabondo”, chiude l’intervento dei politici l’assessore Coppola del comune di Santo Stefano D’Aspromonte, che mette in evidenza la criticità del suo territorio certo che l’emersione del disagio sarà importante. Nel finale, chiusura con i presidenti delle associazioni partner, con l’intervento del dott. Antonio Latella, presidente nazionale Associazione Sociologi Italiani, che evidenzia la particolarità dell’aspetto sociologico di prossimità del progetto. Dall’Urban Center di Reggio Calabria parte l’evoluzione della solidarietà con “Volontari Vagabondi “,il progetto sostenuto da Fondazione Con il Sud ,perché “Non esistono montagne insormontabili, ma condivisioni possibili.”


Accettazione dell’ombra ed accoglienza del diverso

                                     Ipotesi umana, per costruire la tolleranza

nuova foto di giuseppe Bianco“Ognuno di noi è seguito da un ombra e meno questa è integrata nella vita conscia dell’individuo, tanto più è nera e densa”. ( Carl Gustav Jung)9.30 del mattino. Marzo iniziato. Strada di montagna, sul Reventino. Tenue sole primaverile. Cammino, col fiato cementificato, dai chili acquisiti lenti ed inesorabili a furia di interminabili abbuffate contadine. Mi fermo e mi poso, su uno dei tanti massi, che costeggiano il sentiero. Sotto ai miei piedi, un sentore di vita che sta per sbocciare. Intorno a me, una tenue forza, rimasta ancora presente, del canuto inverno che tenace sbuffa rivoli di vento gelido, ancora evidente.Aspetto. La vedo. E’ lei. La mia ombra.Ragiono sul come essa si manifesti, nella luce ed anche quando il sole, rimane stantio alto e sonnacchioso nel cielo, essa sia pur non evidente, rimane in essenza, come nascosta. Pronta a manifestarsi, alla pur minima e naturale inclinazione dell’astro d’Apollo.Non è facile accettarla. Non è facile, possederla. Ancora meno semplice è la capacità di accettarne la permanenza negli altri e negli esseri umani in genere.Da una piccola ombra individuale, si dovrebbe vedere, con occhiali allargati, l’Ombra globale. Tante piccole ombre, miliardi di ombre, organizzate creativamente come un mosaico arcaico. Posizionate sulla parete, per ricordarci chi siamo. Per infastidirci e nello stesso tempo arricchirci, con le loro sfumature e giochi.Il nostro mondo, strutturato sulla “liquidità” e sull’innesto apparentemente pieno di chiaroscuri indecifrabili, di impossibili discernimenti su ciò che è giusto o sbagliato, estetico o non estetico, dritto o sviato è davvero tale?DONNA-OMBRA... (1)

Siamo davvero voraci ricercatori ed accoglienti padroni di casa di quest’Ombra che ci abita?Partendo da una riflessione sull’individuo e finendo ad un analisi sociologica maggiormente globale, bisognerà pur darsi una risposta.La risposta potrebbe sorgere solo partendo da una domanda profonda, traendo spunto da assiomi di tipo socratico, che ci ri-vincolano al bisogno di produrre quesiti profondi per lasciar ri-fiorire le nostre menti a volte troppo nebulizzate nell’euforia triste e depressa dei nostri tempi.“ Cosa si intende per Ombra”?Troppo spesso, produciamo tappeti di pensieri, confusi e di comodo. Troppo spesso, ci rispondiamo che per eccellenza, i nostri paradigmi culturali confluiscono strutturalmente nell’accoglienza di zone ombrose e relativistiche. Apparentemente ridondiamo di merce cognitiva unta dai grassi idrogenati e dall’eccesso di zuccheri delle aziende alimentari.Ma nel profondo, riusciamo ad incontrare davvero quest’ombra che ci abita e ci rende tutti simili. Tutti umani, spietatamente vincolati ad un continuo confronto tra l’ideale di noi stessi ed il fango che pur non accettandolo, continua ad abitarci?

20150926_160444xHo in mente alcuni processi storici, accaduti nel secolo delle grandi dittature. Tutto in quel periodo sembrava bianco o nero. Tutto sembrava illuminato da dicotomie razionali ed ideologizzate che apparentemente, avrebbero stabilizzato le anime, fornendogli la luce.Questo non accadde. Il tentativo di estirpare il chiaro-scuro che ci abita, produsse un ingresso spavaldo dell’ombra. Non controllato ed in qualche modo non controllabileIl risultato? Milioni di vite infrante.Ed oggi, siamo immuni da tutto ciò? I dati e la lente d’ingrandimento sui fenomeni globali, ci dicono di no. Anche nell’era post-moderna, ipertecnologica, comoda,  densa di apparente accoglimento dei chiaro-scuri e della diversità, permangono stantii, processi primitivi, di annichilimento della coscienza e di imbarbarimento dell’anima.Ma perché? Dovrebbe essere il contrario.Forse potremmo risponderci, facendo un esame evidente di realtà. Spietato direi.Nessuno, o quasi, guarda più nel profondo di se stesso. A nessuno più interessa cogliere ed ac-cogliere quest’ospite misterioso, che corrisponde a ciò che consideriamo diverso ed estraneo a noi stessi.Non producendo con costanza questo lavorio interiore, non distilliamo l’essenza del conflitto perenne, piantato in ogni essere umano. Non produrremo mai la “pace interiore”. Al “sistema di allevamento dei consumatori” non interessa stimolare la            “Consapevolezza” di ciò che siamo integralmente.

Il saggio Carl Gustav Jung scrive: “Abbiamo bisogno di più consapevolezza della natura umana, perché l’unico pericolo reale che esiste è l’uomo in se stesso”.Non pensiamo, si siano fatti passi sostanziali, da allora. Non parliamo dell’abuso di “politically correct” che stampa, politica e media in genere fanno, riguardo a tematiche come l’omofobia, il razzismo, i migranti, la situazione mediorientale e la violenza sulle donne.Intendiamo parlare di sostanza. In realtà, la moltitudine, rispetto a tutte queste tematiche, continua a farsi idee superficiali, mai argomentate e trattate nella loro complessità.In pratica, potremmo parlare di incapacità appresa a sperimentare ciò che siamo nel profondo. Potremmo azzardare l’ipotesi che anche nelle dinamiche sociali si verifica ciò che si verifica nell’individuo. Il non riuscire ad accettare l’ombra che ci abita, porta l’individuo, i gruppi e la società a proiettare sugli altri ciò che non vogliamo accettare in noi stessi.Il conflitto, la “Guerra” in genere, parte sempre da una presa di posizione che il fondatore dell’Analisi Transazionale ( Eric Berne) definirebbe di “OKness”, io sono ok e tu non sei ok. Noi siamo ok e voi no.Ma il sentirsi simili ed in qualche modo fatti degli stessi geni “ antropologici”, potrà arrivarci solo da una profonda elaborazione del nostro mondo interiore. Solo facendo luce su tutti gli “elementi” che ci abitano si faciliterà la crescita della nostra sostanza. Proprio come in un processo alchemico.Il guardare in noi stessi, il fango di cui siamo costituiti (« il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. » – Genesi 2,7) potrebbe facilitare la costruzione di ponti di “Pace”, fatti di mattoni costituiti dall’oro e non dall’argilla.

paceGiordano Bruno, nel suo “De umbris idearum” scriveva: « Quest’ombra, pur non essendo verità, deriva tuttavia dalla verità e conduce alla verità; di conseguenza, non devi credere che in essa sia insito l’errore, ma che vi sia il nascondiglio del vero. »Nel corso della storia, le più grandi coscienze, i saggi, i mistici hanno attraversato sempre l’ombra di se stessi ed il loro fango, l’humus umile (pensiamo a S.Francesco di Assisi ed al suo essere infinitamente piccolo per poter essere immensamente aperto all’Amore Universale, giusto per citarne uno legato alla tradizione cattolica ma se ne potrebbero citare tantissimi di altre confessioni religiose o atei).Speriamo solo che la re-infusione morbida e pacifica di questo nuovo Umanesimo cosciente, umile nel suo scabroso avvicendarsi naturale di “Luce ed “Ombra” che ci rende figli di un’unica famiglia , non anneghi nella sordità golosa e tossicomane di un bel fritto di patatine “ barocchizzate” dai seguenti ingredienti: 1. Patate ( fino a qui accettabili), 2. Olio di colza, 3. Olio di semi di soia, 4. Olio di semi di soia idrogenato, 5. Aroma naturale di carne, 6. Grano idrolizzato, 7. Latte idrolizzato, 8. Acido citrico, 9. Dimetilsilossano, 10. Destrosio, 11. Pirosfato acido di sodio, 12. Sale, 13. Olio di colza, 14. Olio di semi di mais, 15. Olio di semi di soia, 16. Olio di semi di soia idrogenato, 17. Terz-butil-idrochinone, 18. Acido citrico, 19. Dimetilsilossano, cotte e servite da una nota catena internazionale di Fast Food.Sarebbe quanto meno spiacevole o per lo meno “indigesto”.

Giuseppe Bianco

Sociologo e Life- Coach

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


L’approccio sociologico al bullismo, per regalare un futuro con meno disagi relazionali

 

SIFONETTI TERESANel corso degli ultimi anni abbiamo assistito a veri malesseri sociali, fenomeni dalle connotazioni grigie, imputabili ad una società prevalentemente cambiata, modernizzata, che punta il bersaglio sui deboli, attraverso la prevaricazione sui minori. Si parla di un fenomeno fortemente diffuso il “Bullismo”, una nuova forma di devianza che necessita di grande attenzione, una piaga tra gli adolescenti della nostra società. Il “Bullismo” non solo sfavorisce lo sviluppo sociale, ma crea un vero disagio. Si manifesta in azioni di gruppo di uno o più individui da parte di un bambino/ adolescente, nei confronti di un altro percepito come più debole ed incapace di difendersi.  Il modo migliore per affrontare questo problema è prenderne coscienza. Un problema sociale che va analizzato e non trascurato ed è diventato oggetto di studio nelle discipline sociali.  Ma come può una società civile tollerare tutto questo? Come può assistere ad atti di prevaricazione violenze, atteggiamenti intimidatori?  Negli ultimi tempi in costante crescita abbiamo assistito ad un vero e proprio boom di social networks, di smartphones , che da una parte ha offerto a tutti noi nuove possibilità, dall’altra ha generato  un’esagerazione, legata a sua volta ad un fenomeno che in pochissimo tempo ha preso piede: il “CYBERBULLISMO”. L’uso improprio della nuova tecnologia ha danneggiato i rapporti tra i giovani, favorendo disagio, molestie e devianze psicologiche. Oggi i prevaricatori scelgono le loro vittime per intimorire e perseguitare un soggetto minore, screditandone l’autostima e la sicurezza. Attraverso la Sociologia si possono individuare interventi di prevenzione, che coinvolgono in “primis” le istituzioni sociali, quali la famiglia e la scuola. Occorre contrastare questo quadro,per evitare conseguenze negative sulla salute delle vittime .Il primo passo tocca a genitori e insegnanti, per fare in modo che i giovani possano riallacciare i rapporti con gli adulti ,per compensare l’assenza di valori principi e fondamenti societari. La società di oggi è specchio della nostra epoca, ma siamo ancora in tempo per regalare un futuro ai nostri giovani, con meno disagi relazionali e più sogni da realizzare con prospettive più congrue di contro ad una società opulenta e disfattista.

Teresa Sifonetti, sociologa ASI


Cerca

Archivio