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HITACHI, CONFINDUSTRIA R.C.: “UNICA REALTÀ LOCALE SU SCALA GLOBALE”

HITACHI 1“L’ultimo, straordinario, risultato conseguito dallo stabilimento Hitachi di Torrelupo, costituisce l’ulteriore conferma del livello di eccellenza ‘made in Reggio’ nel campo della produzione dei treni. Si tratta di un nuovo, importante, step di crescita che infonde fiducia ed entusiasmo all’intero sistema produttivo locale che oggi più che mai deve essere impegnato in una efficace azione di marketing territoriale”.E’ quanto afferma il vicepresidente di Confindustria Reggio Calabria, Filippo Arecchi, in relazione al completamento da parte di Hitachi Rail Italy della commessa per la realizzazione di 706 carrozze ‘Vivalto’ destinate a Trenitalia.filippo arecchi (2) (1)

“Per cogliere pienamente tutta l’importanza e il peso specifico di questo stabilimento all’interno delle dinamiche socioeconomiche del territorio reggino – evidenzia Arecchi – è necessario guardare ben oltre il singolo e, peraltro, importantissimo traguardo raggiunto. Questa realtà, infatti, da anni ormai si sta rendendo protagonista di un percorso di crescita e consolidamento davvero unico nel suo genere nell’ambito di questo contesto territoriale. Lo stabilimento Hitachi è, di fatto, l’unico insediamento industriale della Città metropolitana di Reggio Calabria in grado di sostenere una linea di produzione di beni ad alta tecnologia e di esportali su scala globale. Una peculiarità, questa – sottolineano gli industriali reggini – che ne fa un unicum a livello regionale esaltando il ruolo del sito reggino all’interno del circuito produttivo nazionale insieme ai siti industriali di Pistoia e Napoli.

logo confindustria RCProdurre beni direttamente sul territorio, inoltre, rappresenta un fattore di grandissimo rilievo poiché incide, in forma diretta e tangibile, sulla tenuta stessa del sistema economico del territorio in termini di ricchezza prodotta, di valore aggiunto e di sostegno, concreto, al vasto indotto che gravita attorno. Grazie a questo insediamento industriale, Reggio Calabria esporta beni prodotti qui in tutto il mondo e, fondamentale rovescio della medaglia, da tutto il mondo vengono trasferiti denaro e ricchezza a questo territorio. È questa l’unica via economica per l’incremento del prodotto interno lordo e del benessere locale. Da questo punto di vista – rimarca Arecchi – riteniamo che lo stabilimento ex Omeca debba essere al centro delle politiche di crescita e sviluppo poste in essere dalle classi dirigenti, ad ogni livello. Al di là delle singole commesse, fondamentali per il mantenimento dei livelli produttivi e occupazionali, occorre rilanciare l’impegno in chiave istituzionale per creare nuove condizioni che consentano a quello che è il principale insediamento industriale del territorio reggino, di operare con un approccio di lungo respiro nel contesto di una visione strategica complessiva tesa a favorirne la propria capacità competitiva. Sotto questo profilo – afferma Confindustria Reggio Calabria – intendiamo rafforzare il percorso già avviato da tempo sui fronti del dialogo e del confronto costanti con i vari interlocutori istituzionali, sulla centralità dello stabilimento di Torrelupo. In ottica locale, ad esempio, riteniamo si possa avviare un confronto sulla possibilità di creare condizioni favorevoli anche per il miglioramento del parco mezzi del trasporto pubblico regionale”.hitachi 2

Secondo Confindustria, “questa realtà produttiva da anni rappresenta un autentico fiore all’occhiello per questo territorio, specie sotto il profilo dello sviluppo di un know-how di altissimo profilo il cui livello qualitativo, non a caso, è stato più volte sottolineato dai principali osservatori economici a livello nazionale e internazionale. Il patrimonio di professionalità, competenze e conoscenze che è stato costruito nel bacino reggino oltre a rappresentare un motivo d’orgoglio per questa terra, è anche un punto di riferimento da tutelare, valorizzare e intorno al quale è possibile costruire nuove ipotesi di sviluppo. Tutte le realtà economiche e sociali del territorio continueranno a operare a tutela dello stabilimento Hitachi e a salvaguardia delle prospettive di aumento della produzione e di mantenimento ed espansione dei livelli occupazionali. Un fronte su cui Confindustria Reggio Calabria sarà sempre in prima linea”.

Ufficio Stampa Confindustria Reggio Calabria

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TURISMO E INNOVAZIONE, IL PORTO DELLE GRAZIE DI ROCCELLA SI CONFERMA MODELLO D’ECCELLENZA  

 

Roccella_porto delle grazieL’attività di rafforzamento e rilancio del Porto delle Grazie di Marina di Roccella Ionica, ossia la più grande struttura dedicata al diporto nella Città metropolitana di Reggio Calabria dotata di 450 posti barca, passa anche attraverso le vie, virtuose, dell’innovazione e della sostenibilità. E’ in questo contesto, infatti, che si inserisce l’ambizioso progetto di livello internazionale destinato proprio all’approdo turistico reggino (la cui società di gestione, la “Porto delle Grazie Srl”, è un nuovo associato di Confindustria Reggio Calabria), condotto dal Comune di Roccella e dall’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria. Un’azione che è valsa per l’amministrazione comunale il premio “Amico del Mare 2017”, prestigioso riconoscimento assegnato da Legambiente, per il suo carattere fortemente innovativo e la componente, fondamentale, della sostenibilità energetica. Il progetto (unico nel suo genere a livello mondiale nel contesto di un marina) consentirà l’utilizzo nel Porto delle Grazie di un brevetto messo a punto dall’ateneo reggino capace di generare energia attraverso il moto ondoso del mare. Il dispositivo, peraltro, si inserisce perfettamente nel quadro delle misure per l’ammodernamento e il rilancio delle infrastrutture portuali di rilevanza regionale, previste nell’ambito delle linee di finanziamento del Por Calabria Fesr-Fse 2014-2020.

Innovazione e valorizzazione in chiave turistica e ricettiva dell’infrastruttura vanno di pari passo. Un connubio che ha consentito al Porto delle Grazie di conquistare la prestigiosa “Bandiera Blu degli Approdi 2017”, unico scalo fra Calabria e Sicilia a ricevere tale ambito riconoscimento. Un traguardo giunto al culmine di un percorso avviato nel 2014 dalla Società di gestione e dal Comune di Roccella Ionica in cui sono stati posti al centro dell’azione, il potenziamento della struttura portuale e la riqualificazione in chiave sostenibile e moderna del patrimonio ambientale.BARCA A VELA

“Siamo davvero soddisfatti – commenta l’amministratore unico della Porto delle Grazie S.r.l., Giorgio Sotira, – perché stiamo gradualmente raggiungendo tutti gli step che ci siamo prefissati all’inizio di questa avventura. Il Porto delle Grazie è oggi una splendida realtà nel panorama turistico e infrastrutturale della Calabria, in grado di accogliere nel migliore dei modi turisti, visitatori e diportisti che ogni anno affollano questo litorale. Nell’ultimo anno abbiamo ospitato oltre 1500 imbarcazioni in transito e abbiamo avviato il nostro posizionamento sul fronte della destagionalizzazione, che ci consente di offrire servizi adeguati anche d’inverno e che si sta traducendo in un significativo incremento di contratti d’ormeggio per la bassa stagione, anche da parte di diportisti stranieri. I recenti traguardi ci consentono di consolidare quanto di buono è stato fatto fino ad oggi e rilanciare con maggior slancio l’attività futura. Occorre in particolare fare leva sulle grandi imbarcazioni che sostano sempre più di frequente nel Porto anche sulla scia delle prime visite da parte di navi da mini-crociera. Continuiamo su questa strada – sottolinea Sotira – lavorando per portare lustro a questo territorio, alla più vasta area della Città metropolitana di Reggio e all’intera Calabria. Ci piace ricordare, inoltre, – conclude l’amministratore unico –  la figura del senatore Sisinio Zito, scomparso un anno fa ma il cui ricordo rimarrà per sempre indelebile per la passione, l’impegno e la caparbietà con le quali si è battuto per la crescita del Porto delle Grazie e l’attuazione di politiche di sviluppo in grado di esaltare il patrimonio ambientale di questo territorio”.

“Siamo felici di poter annoverare all’interno della nostra territoriale la società che gestisce il Porto delle Grazie – commenta il vicepresidente di Confindustria Reggio Calabria, Filippo Arecchi – perché si tratta di una realtà, peraltro pubblico-privata, che adotta un modello operativo e una visione che si sposano perfettamente con i valori e la mission portati avanti da Confindustria. L’azione della nostra associazione trarrà, senza dubbio, nuovo slancio dalla collaborazione con il Porto delle Grazie, specie sui fronti, importantissimi per l’economia e l’occupazione nel territorio reggino, del turismo, della ricettività, dell’innovazione e dello sviluppo sostenibile. Siamo certi che Giorgio Sotira e tutto il gruppo che opera all’interno della società di gestione, saprà affrontare nel migliore dei modi l’arduo compito di perpetrare l’azione del senatore Zito sull’importante infrastruttura di Roccella che sempre più attenzione merita da parte della Città metropolitana di Reggio e di tutta la Calabria”.

Ufficio Stampa Confindustria Reggio Calabria

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ANCE GIOVANI: “DAL GOVERNO SCELTE CHIARE E MIRATE PER IL MEZZOGIORNO”

 

vitale“Non vogliamo fare convegni per parlarci addosso – ha affermato nelle sue conclusioni il presidente nazionale Ance Giovani, Roberta Vitale – ma per conoscere da vicino e problematiche del territorio. E ci rendiamo conto che le criticità del Sud costituiscono un problema italiano. Ed emerge chiaramente la responsabilità della classe dirigente nazionale e con essa la mancanza di un piano industriale che valorizzi le enormi potenzialità del Mezzogiorno. Al governo chiediamo di fare delle scelte strategiche chiare, mirate, strettamente connesse con le peculiarità dei territori. Come imprenditori ci impegniamo quotidianamente per garantire la qualità nelle opere che realizziamo. Tema centrale per la nostra associazione, su cui stiamo svolgendo un percorso teso ad accrescere la responsabilità e la consapevolezza degli operatori del settore. Stiamo lavorando moltissimo con le scuole sui temi della sicurezza e della sostenibilità e spesso registriamo che al Sud esistono ancora esigenze basilari come l’installazione di ascensori o il superamento di barriere architettoniche. Crediamo che esista un problema culturale che come classe imprenditoriale è necessario affrontare a viso aperto. Sul paesaggio urbano ad esempio riteniamo che la nostra azione, insieme alle istituzioni, possa produrre risultati importantissimi sul fronte della rigenerazione, specie in quelle aree ad alto rischio sismico e idrogeologico. Crediamo fortemente nel cambiamento, a partire dal Sud in cui sono tanti i modelli imprenditoriali d’eccellenza”.

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ANCE: AL SUD NON SOLO GRANDI OPERE, MA ANCHE INFRASTRUTTURE DI BASE

 

REGGIO CALABRIA, #DESTINAZIONESUD

CELEBRATO IL V CONVEGNO GIOVANI ANCE MEZZOGIORNO

ANCE FOTO DI GRUPPO PR SOCIOLOGIAONWEBRilancio infrastrutturale, utilizzo dei fondi europei, ripartenza dei sistemi produttivi regionali. Sono queste alcune delle principali direttrici che il Sud deve seguire per colmare il gap con il resto del Paese e generare sviluppo economico e occupazionale.Un messaggio chiaro e netto quello ribadito dai giovani costruttori nel corso del V convegno del Comitato Mezzogiorno Ance Giovani dal titolo “Destinazione Sud, reti e infrastrutture per lo sviluppo del Mezzogiorno”, che quest’anno ha fatto tappa in riva allo Stretto. L’evento nazionale, organizzato da Ance Giovani Calabria, è stato ospitato a Palazzo “Corrado Alvaro”, sede della Città metropolitana di Reggio Calabria e ha fatto registrare una grande partecipazione di rappresentanti delle istituzioni, dell’imprenditoria, dell’università e delle professioni, provenienti non solo dalla Calabria ma da tutte le regioni del Mezzogiorno.I contenuti posti al centro del convegno (i cui lavori sono stati coordinati dalla giornalista del TG1 Francesca Grimaldi) sono stati affrontati in tre specifiche sessioni tematiche: “Infrastrutture e reti, opportunità per crescere”; “Il rilancio del Mezzogiorno parte dal territorio”; “Infrastruttura è futuro”.

FALCOMATA PER SOCIOLOGIAONWEBPELLEGRINO ANCE PER SOCIOLOGIAONWEBIn apertura il sindaco della Città metropolitana di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà ha ribadito che: “Il confronto con il tessuto produttivo è essenziale, anche alla luce delle ingenti risorse di cui la città disporrà e che consentiranno di cambiare il volto del territorio. Il dialogo con gli stakeholder è parte integrante delle politiche di crescita e sviluppo”. Secondo il presidente Ance Giovani Reggio Calabria, Demetrio Pellegrino: “Occorre rinnovare la collaborazione con le istituzioni, riportare al centro dell’agenda politica le istanze dell’imprenditoria giovanile”.

Il Sud oggi è afflitto da un drammatico gap infrastrutturale, ha evidenziato il presidente di Ance Giovani Calabria, Antonino Foti: “Segno che ancora oggi a 156 anni dall’unità d’Italia la questione meridionale è ancora aperta.FOTI ANCE PER SOCIOLOGIAONWEB

Noi giovani imprenditori vogliamo essere costruttori di speranza e abbiamo voluto pensare a questo momento di confronto come occasione per rilanciare un modello di Sud che se infrastrutturato può diventare il motore d’Italia. Non vogliamo solo opere faraoniche ma anche quelle ordinarie che fanno la differenza per le imprese. E alla domanda Ponte sì, Ponte no, rispondiamo Ponte anche”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il coordinatore Giovani Ance Mezzogiorno, Federico De Cesare: de cesare“La carenza infrastrutturale del Mezzogiorno è il tema dei temi quando si affronta la questione della distanza tra Nord e Sud. Distanza che negli ultimi anni si è anche acuita come testimonia la perdita di 13 punti percentuale di Pil nel Mezzogiorno rispetto agli 8 del Nord. Colmare il gap significa intervenire sulle grandi opere, come il Ponte sullo Stretto ma anche su quelle di base, come scuole, ponti, ospedali”.

POFESSORESSA MORACI  PER SOCIOLOGIAONWEBIl tema delle connessioni è fondamentale, ha affermato il consigliere di amministrazione Anas e ordinario di Urbanistica dell’università “Mediterranea” di Reggio Calabria, Francesca Moraci: “Per definire al meglio la visione del sistema Paese. In questo contesto Anas ha avviato un primo piano che riguarda la modalità con cui intercettare i finanziamenti del Pon infrastrutture legate ai porti e alle aree della logistica integrata”. C’è ancora troppo distanza tra gli strumenti finanziari per le infrastrutture e la percezione reale che i cittadini hanno rispetto allo scenario dei trasporti, ha messo in evidenza presidente di Ance Giovani Puglia, Luigi De Santis: “Alcune aree del Mezzogiorno sono, da sempre, scollegate fra loro, come l’asse Napoli-Bari o Bari-Reggio Calabria”.

IRTO E GILARDONI PER SOCIOLOGIAONWEBDi Italia a due velocità ha poi parlato il presidente del Consiglio regionale, Nicola Irto: “E le responsabilità sono di chi ha governato nel Sud, diciamolo senza esitazioni o ipocrisie. Oggi la questione Mezzogiorno va affrontata con un approccio nuovo. La vera sfida è attuare la fase realizzativa rispetto alle tante risorse che sono a disposizione. E poi un intervento deciso sul fronte della malaburocrazia”.Investire in infrastrutture genera inevitabilmente dei benefici per l’economia e lo sviluppo di un territorio, ha rimarcato il presidente dell’Osservatorio “I Costi del non fare” e ordinario di Economia e Gestione delle Imprese “Università Bocconi” Milano, Andrea Gilardoni. “L’esempio lombardo in tal senso è emblematico, basti pensare all’ammodernamento del collegamento Milano-Bergamo”.

 

DIBATTITO CONVEGNO ANCE PRR SOCIOLOGIAONWEBL’accessibilità un altro nodo irrisolto, a detta del componente del Gruppo Giovani Ance Campania, Vincenzo Iennaco: “Insieme alla desertificazione. Investire nel Mezzogiorno significa non solo ridurre il gap con le regioni del Nord, ma far compiere all’intero sistema Paese un balzo in avanti verso il futuro”. “Occorre pensare a soluzioni di sistema – ha rilanciato il vicepresidente nazionale Anci, Umberto Di Primio. “In Italia invece abbiamo sempre l’abitudine a guardare ai problemi, specie quelli del Sud, in modo scollegato e settoriale”. Secondo il presidente del consiglio nazionale Ingegneri, Armando Zambrano: “Questo Paese è riuscito nel tempo a creare un sistema, specie a livello burocratico, estremamente complicato. Il tema della semplificazione è un altro aspetto cruciale che da sempre frena lo sviluppo”. “Il rilancio del Mezzogiorno – ha detto Antonio Pezzopane capo delegazione FareAmbiente presso Fao – deve ripartire dai territori. Sostenibilità e valorizzazione ambientale, in chiave innovativa, creativa e moderna possono essere chiavi per generare nuovo sviluppo, soprattutto nel Sud”.

La Calabria ha potenzialità enormi, ha rilevato il consigliere di amministrazione Società Aeroportuale Calabrese, Manlio Guadagnuolo: “Anche sotto il profilo dello sviluppo aeroportuale. Occorre intervenire sul fronte dell’accessibilità e dei collegamenti interni”.prof RUSSO PER SOCIOLOGIAONWEB

L’assessore alla Logistica e al Sistema Portuale della Regione Calabria e ordinario di Progettazione dei Sistemi di Trasporto dell’università “Mediterranea” di Reggio Calabria, Francesco Russo ha poi rilanciato affermando che: “Garantire l’accessibilità, in molte aree del Sud e della Calabria in particolare, è la priorità. Il recente intervento, epocale, sulla ferrovia jonica va in questa direzione. E la Calabria è l’unica regione ad avere il piano regionale dei trasporti approvato da Bruxelles. Crediamo che pianificazione, programmazione e capacità di spesa siano le chiavi per cambiare rotta e rilanciare trasporti e infrastrutture”.

TURCO ANCE PER SOCIOLOGIA ONWEB

 

 

In chiusura Angelo Turco, vicepresidente nazionale Ance Giovani ha evidenziato che: “Qualsiasi opera ha la possibilità di essere utile. Ponte sullo Stretto compreso, di cui stranamente non si parla più. Abbiamo territori completamente scollegati dai principali snodi ferroviari, stradali e aeroportuali. In modo critico, poi, è necessario riflettere sui tanti fondi europei sprecati e su come migliorare tale, fondamentale asset, per il futuro”.

 

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EDUCARE AL MOVIMENTO: UN APPROCCIO PSICOMOTORIO FUNZIONALE

 

Natalia 3L’intento di tale lavoro è quello di evidenziare le potenzialità intrinseche della psicomotricità funzionale applicata nel suo contesto educativo, come strumento di sviluppo funzionale alle richieste e bisogni dell’individuo nel raggiungimento di una condizione di benessere, in grado di facilitare l’inclusione sociale.La psicomotricità Funzionale è una disciplina creata e consolidata da Jean Le Boulch, è una scienza che si prefigge l’obiettivo di rendere la persona capace di eseguire movimenti adeguati, sollecitando l’espressione di una rinnovata abilità di adattamento all’ambiente. Essa, in quanto pedagogia del movimento, ha lo scopo di migliorare per vie elettive atteggiamenti e comportamenti utili per un esprimersi e un comunicare efficace e testimoniale di sé, per aiutare la persona a gestire e modulare un’espressività in relazione alle emozioni e alle tensioni, fino ad acquisire una conoscenza di se stessi ed una disponibilità affine alle competenze operative.  Dunque la Psicomotricità Funzionale è pedagogia del movimento ed educa al movimento. Ma cosa significa educare? E che cosa è il movimento?Il termine EDUCARE deriva dal latino e, secondo Giambattista Vico, si può far ricondurre a due espressioni lessicali: educāre e educĕre. La prima significa “condurre”, infatti nell’antica società ellenica il pedagogo era uno schiavo che accompagna il ragazzo nel tragitto da casa a scuola e il suo ruolo, afferma Marrou, è più importante del maestro di scuola, in quanto gli sta vicino per tutta la giornata, lo inizia alle buone maniere e alle virtù, gli insegna a comportarsi nel mondo e nella vita. La seconda significa “trarre fuori”, indicando l’orientamento del ruolo di guida dell’educatore, ovvero condurre l’educando a manifestare le sue potenzialità, strumenti utili al raggiungimento del fine educativo di una crescita armonica.Dunque educare significa favorire l’acquisizione dell’identità personale di ciascuno, ovverosia le competenze, la libertà, la consapevolezza necessaria a vivere umanamente.Per MOVIMENTO si intende l’azione, il gesto della persona: esso è il mezzo attraverso il quale si agisce nell’ambiente, esprimendo il proprio Essere in “situazione” e rivelando emozioni e sentimenti. Tale carattere espressivo del movimento rinvia alla persona e non ad un obiettivo esterno da raggiungere. Ma il movimento dell’uomo si svolge sotto lo sguardo altrui, assumendone un significato per la persona che lo accoglie e lo interpreta. Nei suoi atteggiamenti e movimenti il corpo diventa lo strumento attraverso cui si appare agli altri, rivestendo un’importanza primordiale nelle relazioni.

Un’educazione quindi che passa attraverso il corpo e i sui gesti, che rappresentano la manifestazione della propria presenza in relazione al mondo, ma diventano anche e soprattutto lo strumento principale per la conoscenza di sé, investendone l’aspetto cognitivo ed emozionale.A tal punto è doveroso rivolgere qualche considerazione al ruolo dell’educatore nell’ottica di un’educazione che si realizza per mezzo del movimento del corpo, e nello specifico all’approccio dello psicomotricista funzionale. Considerato che lo sviluppo globale della persona non può realizzarsi se non nella relazione con l’altro, sia essa individuale che di gruppo, risulta importante la figura dell’educatore, che ha la responsabilità di stabilire una relazione favorevole allo sviluppo del ragazzo sia in un contesto individuale che di gruppo.L’educatore, nelle considerazione generali del termine, detiene un ruolo di guida, come su citato, “non direttivo”, cioè non illustra le modalità per svolgere l’azione o imparare una disciplina, ma si preoccupa più del suo sviluppo in relazione con gli altri e l’ambiente. Lo psicomotricista funzionale, in particolare, opera e interviene, approcciandosi alla persona in modo olistico, considerandola nella sua globalità e totalità, seguendo dei principi fondamentali e indispensabili alla sua azione educativa. Lo psicomotricista funzionale deve saper procedere ad un’analisi e osservazione attenta e scrupolosa dello sviluppo della persona, in riferimento ai quadri di Le Boulch, al fine di conoscere la persona e definire un conseguente intervento rivolto ad ottenere un opportuno ed adeguato “aggiustamento” alle situazioni problema a secondo delle sue necessità. Da un’attenta analisi, infatti, lo specialista propone esperienze “cucite” su misura della persona, “progetti in cui il movimento, sotto forma di attività idonee ai bisogni e alle motivazioni dei soggetti, servirà da strumento affinché la persona raggiunga la piena consapevolezza di sé nella propria globalità e nelle proprie parti e sappiano valorizzare al meglio le proprie risorse funzionali per raggiungere un certo benessere” (Le Boulch).

Lo psicomotricista funzionale , grazie alle esperienze proposte e ai metodi e tecniche impiegate offre all’individuo l’opportunità di vivere, percepire e rappresentare una nuova esperienza di sé, che gli consente di operare in modo efficace nell’ambiente e nelle relazioni con glia altri. Un’educazione efficace delle funzioni, dunque, suffragate dall’intenzione, dall’interesse e dalla motivazione, e che rende la persona disponibile all’ambiente e alle relazioni con gli altri, obiettivo quest’ultimo fondamentale nell’ottica dell’inclusione. Essere persone “disponibili” significa acquisire e aver fatto propri gli “strumenti” necessari per aggiustarsi all’ambiente in modo efficace, nutrendo la persona di cariche affettive ed emotive positive, che contribuiscono all’equilibrio e al benessere personale. Tale affermazione è riconducibile ad un altro rilevante principio cardine della psicomotricità funzionale che si basa sul principio sistemico, secondo il quale l’organismo è un sistema, in cui ognuno degli elementi è in interrelazione con gli altri e la modifica di uno provoca la modifica dell’insieme. Lo sviluppo della persona non è settoriale, ma globale; allo stesso modo l’agire educativo deve essere funzionale allo sviluppo armonico ed equilibrato della persona, considerata come totalità nella sua unicità.   L’agire educativo si esplica, inoltre, nella dimensione gruppale, luogo di considerevoli opportunità inclusive. I gruppi spesso sono definiti di genere formale, ossia gruppi imposti, i cui membri non si scelgono, ma si ritrovano perché scelti da terzi (gruppi classe, sport, attività extrascolastiche). La sua peculiarità si esplica nella sua composizione: è formato da un adulto e dai ragazzi.

Condizione che presagisce la possibilità di molteplici e potenziali conflitti per la presenza di un leader imposto/adulto, l’emergere del leader tra i ragazzi e le dinamiche di contrapposizione che possono determinarsi per le diversità e varietà individuali. In tale contesto determinante è la figura dell’educatore/adulto che media e guida il gruppo. Nell’operato di un educatore ispirato ai principi psicomotori funzionali, le esperienze proposte vedono lo svilupparsi di un’azione individuale in seno al gruppo: si tratta di esperienze di presa di coscienza del proprio corpo, che in quanto svolte all’interno di un gruppo sentono dell’influenza dei partecipanti, poiché il ragazzo che agisce si sente implicato in quanto persona, per cui instaura una relazione affettiva dall’individuo al gruppo.Le esperienze proposte sono anche collettive, vissute in interrelazione tra i membri, e in esse si presenta l’opportunità di vivere le attitudini sociali dell’organizzazione, della cooperazione e della comunicazione. In tale contesto si pone il problema della leadership e della rivalità del gruppo. Le attività proposte dovranno riguardare il funzionamento globale del gruppo in cui si stabiliscono le relazioni interumane, così come accade nella, per esempio nella danza: i partecipanti si trovano in uno stato di perfetta socializzazione, il gruppo danzando sente e agisce come un organismo unico.Concludendo, credo sia possibile affermare che la psicomotricità funzionale, in quanto educazione del movimento, ben si presti a creare quelle condizioni personali e gruppali, indispensabili all’inclusione, ma soprattutto e fondamentalmente all’equilibrio e al benessere della persona.

Natalia Cogliandro


INCENDI: DAI PIROMANI… ALLE LACRIME DI COCCODRILLO

incendi boschivi 4“Dietro ogni incendio quasi sempre c’è la mano dell’uomo. Lo ricordi…”.Una frase che da quarant’anni risiede della nostra mente e si sveglia ogni qualvolta i giornali e gli altri media riportano notizie dei tanti incendi che stanno distruggendo il nostro patrimonio boschivo.  Quella frase di un generale del fu Corpo Forestale dello Stato, incontrato in uno dei tanti briefing antincendio, è attualissima in un Paese che si accorge del fenomeno solo quando le fiamme divorano i boschi. Ed allora prende il via il festival delle lacrime di coccodrillo, che dura per l‘intero periodo estivo, ma quando gli alligatori si ritirano in cerca di altre prede tutto ritorna normale.   E le dichiarazioni di guerra contro i soliti piromani (?) finiscono nel diario dei buoni propositi: a futura memoria di una lotta solo annunciata nei confronti di quanti non amano il creato.Gli incendi boschivi sono un fenomeno tipicamente meridionale, come conferma l’inferno delle ultime settimane. La montagna del Centro e, soprattutto, del Nord Italia (fa eccezione la Liguria), infatti, è meno esposta a fenomeni “naturali” e alle cause dipendenti dalla volontà dell’uomo.In queste regioni del Paese c’è una diversa cultura ambientale che si pone a garanzia del patrimonio di tutti. Invece non sembra essere così in gran parte del Mezzogiorno. La zona del Vesuvio, la Sicilia, la Calabria (due morti: nel vibonese e nel cosentino) da sempre sono aree altamente a rischio. E i focolai a macchia di leopardo sono la conferma di piccoli e grossi interessi   criminali di varie tipologie.

incendio boschivoAppare strano, un controsenso, che in queste tre regioni, ancorché dotate di eserciti di forestali, il patrimonio boschivo non solo è trascurato, ma continua ad essere il drammatico palcoscenico di un fenomeno che non sembra avere fine.Decine e decine di migliaia di addetti alla forestazione (numero che incide notevolmente sul bilancio pubblico), dovrebbero rappresentare una grande risorsa per la difesa e la valorizzazione l’ambiente. Invece, no. Ed allora c’è qualcosa che non va rispetto alle azioni di salvaguardia ambientale messe in atto in quelle regioni dove la presenza dei forestali basta appena al fabbisogno nel periodo delle emergenze.Quella dell’operaio forestale al Sud è una presenza invisibile: frutto di politiche clientelari e di progetti occupazionali di natura assistenzialista. Come conferma l’esempio della Calabria. In questa sfortunata e violentata parte dell’Appennino, diversamente dai pastori di Corrado Alvaro (“Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte”), l’esistenza del forestale, per il periodo in cui viene utilizzato, trascorre tranquilla tra il ripristino di un muro secco in pietra (“armacera”) ed altri piccoli lavoretti nel pedissequo rispetto della massima “non fare oggi quello che potresti fare domani, dopodomani o dopodomani ancora…”, “campa asino mio…”. Basta andare nei paesini della fascia pedemontana, soprattutto in inverno, per vedere capannelli  di persone, appunto i forestali, con gli attrezzi di lavoro sempre puliti.

incendio boschivo 3Un modus operandi noto a tutti, ma tutti, Stato compreso, soffrono di cecità e sono deboli di udito.In passato (e forse anche oggi) tra i compiti del forestale vi era quello della vedetta (“guarda fuoco”) per lanciare l’allarme al primo segnale di fumo che si levava dalle sterpaglie o dal bosco.Un compito macchiato dalle maldicenze del sottobosco che indicavano nel forestale come l’autore dei roghi al fine di garantirsi qualche giornata lavorativa in più.Spesso un incendio –  dietro il quale si celano piccoli e grandi interessi, vendette, concorrenza… –   viene addebitato ai piromani. Se dovesse passare in assoluto quest’ipotesi c’è poco da stare allegri per l’alta percentuale di incendiari rispetto alla popolazione residente.Ed allora due sono le soluzioni: la rassegnazione oppure un’inversione di tendenza del tipo “non guardare in faccia nessuno”.incendio boschivo 2

Tra le azioni più urgenti occorre adeguare la legislazione regionale a quella nazionale; obbligare i comuni a predisporre la mappa delle aree boschive andate in fumo; usare le moderne tecnologie per il controllo anche di questa parte di territorio; attuare azioni finalizzati a dissuadere i soliti furbi e le organizzazioni criminali dall’idea di venire in possesso, con l’astuzia, la forza con la complicità di burocrazia e politica, delle aree da sottoporre a bonifica.Infine, avviare azioni progettuali per formare nei cittadini, soprattutto i giovani, una vera cultura   del rispetto dell’ambiente.

Antonio Latella – giornalista e sociologo


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L’ASSOCIAZIONE SOCIOLOGI ITALIANI PARTNER DEL PROGETTO SCREENINGDAYS

locandina progetto sanitarioPromozione e informazione alla cultura della prevenzione sanitaria e donazione degli organi, sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD, Bando Volontariato 2015. Il progetto, proposto dall’associazione “Nuova Croce Azzurra”, selezionato tra le migliori 59 proposte su 1000 presentate in tutto il Mezzogiorno d’Italia, verrà implementato in partnership con le associazioni ASPA ACRI,  AVAS Presila, Croce Verde Silana, LILT Cosenza e con la collaborazione delle associazioni ASIT Cosenza, ATC S. Marco Argentano e dell’Associazione Sociologi Italiani. Le malattie cardiovascolari, tumori, patologie respiratorie croniche e diabete costituiscono, a livello mondiale, il principale problema di sanità pubblica: sono, infatti, la prima causa di morbosità, invalidità e mortalità e il loro impatto provoca danni umani, sociali ed economici elevati che potrebbero essere evitati, nell’80% dei casi, attraverso un’attenta fase di prevenzione. Per questo motivo, attraverso questo progetto, si intende far comprendere alla nostra popolazione i benefici della prevenzione e stimolare le istituzioni a porre in atto strategie appropriate e innovative per mitigare gli effetti negativi di tali problematiche sul sistema sociale ed economico, oltre che sul piano individuale. Intendiamo investire, insieme a Fondazione CON IL SUD sul futuro, sul nostro futuro, attenzionando tematiche culturali basilari per lo sviluppo di una società sana e solidale, contribuendo al miglioramento della qualità della vita di tutti. In favore della popolazione verranno messe in atto quindi tutte una serie di attività di prevenzione primaria: ossia tutte quelle attività di comunicazione utili a favorire corretti stili di vita, sana alimentazione e attività fisica importanti per ridurre a monte l’insorgenza di una malattia, e secondaria: attraverso centinaia di test effettuati gratuitamente nei comuni che vorranno aderire all’iniziativa. Il progetto sarà anche l’occasione per ricordare l’importanza della donazione degli organi. Una maggiore consapevolezza su questo tema consentirebbe di salvare molte altre vite umane. L’ASI offrirà la competenza dei propri professionisti per affrontare le tematiche della prevenzione primaria, educazione alimentare e corretti stili di vita, dal punto di vista sociologico, durante le attività di convegnistica e workshop previste nel progetto. Prima tappa a Cerisano (Cs) il 18 luglio in piazza Zupi.


L’AMORE PER LA MAGLIA? BALLE DA MERCENARI

 

latella 14 luglio 2017L’inizio dei ritiri delle squadre di calcio coincide con il dato fornito dall’Istat sulla povertà in Italia. Riguarda lo stato delle famiglie: oltre un milione e mezzo per un totale di quasi 5 milioni di persone in stato di povertà assoluta.In precedenza l’Istituto di statistica aveva pubblicato elementi ancora più drammatici sulla disoccupazione e sul saldo demografico. Una fotografia sociale che, se paragonata a una delle tante istantanee che giungono dalle zone dei bombardamenti siriani, fa rabbrividire, forse, anche quanti rimangono insensibili a scenari da fine del mondo.Chiediamo scusa: i poveri per un giorno possono aspettare, perché le luci della ribalta, “obtorto collo”, li accendiamo su una categoria di ricchi che milioni e milioni di poveri paradossalmente amano. Quella degli abitanti del pianeta calcio che godono di simpatia, tolleranza e ammirazione da parte delle masse sparse sul suolo di “madre terra”.Calciatori, allenatori, presidenti e finanche i magazzinieri: idoli quando fanno parte degli organici della squadra del cuore, nemici se appartengono al sodalizio avversario.  Il calcio è bello perché amato sia dagli abitanti delle società opulente sia da quelle in via di sviluppo o povere. Il fascino di questo sport non si discute, mentre il sistema che lo alimenta sì, in quanto rappresenta la più grande ingiustizia sociale mai esistita dalla creazione del mondo.Quattro, cinque, sei, sette milioni di euro a stagione (con l’aggiunta della carezza del bonus) per realizzare al massimo una ventina di reti, parare qualche rigore, impedire all’avversario di toccare palla, sceneggiare una caduta in area, rifilare qualche “innocente” calcione all’avversario altro non sarebbero che un’elemosina concessa agli officianti di un rito, il gioco del calcio, diventato una sorta di religione universale.Fenomeno in cui, secondo l’antropologo francese Marc Augé, “numerosi individui provano gli stessi sentimenti e li esprimono attraverso il ritmo e il canto”. Gli stadi – dice ancora – “diventano così luoghi di senso e controsenso, simboli di speranza, di errore o di orrore, in cui si compiono ancora i grandi rituali moderni”.

Non è il fenomeno sociale e partecipativo che si vuole mettere in dubbio quanto riflettere su un sistema che alimenta forme spropositate di ricchezza in un mondo strozzato da vecchie e nuove povertà. Potenzialmente, i calciatori fanno parte di quel segmento di popolazione mondiale (meno del 10%) che detiene quasi il 90% della ricchezza del pianeta. C’è chi riesce a far fruttare questa ricchezza e chi, invece, dopo aver appeso le scarpe al chiodo, dilapida tutto sprofondando in uno stato di estrema povertà per diventare ostaggio di alcool, droga e protagonista di piccole e grandi illegalità che lo aiutano a sbarcare il lunario.  Il mondo del calcio genera modelli di riferimento per milioni di adolescenti e giovani che scimmiottano il look, la postura, i comportamenti, il linguaggio di quanti, anche se diventati ricchi tirando calci ad una sfera di cuoio, rimangono ragazzi viziati i cui valori si identificano nell’automobile di grossa cilindrata, nella ragazza prosperosa, nei flirt con new entry del mondo dello spettacolo, nella vita sregolata se non spericolata.Piercing, tatuaggi (secondo una recentissima classifica del Daily Mirror quelli dei calciatori sono i peggiori) che sporcano gran parte del corpo fanno parte di un incomprensibile modo di essere che contagia migliaia di adolescenti.Per non parlare di certi rituali ipocriti: baciare la maglia, sostenere di essere attaccato ai colori sociali, giurare amore eterno alla squadra che li ha resi famosi e ricchi. Balle, ipocrisia da mercenari. Non vogliamo fare di tutta l’erba un fascio, per carità. Il caso Totti docet: ma per trovare un altro Francesco, grande uomo e grande capitano della Roma, purtroppo bisogna far ricorso alla lanterna di Diogene.Perché l’amore viene cancellato da un ingaggio di un paio di milioni di euro in più in un contratto che magari contribuisce ad allungare di qualche stagione una carriera ormai al tramonto. Al termine della quale la società contemporanea sarà costretta a sopportare i commenti televisivi e giornalistici di un altro ricco con la patente di ignorante.

Antonio Latella – Giornalista e sociologo


ESTATE E VACANZE, L’ARTE DI PRENDERSI CURA DI SE STESSI

 

nuova foto di giuseppe BiancoOgni anno, con l’arrivo del sole estivo, il sistema dei consumi e mediatico, si riadatta alla proposizione di nuovi stimoli collettivi. Tutto diventa colorato, acceso, musicale. Iniziano ad imperversare le prime pubblicità di crociere, di creme abbronzanti, di gelati e di bei ragazzi e ragazze in costume, accompagnati da fisici scolpiti e marmorei  e di altre raffinate seduzioni orientate al divertimento ed alla spensieratezza. Ogni anno puntualmente, l’homo modernus, parcheggiato nei grandi agglomerati urbani e preso fino a tempo da definire dalle solite dinamiche lavorative attuali, inizia a sentirsi ulteriormente scisso. Le pulsioni naturali e libidiche, sopite dai tempi scanditi dai mesi invernali, si risvegliano ed iniziano a bussare alla porta del nostro conscio. “Ho bisogno di una vacanza!”, “Sono sfinito/a!”, queste sono solo alcune delle frasi che ci diciamo e sentiamo durante le giornate. Frasi che spesso sono prodotte interiormente con fatica, a causa del caldo angoscioso ed afoso che quasi sempre viene ad essere smorsato e lenito da moderni rettangoli elettronici che ci portano almeno un po’ di refrigerio.Per valutare bene la situazione, non possiamo esimerci dal considerare il cambiamento prodotto negli ultimi decenni, da un mercato del lavoro sostanzialmente rivoluzionato sia per i giovani che per i meno giovani.giornata dell'ozio a villa dei vescovi-2

Il ceto medio che visse per tutti gli anni ’80, con stipendi fissi ed assunzioni a tempo indeterminato, ha visto lentamente cambiare le proprie abitudini. Le famiglie si sono impoverite ed i giovani, costretti ad una continua precarizzazione, non pensano neanche più al riposo, come diritto soggettivo inalienabile per il buon funzionamento del nostro mondo interiore. Sembrano passati secoli, da quando le famiglie potevano permettersi il famoso pacchetto “turismo di massa” con in esso annesse la casa ( molto spesso di proprietà) ed un intero mese di bagni di acqua salata con “ le pinne, fucili ed occhiali” , di sole (dispensatore generoso di tanta vitamina D), di fresche insalate di riso, grigliate e suonate in spiaggia con chitarra e falò.Dopo questo lungo periodo, si rientrava quasi sempre riposati e soddisfatti, pronti ad affrontare con la prima pioggia settembrina, un altro anno di lavoro.Oggi non è più possibile per la maggioranza degli individui, la riproposizione di quel tipo di vacanza e neanche risulta essere efficace, il lamento sterile o l’adulazione dei bei tempi andati.

BARCA A VELAPossiamo invece ragionare, su quale possa essere un modello alternativo ed evoluto, per cercare di ritrovare un equilibrio personale.Innanzitutto, bisognerebbe ricordarsi che il sistema consumistico, spinge, costantemente ad euforizzare le persone, d’inverno ed a maggior ragione anche d’estate e per farlo, deve garantirsi una sostanziale velocità delle nostre giornate. Questo al fine di non farci sentire i nostri bisogni reali e spostarci semplicemente da “consumatori invernali” a consumatori estivi”. Non ci sono altri obiettivi che questo.Un cambiamento in senso positivo potrebbe avvenire, solo facendo silenzio ed ascoltando, nei pochi giorni che si avranno a disposizione, ciò che davvero desideriamo e ciò di cui davvero abbiamo bisogno, staccandoci dai modelli che vengono proposti a spada tratta e che propinano spesso un ulteriore abbuffata di stimoli esterni ( discoteche, spostamenti continui ed in sintesi divertimento a tutti i costi).Ma il nostro cervello ha davvero bisogno di questo per riposarsi e rigenerarsi?La risposta è NO. Non ne ha bisogno. A parte il fatto che approssimativamente per poter condurre la nostra materia grigia e la nostra anima, in uno stato diverso, avremmo bisogno di almeno dieci giorni in un posto nuovo, nel quale potersi staccare dagli immancabili cellulari e dalle immancabili e-mail (tutti noi abbiamo potuto constatare che per una dinamica naturale abbiamo giorni di pre-influenza e giorni di post influenza da un’esperienza nuova. Il grande psicologo Eric Berne, ne parla bene, ricordandoci di come sia importante destinare del tempo per abituarci all’idea di una nuova azione e di come sia importante, al termine di essa, riuscire a prepararsi con gradualità all’idea di iniziarne una nuova).

Se non riusciamo ad entrare in questa dinamica naturale, rientreremo in meccanismi sociali e psichici “trappola”. Staccare dal lavoro e portarselo con sé, senza un momento di ristrutturazione interna. Arrivare sul luogo di villeggiatura ed avendo pochi giorni a disposizione, entrare nel delirio dello sforzarsi a tutti i costi per fare più esperienze possibili, (come se dovessimo mungere una mucca!), non ricordandosi che la vacanza, dovrebbe essere costituita da un ridimensionamento della programmazione delle attività e degli orari ( siamo già iper-programmati nei mesi invernali). Infine, già da qualche giorno prima che tutto finisca, iniziare a lamentarci del fatto che è stato bello, ma breve e che tra qualche giorno, tutto          ri-diventarà grigio e triste, con l’effetto di riposizionare il cervello, in una modalità lavorativa e stressogena, ancora prima che finisca il momento di stacco ( potrebbe bastare semplicemente riprendere a lavorare, permettendosi una graduale re-immersione nelle attività quotidiane. E’ vero, spesso ci aspetta del lavoro arretrato, ma è il modo con il quale ci approcceremo ad esso, la nostra centratura, a poter fare la differenza!).Alla fine di queste considerazioni, potremmo pensare ad un modello decisamente più orientato al nostro benessere, distaccandoci dalle solite seduzioni mass-mediatiche e ripensando i giorni di vacanza, in serenità, senza grandi aspettative, con la naturalezza dei bambini, facendo attenzione a quelli che sono davvero i nostri bisogni individuali e familiari, quasi mai coincidenti con i pacchetti standard che ci propongono.stagione_estate_001

Fermarsi, respirare, godere di un panorama, di una passeggiata, di un bel bagno all’alba o al tramonto, di una cena con amici, un po’ di musica. Trovare lo spazio per fare delle coccole alle persone che amiamo e farci coccolare a nostra volta, giocare un po’, si, semplicemente giocare. Potrebbero essere delle idee virtuose. In pratica, rimanere centrati sulle piccole ma importanti cose semplici che solo il tempo libero può darci.Ed in questo tempo, ricavare anche uno spazio per sentirsi nel profondo, riattivare le nostre energie emotive e desiderose di sperimentare un piacere sano e viscerale e nutrire e riascoltare la parte naturale, infantile di noi. Il fanciullino che ci abita.Mi viene in mente l’idea di “ozio litteratum”, tanto cara a Francesco Petrarca. Consisteva, semplicemente nell’appartarsi dal “rumore mondano”e consacrare quei momenti al sapere ed all’agire bene, leggendo o di tanto in tanto vedendo qualche buon amico, rimanendo lontani dall’angustia dell’iper-attivismo.Del resto i pensatori antichi, molto avevano capito delle leggi universali che governano la nostra anima e noi, uomini moderni, ci siamo dimenticati di prenderci cura di noi stessi, secondo natura (anche sul fisico, siamo costretti da costanti modelli che ci spingono ad adeguarci, facendoci sentire sempre poco adeguati).Bisogna staccarsi dal fare e dal riempirsi. Dall’avere fine a se stesso. Non è la strada giusta.

vacanze-juliaranel.blogspot.com_Il sociologo e psicoanalista, Eric Fromm, scrisse bene: “Gli individui che fanno propria la modalità di vita dell’avere, godono della sicurezza ma sono per forza di cose insicuri. Dipendono da ciò che hanno come denaro, aspetto fisico, potere, beni, in altre parole in qualcosa che è al di fuori di loro. Ma che ne è di loro se perdono ciò che hanno? Se quindi sono ciò che ho e ciò che ho è perduto, chi sono io?”.Il periodo vacanziero, potrebbe essere quello giusto per ricontattare la nostra vera autenticità. La nostra anima. Per poter riprendere le attività lavorative più riposati e magari anche un po’ più felici.

                             Giuseppe Bianco

                                Sociologo e Life-coach

 


I danni collaterali dello storytelling anti ‘ndrangheta.

 

storitelling fotoLe gesta di singoli delinquenti che certa letteratura antimafia definisce boss, e di gruppi criminali che il linguaggio corrente (dal giornalistico al comune, fino agli atti polizia giudiziaria) indica come cosche, ‘ndrine, locali, mandamenti (e per motivi di spazio ci fermiamo qui) continuano a destare lo stesso interesse delle narrazioni dei secoli scorsi. Questo non è certo un bene per la società contemporanea ammaliata da modelli effimeri, dalla forza e dall’ostentato “prestigio” di quanti militano nelle file dell’antistato.Dopo la premessa, alcune considerazioni generali appaiono pertinenti.I processi globali stanno determinando una metamorfosi della natura dell’esistenza umana. Si tratta degli effetti secondari di una radicale modernizzazione tecnologia ed economica che chiama in causa il nostro modo di essere nel mondo. Un mondo di spettatori, sorvegliato dal “Grande fratello” della comunicazione digitale, monopolio delle multinazionali e del capitalismo finanziario, colossi che comprimono al massimo, e in molti campi annullano, le nostre libertà. I poteri che gestiscono il mondo, che sono anche i detentori delle moderne tecnologie, fanno leva sulla persuasione occulta tipica della società consumistica al fine di conoscere l’orientamento dei cittadini.  Il passaggio dai media tradizionali ai social media ha amplificato nell’opinione pubblica l’interesse per i fatti negativi che quotidianamente si registrano sul nostro pianeta: dalle guerre agli omicidi, dal terrorismo con le sue stragi alla rapina nella tabaccheria di Segrate, dalla sparatoria in un campus universitario del Missouri alle operazioni di polizia giudiziaria e finanche al semplice avviso di garanzia.

aspromonte lavorataIl mondo, oggi, è diviso in buoni e cattivi: categorie che, di volta in volta, guadagnano o perdono posizioni nella hit parade del consenso gestito dei detentori dei mezzi di comunicazione e da quanti, per via di uno status privilegiato, hanno facile accesso al sistema che, ad orologeria, confeziona anche pacchetti di fake news.Il bombardamento mediatico lascia poco margine alla verifica delle notizie. Il sistema narcotizza l’opinione pubblica, la rende eterodiretta e, dunque, incapace di decidere liberamente sulla concessione del consenso sia politico che sociale.  In atto, “madre terra” è alle prese con una grande metamorfosi che – secondo Ulrich Beck – “non è un cambiamento sociale, non è trasformazione, non è rivoluzione, non è crisi, ma il nostro modo di essere nel mondo”.L’uomo postmoderno è sempre più assetato di cronaca: assomiglia ad un vampiro, mai sazio di sangue. La violenza, i comportamenti contrari alla morale e alle regole di civile e pacifica convivenza, veri o presunti, catalizzano l’attenzione dell’opinione pubblica e regalano forti emozioni, grandi scariche di adrenalina.  Lo stesso effetto è provocato dalla spettacolarizzazione delle operazioni di polizia giudiziaria, specie quando le analisi socio – antropologiche, formulate negli atti d’indagine, veicolano fuori dalle sedi delle giurisdizioni nomi, ruoli e gesta di personaggi che suscitano curiosità e interesse in vasti strati dell’opinione pubblica.  La stessa attenzione viene riservata ai processi mediatici.

Torniamo allo storytelling dei fatti di ‘ndranghetaLiquichimica saline joniche

Certe figure – esempio: “boss”, “picciotto, “sgarrista”, “santista”, “quartino” –  destano l’interesse del grande pubblico (al colto e all’inclita) sempre più curioso e attento ai ruoli e alle gerarchie degli ambienti criminali che, in tutte le ore del giorno e della notte, entrano nelle nostre case attraverso i notiziari e le fiction televisive.  Atti d’indagine e sceneggiati si “sovrappongono”, si fondono fino a creare forme di narrativa che provoca suggestione e lascia tracce indelebili nella mente del telespettatore o del lettore.  E in una società povera ed emarginata, in cui sottosviluppo, vecchie e nuove povertà alimentano disperazione e incertezza, questo modello di narrazioni finirebbe per condizionare il comportamento di quanti privi di anticorpi sociali vengono plagiati dal potere criminale. Il “tutto e subito”, paradigma dell’occidentalizzazione, apre le porte all’emulazione.Nelle scorse settimane i quotidiani italiani e stranieri, i network televisivi e la rete hanno riportato l’episodio che ha visto protagonista un adolescente, compagno di scuola della figlia di un pregiudicato, attualmente, ospite delle patrie galere. In una lettera, consegnata alla compagna d’istituto con preghiera di farla recapitare al padre, il ragazzo, unitamente all’ammirazione per il recluso, esprimeva il desiderio di diventare boss. Cioè delinquente.Il tenore delle reazioni al gesto ha ricalcato il vecchio cliché dell’indignazione, dell’analisi tout court, della condanna, dei buoni propositi: in una gara di comunicati stampa da parte di politici, società civile, Chiesa, magistratura, associazionismo antimafia ed altri soggetti delle istituzioni pubbliche e del privato.Nessuna autocritica. Ma un modo gattopardesco d’invocare nuovi paradigmi socio-culturali e pedagogici in grado di avviare il cambiamento. Chiacchere tipiche della società italiana, mai così qualunquista come in questo momento.

Officine grandi riparazioniAl cambiamento non bastano le semplici ricette, né i buoni propositi come testimonia il fallimento delle azioni di bonifica sociale, in gran parte finalizzate all’assistenza rispetto alle politiche di vero sviluppo delle aree contaminate dalla presenza criminale e dalla mentalità mafiosa che taglia trasversalmente la società meridionale.  Le prediche che seguono   un fatto eclatante appaiono, e fondamentalmente lo sono, sincere, solo che alle parole non seguono i fatti e le stesse buone intenzioni finiscono per avvelenare il dibattito politico, la dialettica istituzionale, i rapporti tra cittadini e, cosa ancor più grave, contribuiscono ad aumentare la sfiducia nei confronti dello Stato.“La mafia non è affatto invincibile: è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine”, con questa frase il giudice Giovanni Falcone auspicava un cambiamento umano e culturale di quelle realtà geografiche soffocate della presenza della criminalità organizzata. Una metamorfosi gestita dall’uomo che in Calabria non è mai iniziata. Eppure, come in Sicilia, non sono mancate iniziative finalizzate a sconfiggere le varie articolazioni dell’antistato. Sistema che, nonostante i duri colpi inferti dell’attività di polizia giudiziaria e della magistratura, si rigenera e diventa sempre più pervasivo e potente economicamente. Evidentemente sono sbagliate le strategie, i messaggi inefficaci, i progetti culturali (tanti e quasi tutti finanziati con soldi pubblici) non rigenerano gli anticorpi sociali di una terra che dal giolittismo ad oggi è stata considerata una colonia a cui destinare solo le briciole dei grandi interventi statali destinati allo sviluppo del nord del Paese. Immaginiamo le conseguenze di un osso lanciato a una muta di cani affamati: le guerre mafiose restano l’esempio più significativo.

LOGOLa stessa Cassa per il Mezzogiorno, alla quale vanno riconosciuti i meriti dell’infrastrutturazione post bellica, è stata un catalizzatore di risorse clientelari, in parte finite nei bilanci delle imprese in odore di mafia. ‘Ndrangheta rurale, del tabacco, dell’edilizia, imprenditoriale, leader mondiale del traffico di droga che poi ricicla il danaro sporco nelle attività commerciali. La ‘ndrangheta del terzo millennio è diventata economica con i centri decisionali trasferiti nelle metropoli del mondo. Ed è proprio nel cuore commerciale ed economico dell’Europa che lo Stato deve energicamente intervenire. Localmente invece bisogna avere il coraggio e l’onesta intellettuale di dire basta ai convegni (occasione per parlarsi addosso), ai protocolli d’intesa, alle lezioni di legalità che servono solo per evitare l’interrogazione in latino o in matematica, alle fiaccolate, ai balli & canti, alle infiorate, alle veglie di preghiera, alle pastorali anti ‘ndrangheta, alle inaugurazioni di strutture sportive precedute da coreografie forzate e pagate da Pantalone.

Ed ancora: rendere pubblici i bilanci dell’associazionismo – confessionale, laico, culturale, antimafia, sportivo, della cooperazione sociale – beneficiario dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. In particolare conoscere i ricavi delle produzioni agricole come degli altri cespiti e, soprattutto, la tipologia dei contratti applicati ai lavoratori.  A “pensare male è peccato”, ma qualche volta dietro il volontariato potrebbero celarsi situazioni che meritano di essere chiarite.Il bene comune non è uno slogan, un paravento dove si nasconde l’interesse dei singoli o di gruppi organizzati. Altrimenti il meridionalismo piagnone continuerà a perpetuarsi nei secoli a venire.Lo storytelling anti ‘ndrangheta, mutuato dagli atti di polizia giudiziaria, infine, produce danni gravissimi anche all’immagine di persone che, nonostante siano estranee ai fatti che portano all’incriminazione di uno, dieci, cento cittadini, compaiono ugualmente nei provvedimenti adottati della giurisdizione penale. Poco importa se il politico tizio, l’imprenditore caio, il professionista sempronio nulla hanno a che fare con gli indagati, basta che il suo nome risulti tra righe degli atti processuali per finire al centro dell’attenzione mediatica.  L’uomo è distrutto, il sensazionalismo è assicurato…

                                                  Robert Davidson


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