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CALABRIA, UNA ZES PER OGNI CAMPANILE

 

Latella dicembre 2017“Al di là dei metodi e dei toni della discussione sulla zona franca speciale, agli attori che prendono parte a questo dibattito viene chiesto di tenere conto delle caratteristiche geografiche dei luoghi dove si auspica la nascita di una nuova Zes. Altrimenti ritorniamo ai vecchi campanilismi che tanto male hanno fatto alla Calabria, regione che paga ancora oggi le conseguenze di scelte dettate dall’appartenenza territoriale”. Lo afferma il presidente nazionale dell’Associazione Sociologi Italiani, Antonio Latella. “Questa regione manca, innanzitutto, di una dinamica e aggiornata analisi di contesto territoriale rispetto alla quale decidere la localizzazione di investimenti produttivi. L’assenza di questa mappa determina, come testimonia la nostra storia, la scelta di interventi destinati al fallimento e prese di posizioni che non si discostano affatto dalle attuali forme di populismo”.“Si è sempre correttamente sostenuto- viene sottolineato nella nota-  che Gioia Tauro rappresenti l’area ideale per la realizzazione della Zes in Calabria: il porto, le infrastrutture al servizio di un’area industriale che purtroppo stenta a decollare, un comprensorio dalla grande tradizione agricola hanno determinato una scelta senza concorrenti. E Gioia Tauro, nell’ambito della riorganizzazione delle autorità portuali, è stata designata anche come sede di una delle quindici nazionali, con giurisdizione su tutti gli scali marittimi della Calabria e su Messina, Milazzo e Tremestieri. Ma la Città peloritana non ci sta, al punto che la classe politica d’oltre Stretto, di fatto, ha bloccato l’accorpamento e pare non abbia alcuna voglia di cedere. Forse per questo attua sottili tattiche di rinvio, come quella di chiedere la presidenza dell’Autorità portuale gioiese. Massimo rispetto per le ambizioni della metropoli dirimpettaia, le cui aspirazioni vanno sostenute nel contesto isolano e senza mettere in dubbio la posizione strategica e le caratteristiche infrastrutturali di Gioia Tauro, costretta a registrare anche un ritardato nell’avvio del progetto per la realizzazione del bacino d carenaggio”.PortoGioia Tauro

“Reggio Calabria e Messina – scrive ancora il sociologo Latella –  sono geograficamente vicine, ma lontanissime per ragioni antropologiche, storiche, culturali ed economiche. Le due città metropolitane si corteggiano da secoli, ma la creazione della cosiddetta area integrata dello Stretto (salvo qualche iniziativa destinata a non durare nel tempo) rimanere una grande utopia. Soprattutto dei reggini”.La nota prosegue: “Non ha senso istituire, a meno di 40 chilometri da Gioia Tauro, la Zes dello Stretto. Idea rispettabile, per carità, ma di scarsa utilità soprattutto alla città di Reggio, alle prese con una cultura politica che, tra l’altro, rifiuta di accettare il diverso ruolo svolto dall’aeroporto di Lamezia rispetto al “Tito Minniti”.  Le carenze infrastrutturali e la storica incapacità della classe dirigente reggina (pensiamo al collegamento veloce tra lo scalo aereo calabrese e il porto siciliano) non aiutano lo sviluppo di un territorio che deve fare i conti anche con la mancanza dell’alta velocità ferroviaria e l’inadeguatezza del trasporto pubblico locale. Il dibattito, che spesso si articola sui campanilismi, snatura le finalità delle stesse zone franche che si propongono di portare sviluppo e occupazione in zone svantaggiate poste all’interno di aree vaste.  Bisogna individuare – conclude Latella –  i quasi duemila ettari di territorio regionale per la scelta delle altre zone speciali. In una regione con quasi 800 chilometri di costa, la localizzazione ideale restano gli scali marittimi. Impossibile impedire il dibattito perché siamo già in campagna elettorale: partiti e movimenti si stanno riposizionando e molti personaggi cercano di sbaragliare la concorrenza per un posto in lista. Ma non è politicamente corretto tacere sui veri problemi del territorio attuando la cosiddetta strategia della distrazione”.

c.c./


IL VALORE DELLA DONAZIONE DEL SANGUE E DEGLI ORGANI

Prevenzione oncologica e donazione degli organi, se n’è parlato nel Liceo classico di S.Marco Argentano con il contributo di medici, sociologi ed avvocati.

La manifestazione organizzata dalla Nuova Croce Azzurra, ASI, LILT, ATC, ASIT nell’ambito del progetto Screening Days sostenuto da Fondazione CON IL SUD.

Convegno San marco argentano 1“Prevenzione oncologica e donazione degli organi, attualità e prospettive future”: è il titolo della campagna di sensibilizzazione, inserita all’interno del progetto “Screening days”,  che ha avuto location l’Istituto d’ Istruzione secondaria “Selvaggi – Candela” di San Marco Argentano. A portare i saluti, in rappresentanza del dirigente scolastico Marisa Veltri, è stata Selene Falcone-vice preside dell’Istituto. L’incontro è stato moderato da Davide Franceschiello-sociologo e direttore del progetto, il quale si è soffermato sull’importanza del dono, inteso come atto di fiducia (dal dono si può scorgere l’anima degli individui). Rita Roberti-coordinatore locale per le attività di donazione e trapianti Asp Cosenza ha dato il suo contributo secondo il metodo scientifico, attribuendo allo stesso una matrice prettamente umana. Parte da un sogno ricorrente dei pazienti in dialisi, i quali sognano di bere acqua ghiacciata, definiti da lei stessa “assetati cronici”. Il prelievo di organi come i reni a scopo di trapianto per questi malati non è la salvezza totale, ma consente un miglioramento della qualità di vita: poter riprendere una vita normale è già gran risultato. Per spiegare in modo preciso il senso del donare, la dottoressa Roberti richiama all’attenzione dei presenti la figura di Nicholas Green,ucciso a 7 anni durante un tentativo di rapina sulla Salerno-Reggio Calabria. I suoi organi sono stati prelevati per dare vita a 7 persone, un gesto di speranza, di condivisione e solidarietà. “ Un altro record di trapianti si è avuto presso l’Ospedale Molinette, dove a causa della morte di una donna di 48 anni si sono salvate nove vite”- dice con un po’ di commozione la Roberti- ricordando poi la lettera del marito, in cui fa riferimento alla generosità di sua moglie sia in vita che dopo la sua morte, chiave di accesso alla speranza per altre vite umane.Convegno san Marco Argentano 2

Sia la dottoressa Roberti che l’avvocato Michelangelo Russo hanno focalizzato l’attenzione sulle modalità per donare gli organi: nel nostro paese, infatti vige il principio del consenso o del dissenso esplicito, espresso dalla volontà di donare o meno gli organi. A tutti i cittadini viene data la possibilità di manifestare la volontà di donare gli organi, che viene registrata nel sistema informativo Trapianti (Sit) , la cui procedura consiste nella compilazione e firma di un modulo presso l’Ufficio Anagrafe dei Comuni che hanno attivato il servizio di raccolta e registrazione della dichiarazione di volontà, in fase di richiesta o rinnovo della carta d’identità. Un esempio da seguire viene offerto dal comune di San Marco Argentano, che su 260 consensi, riporta una sola opposizione. L’avvocato Michelangelo Russo, inoltre, ha rassicurato i ragazzi e i presenti, attribuendo un’immagine chiara e seria alla dichiarazione di volontà di donare gli organi, alla luce dei principi di trasparenza, di informazione, frutto di un desiderio reale dei soggetti (le campagne di sensibilizzazione, di informazione sono alla base per creare un dialogo nelle relazioni comunitarie). Gianfranco Filippelli – Dir. Unità operativa di Oncologia Medica del P.O di Paola, è intervenuto, attraverso un approccio preventivo e conoscitivo, sulla prevenzione oncologica in generale ed in particolare sul tumore della mammella che ha un rilevante incidenza sulle donne. Il suo contributo scientifico ha fotografato una realtà crudele, caratterizzata da malattie devastanti che se prese in tempo, grazie ad un’azione preventiva di diagnosi precoce, potrebbe evitare la formazione di metastasi, ossia la diffusione su cellule sane. Lorella Garofalo-medico estetico e dietologa- ha incentrato la sua esposizione sullo stile di vita: la dieta mediterranea si basa sulla riduzione di grassi animali a favore di quelli vegetali, al fine di tenere sotto controllo i valori nutrizionali. Prevenire il cancro grazie ad una corretta alimentazione è un primo passo verso la vita futura, superando i problemi legati all’obesità, l’ipertensione, e quelli correlati alle cattive abitudini a tavola, sebbene l’educazione al rispetto del proprio corpo possa avere tempi lunghi.

Convegno di San Marco argentano 4Rosaria Mazza-Dir.medico AOCS -urologa, invece, ha fornito informazioni circa la prevenzione del tumore prostatico, suggerendo quali precauzioni prendere in caso di pericolo. Si è rivolta ai ragazzi e a agli uomini in sala con un invito al controllo e all’informazione sulla propria salute urologica. Antonio Latella -presidente dell’Associazione Sociologi Italiani- invece, si è interfacciato con i ragazzi della scuola e gli ospiti in sala mediante un approccio sociologico alla tematica: partendo dal Saggio sul dono di Marcel Mauss, pietra miliare dell’antropologia culturale, laddove si evince che il dono crea, rafforza i legami sociali. Sulla base di questa ricerca Latella ha racchiuso in una frase il suo pensiero: “ Non è semplice parlare di dono in una società consumista, bombardata da spot commerciali ed influenze mediatiche, che intaccano l’apprendimento, con logiche egoistiche e materialistiche, tipiche di una società poco coesa”. Inoltre h ripreso la storia degli Italiani, che emigravano attraversando l’Atlantico in condizione pessime, seppure spinti dal valore del dono, in un’ottica non di obbligatorietà ma di condivisione e coesione sociale. Catia Chiappetta-presidente Nuova Croce Azzurra, alla fine dei lavori, ha lanciato un messaggio : “Siamo una carovana pronti ad accogliere e a donare “.L’arte del dono è il leit motiv della giornata intensa e ricca di momenti comunitari, con lo scopo di rompere il pregiudizio per dare spazio alla cultura del dono.

                                               Matteo Spagnuolo


SCHIAVIZZATA DAL COMPAGNO E “VITTIMA” DELLA SOCIETA’ DELL’INDIFFERENZA

Cyberbullismo LatellaLa riduzione in schiavitù della donna di Gizzeria e dei suoi due bambini sembra abbia paralizzato i grafomani della politica, bloccato il dinamismo della società civile, dell’associazionismo e di quanti fanno parte della galassia della solidarietà pelosa per dimostrare di esistere. Nella società dell’indifferenza tutto, come nel caso in questione, non può ridursi alla lettura di un titolo sui giornali, un take d’agenzia, un servizio tv, una news sul web. No, assolutamente, altrimenti dovremmo dare ragione a quanti sostengono   che nell’era postmoderna e postindustriale anche le nostre coscienze rischiano di diventare eterodirette.La solidarietà nei confronti degli ultimi non è merce di scambio, un prodotto usa e getta tipico del modello consumistico, ma un valore umano che non può, assolutamente, essere negoziato per un ritorno d’immagine personale o di gruppo.  I fotogrammi del tugurio degli orrori di Gizzeria, che la tv ha fatto entrare nelle nostre abitazioni, non hanno prodotto quella mobilitazione che, di solito, viene riservata ai fatti di sangue: la gente sembra preferirli rispetto ad altri efferati episodi che quotidianamente la cronaca ci propina. Per la riduzione in schiavitù della 29enne rumena, le privazioni e le violenze psicologiche dei due figlioletti è mancata l’indignazione e finanche un minimo tentativo di quella mobilitazione che di solito si registra quando c’è di mezzo un fatto di sangue. Oppure il protagonismo della ‘ndrangheta: organizzazione che abbiamo sempre condannato e continueremo a farlo. Ma dove c’è ‘ndrangheta esiste il protagonismo dell’anti ‘ndrangheta: due soggetti che, nonostante si collochino agli antipodi del consorzio civile, riescono a monopolizzare l’interesse dell’opinione pubblica che spesso aderisce a sfilate con canti, fiori e balli solo per il gusto di dire “io c’ero”.

 Ciò avviene, intanto, per un fatto culturale, ma anche per l’uso di nuovi codici nella trasmissione delle notizie che, con la velocità che si ritrova, produce l’effetto babele e di conseguenza limita o impedisce la decodifica. Il messaggio giunge a destinazione pressoché privo   di pathos e di conseguenza frena la spontanea reazione del cittadino che si mobilità solo se sollecitato da cosiddetti leader, non sempre disinteressati, che attuano strategie persuasive ampiamente collaudate.  Domani ricorre la giornata contro la violenza alle donne.  E noi tutti, non solo l’universo femminile, abbiamo il dovere di chiederci come mai il dramma della rumena sia durato quasi dieci anni e, senza indossare la toga di giudici, chiedere conto al servizio sociale del comune sul perché in tutto questo tempo tre esseri umani e il loro aguzzino siano stati dei fantasmi; all’istituzione scolastica e all’ufficio vaccinazioni dell’Asp la posizione dei due bambini, rispettivamente di nove e tre anni.  Infine, alle forze di polizia spetta il dovere di informare l’opinione pubblica sui controlli fatti a carico l’aguzzino arrestato mercoledì scorso, il quale 22 anni fa era stato condannato per violenze consumate nei confronti di un’altra ragazza. Non mobilitarsi per esprimere solidarietà nei confronti di una donna con origini diverse dalle nostre potrebbe far nascere il sospetto di razzismo. Perché la dignità prescinde dalla nazionalità, dalla condizione sociale e dalla visibilità che ogni essere umano riesce a guadagnarsi.

Antonio Latella, giornalista e sociologo (Presidente nazionale dell’Associazione Sociologi Italiani)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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GIZZERIA, UNA VIOLENZA SCOPERTA PER CASO

                                 

 

logo asi 15 GENNAIO 2017“La riduzione in schiavitù della donna di Gizzeria è un atto d’accusa nei confronti della società del silenzio che sa ma non parla, dei servizi sociali che non vigilano, dello Stato che limita il controllo del territorio solo ad alcuni fenomeni sociali”. Lo afferma l’Associazione Sociologi Italiani che, in una nota del suo presidente nazionale Antonio Latella, chiama in causa “quel mondo d’indifferenza che alberga in ognuno di noi e impedisce, anche rispetto alla violenza fisica e psicologica nei confronti di donne e bambini, di prendere posizione a difesa degli ultimi e di quanti non hanno voce. Perché – si chiedono i sociologi – certe atrocità vengono scoperte solo per caso? Eppure uno dei bambini è in età scolare. Ma non sappiamo se frequenta le lezioni, oppure rientra nel bacino della dispersione scolastica.  Nell’uno e nell’altro caso qualcuno non ha vigilato.  E in mancanza di notizie certe non sappiamo se l’omissione riguardi i servizi sociali o la scuola. La figlia minore della donna rientra nella fascia delle vaccinazioni obbligatorie. Anche su questo bisogna fare luce. L’aguzzino della giovane straniera, che da badante è diventata prima compagna poi schiava, aveva dei precedenti specifici e, dunque, socialmente pericoloso. Nessuno, però, ha ritenuto di controllarlo, o sentirsi sfiorato dal sospetto che potesse reiterare abusi e violenze, privazioni e negazione della dignità umana, e ricorrere a pratiche sanitarie tribali.  Una famiglia invisibile come tante altre, presenti anche in Calabria, composta da donne schiavizzate, violentate fisicamente e psicologicamente, e da bambini a cui il presente nega loro un futuro normale. Sabato prossimo, giornata contro la violenza alle donne, potrebbe diventare lo spartiacque tra il momento della rievocazione storica (che è importante per non dimenticare) e quello dell’azione collettiva per fare una mappa delle violenze subite dalle donne e dai bambini nella nostra regione.  Il silenzio è il migliore complice della violenza che, molto spesso, rimane confinata nell’indifferenza che caratterizza il contesto in cui vive il ‘carnefice’. ‘Diamo un taglio al silenzio ’: è questo lo slogan della manifestazione che il coordinamento regionale donne della Cisl Calabria ha organizzato per sabato prossimo a Cirò Marina che l’Associazione Sociologi Italiani condivide pienamente”.

c.c./asi


MENTRE POLITICA E CITTADINO AUMENTANO LE DISTANZE E’ IL TEMPO DELLA RETROTOPIA

LATELLA 14 GENNAIO 2016

La scarsa partecipazione dell’elettorato alla consultazione per il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana avrebbe dovuto far riflettere il mondo della politica (dai partiti ai movimenti), invece, ancora una volta, sul fenomeno è calato il silenzio come se l’astensionismo fosse davvero riconducibile alla sola isola maggiore, dunque ad un semplice test elettorale locale. Se dovesse prevalere ancora questa “convinzione” sarebbe un ulteriore atto di miopia della classe dirigente di un Paese incapace di recuperare il rapporto e la fiducia con i cittadini. L’elettorato non si accontenta più del forzato ottimismo di leader e tecnici, i quali vorrebbero far credere che il Paese sia uscito dalla crisi economica solo perché alcuni indicatori superano appena le caratteristiche del prefisso telefonico.

Le elezioni siciliane non hanno cambiato le strategie degli schieramenti politici nazionali. E in vista della consultazione del prossimo anno, il cittadino è diventato spettatore di una guerra tra e all’interno dei vari schieramenti per assicurarsi i numeri per governare. In atto tutti sono alla ricerca di alleanze: anche tra “nemici” che si contendono la leadership all’interno degli stessi schieramenti. Sembra che tutti siano alla disperata ricerca di alleanze tout court, senza calcolare il rischio che strada facendo possa riaccendersi lo scontro sulla sostanza del programma elettorale e sulle criticità che impediscono all’Italia di riprendere, diversamente da quanto avviene in altri stati dell’Unione Europea, il cammino dello sviluppo e il superamento dell’attuale stato di crisi. L’impresa appare ardua – sia per il centrodestra che per il centrosinistra, entrambi impegnati ad impedire l’avanzare della valanga del Movimento 5 stelle (che domenica scorsa ha vinto ad Ostia dove l’affluenza alle urne è stata appena del 33,6%,).

BorsaLa situazione di grande incertezza, dovuta anche agli scontri interni, frenerebbe ancora di più la partecipazione al voto che nel 2018 potrebbe raggiungere il dato più basso della storia Repubblicana.La politica ha perso il suo primato e il potere non è più nelle sue mani a causa della subalternità al finanzcapitalismo che Luciano Gallino ha definito “una mega – macchina, creata con lo scopo di massimizzare il valore estraibile sia degli esseri umani sia degli ecosistemi”. Una nuova macchina sociale che ha superato tutte le precedenti, “compresa quella del capitalismo industriale, a motivo della sua estensione planetaria e della sua capillare penetrazione in tutti i sottosistemi sociali, e in tutti gli strati della società, della natura e della persona”.

Non più produzione di merci ma di capitali e il danaro viene investito per moltiplicarsi. Gli stati nazionali, è il caso dell’UE, hanno perso parte della loro sovranità che è passata nelle mani del sistema finanziario che trae forza dai capitali e non già dall’investitura popolare legittimata da un voto libero e democratico. La conseguenza è che la politica, diversamente da quanto avveniva nell’era del capitalismo industriale, è stata esclusa dai processi decisionali. E con la perdita del primato continua ad allontanarsi dai cittadini i quali rimangono disorientati dall’antipolitica e dai populismi che trovano nella rete un mezzo di grande persuasione e lo strumento per ottenere il consenso.

Tracce del secolo breveLe distanze tra politica e cittadino, almeno per quanto riguarda l’Italia, appare come un lasciato del “Secolo breve”: la tangentopoli, che seguiva di soli tre anni la caduta del muro di Berlino, con la sua spinta emotiva e giustizialista.Non intendiamo, assolutamente, mettere in discussione l’utilità di “Mani pulite” che ha frantumato un sistema di cui facevano parte, direttamente o marginalmente, quasi tutti i partiti politici. Dopo un quarto di secolo c’è chi continua a non gradire quella stagione e punta il dito contro il cosiddetto uso politico della magistratura.Al bisturi dei giudici, però, non è seguita una terapia in grado di fortificare le difese immunitarie di una società, quella italiana, esposta al virus della corruzione e delle ruberie. Ed è mancato anche un progetto in grado di ridare al Paese una nuova classe dirigente.

comizio politicoCon la nascita della Seconda Repubblica, le piazze e i teatri, fino ad allora luoghi d’incontro tra la politica e il cittadino, sono stati sostituiti dalla televisione che ha svolto un importante ruolo di mediazione. Oggi invece il controllo sociale e il consenso diventano interattivi grazie alla versatilità e alla velocità dei new media. Due epoche con un denominatore comune: il neoliberismo e la sua ideologia di mercato, finalizzata ad avere la meglio e condizionare ogni aspetto della vita umana. Con una differenza: nell’era televisiva, qui da noi, il monopolio dell’informazione era concentrato nelle mani di un imprenditore, poi diventato protagonista della scena politica italiana. Oggi invece, grazie alla rete, l’intero schieramento politico nazionale, con i leader o attraverso l’azione di semplici simpatizzanti, ha identiche possibilità di dialogare direttamente con il cittadino-elettore. Ma c’è il problema dell’uso appropriato del linguaggio e l’utilizzo di nuovi codici diversi dal passato.

Il rapporto diretto con il cittadino, dunque, è mediato dalla rete attraverso la quale si realizza la cosiddetta democrazia diretta, in cui al like viene dato lo stesso valore del voto. Il “mi piace” è un fatto istintivo, emozionale, spesso un’esplosione di rabbia, un atto di sfiducia nei confronti delle istituzioni o del sistema burocratico. Rimane la difficoltà di dare risposte immediate ai bisogni della gente. E da questo trae linfa il populismo che Marco Ravelli (in “Populismo 2.0”, edito da Einaudi, 2017) definisce la “malattia senile della democrazia”. E per il docente di Scienza della politica all’Università Piemonte Orientale, siamo di fronte al segno più “preoccupante del rapido impoverimento delle classi medie occidentali sotto il peso della crisi economica; ma anche della sconfitta storica del lavoro – e delle sinistre che lo rappresentano- nel cambio di paradigma socio-produttivo che ha accompagnato il passaggio di secolo”. Ciò avviene quando, come nel caso italiano, “i tempi della politica sembrano essere finiti”. È in atto, con grande disorientamento del cittadino, una sorta di braccio di ferro tra la democrazia rappresentativa, in piena sofferenza, e quella diretta che diventa una variabile della fiducia non solo nei partiti, ma anche nei confronti delle istituzioni. In un’analisi del 2013 sul caso italiano, Ilvo Diamanti (“Democrazia ibrida” editori Laterza) parlava di Democrazia ibrida: “dove si combinano elementi vecchi e nuovi”, senza ipotizzare in quale direzione ci avrebbe portato. Ecco perché, nell’interregno non si esclude un’epidemia globale di nostalgia che confonde il vero con l’immaginario, perché “la nostalgia – come sostiene Svetlana Boym, docente ad Harvard- “ è un sentimento di perdita e spaesamento, ma è anche una storia d’amore con la fantasia”.

BaumanCi spaventa l’incertezza del futuro, diventato ingestibile e inaffidabile al punto da proiettarci nel tempo della Retrotopia che Zygmunt Bauman nell’omonima opera – pubblicata da Laterza (settembre 2017) nove mesi dopo la sua morte – definisce “il cammino a ritroso nel passato” che si trasforma in itinerario di purificazione dai danni prodotti dal futuro quando diventa presente. Il sociologo polacco inverte l’interpretazione filosofica data da Walter Benjamin all’ “Angelus novus”, opera del pittore Paul Klee. Quell’angelo, che Benjamin ribattezzò l’Angelo della storia, si ritrova nel mezzo di una tempesta che spira dal Paradiso e che si impiglia tra le ali che non riesce a chiudere. Una tempesta, che rappresenta il progresso che lo spinge al futuro a cui rivolge le spalle. C’è un cambio di rotta, “come se quell’angelo fosse colto nel bel mezzo di un’inversione di marcia; il volto dal passato lo rivolge al futuro, le ali vengono sempre respinte dalla tempesta che, oggi, spira dall’inferno del futuro (immaginato, previsto e temuto prima ancora che accada) verso il paradiso del passato (un passato probabilmente solo raffigurato a posteriori, dopo averlo perduto e visto andare in rovina). Per il teorico della società liquida, in quel disegno “il passato e il futuro sono colti mentre si scambiano i vizi e le virtù”. Dopo le macerie del passato, tocca al futuro, “deprecato perché inaffidabile e ingestibile, finire alla gogna per essere contabilizzato come voce passiva mentre il passato viene spostato tra i crediti e rivalutato, a torto o a ragione, come spazio in cui la scelta è libera e le speranze non sono ancora screditate”.L’astensionismo, fenomeno non solo italiano, continua, per ragioni diverse, ad essere sottovalutato sia dai partiti dell’attuale maggioranza di governo sia dalle opposizioni impegnate nella demonizzazione dell’avversario per giungere alla sua delegittimazione, prendendo come pretesto l’attuale momento di crisi socio-economica. Il cittadino è stanco, sfiduciato e la sua disperazione lo protegge dal bombardamento mediatico finalizzato a cloroformizzare la sua ragione e renderlo cosi eterodiretto. Di fronte ai drammi della quotidianità della gente, l’uso dei mass media e dei new media diventa un boomerang per tutto il sistema politico.

ChiomskyMa i partiti, i movimenti i leader, pur di ottenere consenso attuano la cosiddetta “strategia della distrazione” che secondo Noam Chomsky (“Le dieci leggi del potere”, edizioni “Ponte delle Grazie”, 2017), è “l’elemento primordiale del controllo sociale”. Che consiste “nel deviare l’attenzione del pubblico da problemi importanti e dai cambiamenti decisi da èlites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazione di continue distrazioni e informazioni insignificanti”. Insomma, “mantenere l’attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali imprigionata da tempi senza importanza”. E la manipolazione del pubblico può avvenire, sempre secondo Chomsky, “creando problemi e poi offrire le soluzioni, attuando le strategie della gradualità e del differimento, rivolgersi al pubblico come ai bambini, usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione, mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità, stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità, rafforzare l’auto-colpevolezza, conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono”.L’inaffidabilità del futuro ha come cassa di risonanza l’ambiente globale che ci offre l’illusione di uno spazio comunicativo dove le libertà dei cittadini sono illimitate. In questo spazio si realizza il protagonismo dei leader che approfittando della fragilità o dell’assenza dei partiti per cercare un rapporto diretto con la gente utilizzando temi come l’immigrazione, il protezionismo economico, la sicurezza. Siamo al populismo digitale: habitat delle nuove destre mondiali che si battono per un ritorno ai nazionalismi.Nell’elenco dei più rappresentativi esempi di populismo digitale, a livello mondiale, troviamo tra i tanti Orbàn, Trump, Putin, Marine Le Pen e in Italia Beppe Grillo.

Antonio Latella – giornalista e sociologo- Presidente nazionale dell’Associazione Sociologi Italiani

Bibliografia:

 Luciano Gallino, Finanzcapitalismo – Einaudi, 2011;

Zygmunt Bauma, Retrotopia – Laterza, 2017;

Noam Chomsky, lLe 10 leggi del potere- Ponte delle Grazie, 2017;

Ilvo Diamanti,  Democrazia Ibrida -Laterza -la Repubblica, 2014;

Marco Revelli, Populismo 2.0 – Einaudi, 2017;

Alessandro Dal Lago, Populismo digitale – Raffaello Cortina Editore,  2017;

Davide Giacalone, Urnolatria & Urnocrazia (web 2017).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


L’amore pestato: violenza di genere che fa paura

 

MASSIMILIANO GIANOTTI 28 SETTEMBRE 2014Uomini che ammazzano le donne. Il femminicidio fa paura. Lo stesso termine fa paura, perché parla di omicidi legati all’identità di genere. In Italia, ogni 48 ore, una donna viene uccisa da un marito, un padre, da un convivente o dall’ex. Il male si annida proprio in famiglia dove le vittime vengono prima sterminate nella dignità e nell’autostima, poi massacrate per non aver abbassato la testa, per non essere state ai patti o per aver disubbidito. Sono donne che vengono annientate per gelosia, orgoglio e rabbia dai loro principi azzurri alienati da un anomalo senso di controllo e possesso.

I dati sono allarmanti: un terzo delle donne di tutto il mondo cadono vittime della violenza domestica. E questa è la prima causa di morte tra mogli, compagne e, sempre più spesso, mamme, di età compresa tra i 16 e 44 anni, prese di mira da persone conosciute, da uomini dei quali si sono innamorate. In Italia, sono quasi sette milioni ad aver subito qualche forma di abuso o violenza nel corso della loro vita. Ma è certamente una stima calcolata per difetto. Questo perché dietro le finestre delle nostre case si nasconde tanta sofferenza. Drammi silenziosi di donne colpevoli di ricercare un pensiero autonomo o rivendicare il proprio diritto alla felicità.

A confermare il fenomeno sono anche le analisi Istat che, in collaborazione con il Ministero della Giustizia, hanno messo a nudo la piaga di un vergognoso massacro che non si arresta nonostante il decreto Legge contro il femminicidio, già ha approvato nel 2013 in Senato, il quale prevede anche l’inasprimento delle pene quando la violenza viene commessa contro una persona con la quale si ha una relazione, non soltanto matrimoniale. In più, ci sono anche le aggravanti quando i maltrattamenti accadono in presenza di minori e contro donne in gravidanza. Una vera e propria conquista se pensiamo che da noi fino al 1968 l’adulterio era considerato un reato amministrativo per gli uomini e penale per le donne, mentre solo dal 1981 è stato abrogato l’articolo 587 del Codice penale sul famigerato delitto d’onore. Oggi, per fortuna, è in vigore anche una normativa internazionale che rientra nel quadro delineato dalla Convenzione di Istanbul, primo strumento giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica quale forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione. In pratica quelli che classifichiamo come femminicidi. E in Italia, questi, hanno numeri da spavento: primo, perché gli autori hanno età compresa tra i 31 e i 45 anni e secondo, perché le vittime, uccise per mano dei propri compagni, sono ancora più giovani visto che si tratta di ragazze tra i 18 e i 30 anni. La ricerca conferma anche che il rapporto, che lega vittima e carnefice, è spesso di natura sentimentale con un 63,8% dove si tratta di coniugi o conviventi, il 12% di fidanzati e il 24% fa riferimento ad una relazione matrimoniale o fidanzamento terminata prima del delitto.

Femminicidio 2Analizzando, poi, il modus operandi dell’escalation omicida, ne emerge un quadro sconcertante e brutale. Sempre secondo le analisi Istat, infatti, il mostro predilige colluttazioni corpo a corpo dove l’arma più utilizzata è il coltello, con il quale, nel 40% dei casi, le vittime vengono colpite ripetutamente, quindi quasi mai con singoli fendenti mortali. Poi, c’è un 15,5% delle volte, dove le donne vengono uccise con oggetti di uso comune: martelli, accette o cacciaviti impiegati brutalmente fino alla fine. Tutti strumenti di morte presenti in ogni casa.

C’è da dire, però, che si tratta di morti annunciate. Delitti che maturano con il tempo, alimentati da rabbia e frustrazioni. Questo significa che c’è possibilità di intervenire prima. Il problema, però, è che la maggior parte delle donne cerca di mascherare, fino alla fine, il proprio inferno fatto di soprusi e violenze domestiche. Qualcuna, a volte, prova a confidarsi con un proprio familiare ma, quasi sempre, si sente ripetere “resisti” o suggerire “fai passare del tempo, vedrai che tutto si sistemerà”, oppure ancora “ricorda i vostri bei momenti di coppia”, minimizzando di fatto offese e pugni. Ma, inevitabilmente, la situazione degenera. E’ maledettamente naturale che sia così. Se la vittima non mette veti, il mostro continua ad alzare le mani. Tanto che anche il vicinato inizia ad insospettirsi. Però non ci ficca il naso e tiene la bocca chiusa. In questo contesto, invece, una parola di sostegno o uno sguardo di solidarietà potrebbero anche salvare una vita.Poi ci sono gli amici, i colleghi di lavoro, i conoscenti, tutti coloro che per affetto o per professione interagiscono con la vittima. Difficile non accorgersi di nulla. Ai primi sospetti, di queste situazioni di violenza, bisognerebbe tendere la mano dimostrando sostegno. Invece, sempre più spesso, ci si nasconde dietro il muro della discrezione e della paura.

femminicidioLa stessa paura che blocca anche le vittime. Paura di denunciare il proprio dramma alle autorità per possibili ripercussioni. Paura di urlare per cadere in vergogna. Paura di scappare via per timore di non sapere dove andare. Paura di piangere per non ammettere il fallimento del proprio matrimonio. Ma se le donne sono vittime predestinate, gli uomini non vanno abbandonati ad una cultura che li vuole dominatori, violenti, ossessionati dal possesso. Anche loro dovrebbero essere aiutati a trovare altre strade per gestire rabbia e frustrazione. Questo perché l’uomo contemporaneo è generalmente stressato. Alcuni sono divorati dalla rabbia. Non sanno più come relazionarsi con la donna, sempre più esigente, sempre più indipendente e in cerca di una propria posizione. Ed è questa mancanza di controllo sulla coppia che fa sentire l’uomo inadeguato e privo di potere portandolo ad odiare la compagna responsabile, a suo credere, dei sentimenti di frustrazione e manchevolezza che lo divorano. Per questo la donna deve pagare per le proprie colpe.

Ecco che scattano le prime dinamiche aggressive, le affermazioni di supremazia. Ed è proprio qui che le donne fanno il primo passo falso: non denunciano, non si allontanano, non criticano, giustificano. Soffocano queste prime aggressività con i propri sensi in colpa. Restano paralizzate tra le proprie trappole mentali ed emotive. Pensano e ripensano perseverando nel reprimere il vissuto. Giocano di fantasia mascherando la cruda realtà. Perdono i punti di vista spostando al limite i paletti della sopportazione. Poi, con il tempo, tutto ciò che viene represso è destinato ad implodere portando disturbi psicosomatici e fantasmi alimentati da ansia e depressione. La vittima si chiude a riccio, si autopunisce e l’uomo ne ricava soddisfazione arrivando a considerare costruttivo il proprio impulso aggressivo. La donna isolata dal mondo, che cancella la sua identità, che si allontanata dai propri cari diventa così prigioniera di quel malato mondo maschile.

kabul-donne-contro-violenzaIl ciclo è senza fine. Le violenze aumentano. Lui è soddisfatto perché ha tutto sotto controllo. D’altro canto la nostra millenaria educazione sociale ci ha insegnato che i maschi devono avere ruoli predominanti preparando le femmine alla passività e alla compiacenza. Ci hanno insegnato che la donna deve avere un uomo per sentirsi completa, per realizzare le proprie aspirazioni e creare una famiglia. Quindi, in un certo senso, la violenza è bella che giustificata. Fino ad arrivare all’ultimo colpo. Poi è solo buio e silenzio.Oggi, però, esistono Leggi per fermare i mostri, ci sono strumenti giuridici che proteggono le donne permettono loro di voltare pagina, esistono associazioni che aiutano le vittime di violenza, ma anche gli uomini violenti. Il problema, però, è che rischiano di restare solo nomi presenti sulla carta se non si denuncia, se non reagisce. I segnali di avvertimento ci sono, questa brutale violenza non scoppia quasi mai dal nulla, cresce progressivamente. Lascia il tempo di agire e reagire. Non si deve cadere nell’illusione che esista un amore che contempli schiaffi e pugni. Perché l’amore senza rispetto non è mai vero amore.

Massimiliano Gianotti

Dott. in Sociologia – Dott. in Psicologia –  Docente universitario – Giornalista

Presidente Dipartimento Lombardia Associazione Nazionale Sociologi

 

Bibliografia:

Agnello Hornby S., Calloni M., Il male che si deve raccontare, Feltrinelli, Milano, 2013

Arena A., La barbarie silenziosa. La violenza contro le donne e la crisi del patriarcato, Ed. Clandestine, Massa, 2014

Baldry A., Dai maltrattamenti all’omicidio, FrancoAngeli, Milano, 2006

Bancroft L., Uomini che maltrattano le donne, Vallardi, Milano, 2013

Bartolomeo F., Indagine statistica dalle sentenze di omicidio di donne – 2012-2016, Ministero della Giustizia

D’Errico M., L’amore criminale, Einaudi, Torino, 2014

Danna D., Ginocidio. La violenza contro le donne nell’era globale, Elèuthera, Milano, 2007

De Luca Ruben, Amare uno stalker, Alpes Italia, Roma, 2015

Delahaie P, Amori tossici. Quando stare insieme fa male, Castelvecchi, Roma, 2008

Filippini S., Relazioni perverse. La violenza psicologica nella coppia, FrancoAngeli, Milano, 2005

Lanza L., Gli omicidi in famiglia, Giuffrè, Milano, 1994

Mammoliti C., I serial killer dell’anima, Ed. Sonda, Casale Monferrato, 2012

Nicol B., Quando la passione diventa ossessione. Stalking, Ananke, Torino, 2009

Spinelli B., Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale, FrancoAngeli, Milano, 2008


ANCHE I SOCIOLOGI ASI A SUPPORTO DEL PROGETTO SCREENING DAYS

 

La governance del progetto ha incontrato gli studenti dell’Istituto Professionale di Stato per i Servizi Sociali  “da Vinci-Nitti” di Cosenza

TAVOLO LAVORO COSENZA250, tra studenti e corpo insegnante, gli intervenuti alla giornata di disseminazione e sensibilizzazione alla cultura della prevenzione sanitaria e donazione degli organi presentata, nell’ambito del progetto Screeninndays, all’interno dell’auditorium dell’Istituto professionale di Stato per i servizi sociali Da Vinci – Nitti di Cosenza. La giornata, che ha avuto inizio alle ore 11.00, è terminata alle ore 13.15 con gran parte degli studenti ancora tutti presenti per assistere il cortometraggio proiettato. Quindici minuti molto toccanti che raccontavano del ritorno alla vita di un attore gravemente malato che ha beneficiato del trapianto di un organo vitale donato dalla famiglia di un giovane deceduto dopo un incidente stradale. Il cortometraggio ha reso tangibile tutto quanto esposto brillantemente dai tre medici dell’ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza (Rita Roberti, Dirigente medico UO Nefrologia e dialisi ASPCosenza e Coordinatore locale per le attività di donazione e trapianti; Maria Vigna, Dirigente medico Anestesia e Rianimazione PO Annunziata di Cosenza e Coordinatore Locale AOCS ; Annalisa Mancuso, Biologa Banca Occhi Cosenza) intervenuti per spiegare agli studenti l’importanza del donare gli organi e l’utilità del trapianto, le procedure per arrivare all’espianto e com’è importante nel divulgare tale cultura, l’esempio, in particolare quello della famiglia Green (genitori di quel Nicholas morto in circostanze tragiche sull’autostrada calabrese e ormai divenuti testimonial della donazione degli organi). AUDITORIUM PROGETTO ASI COSENZA 1

L’altra parte della giornata è stata invece dedicata a spiegare l’altrettanto importante prevenzione sanitaria. Sono stati i dottori Gianfranco Filippelli Direttore dell’Unità Operativa di Oncologia Medica del P.O. di Paola e la dott.ssa Lorella Garofalo, medico estetico e dietologo a far comprendere agli studenti come sia fondamentale non fumare o non bere alcolici per condurre una vita sana e prevenire rischi oncologici. E’ stata spiegata la differenza tra prevenzione primaria, secondaria e terziaria ed i benefici di una dieta equilibrata e dell’attività fisica per elevare la nostra qualità della vita. La giornata è stata aperta dal sociologo ASI e direttore del progetto, dott. Davide Franceschiello, che ha brevemente spiegato che cos’è il progetto ScreeningDays, sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD, e quali obiettivi e risultati si prefigge di ottenere.

Catia Chiappetta ha invece illustrato ai presenti le attività della propria associazione, la Nuova Croce Azzurra di Cosenza, capofila di una serie di associazioni partner del progetto, come la LILT, L’AVAS Presila, l’ASPA Acri, la Croce Verde Silana, l’ASIT, l’ATC di S. Marco Argentano, L’ASI, associazione sociologi italiani che stanno supportando con le loro risorse umane  le attività del progetto.locandina incontro scuola-2 A portare i saluti di benvenuto il dirigente scolastico Giorgio Clarizio che ha sottolineato l’importanza della giornata e ringraziato i convenuti per l’apporto culturale fornito. Durante la giornata sono state consegnate dall’organizzazione alcune targhe ricordo per sottolineare il contributo dato dai relatori nel diffondere la cultura della donazione degli organi e della prevenzione sanitaria. Infine tutti i convenuti hanno ricevuto in omaggio un gadget del progetto, penne e spille con il logo del progetto e della Fondazione CON IL SUD. Sono state raccolte anche quattro dichiarazioni di volontà sottoscritte dagli studenti maggiorenni.


LA NAZIONALE DI CALCIO SPECCHIO DEL PAESE

VENTURA 1“Il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà”, oppure “l’ottimismo è il profumo della vita”: utilizzare questi due concetti per esorcizzare la paura dell’esclusione della nazionale di calcio dai prossimi mondiali di Russia potrà sembrare una profanazione della memoria di Antonio Gramsci e di Tonino Guerra. Assolutamente no!  La situazione degli azzurri di Giampiero Ventura e Carlo Tavecchio è talmente disperata che qualsiasi ottimismo appare un’utopia, una delle tante che l’Italia continua ad accarezzare per esorcizzare il baratro in cui sta precipitando. Ovviamente non solo dal punto di vista calcistico.La nazionale azzurra è lo specchio del Paese. Manca un progetto, mancano i giovani, manca la volontà vera e reale del cambiamento. Il vecchio resiste e tutti noi siamo ostaggio di pregresse imprese che oggi non sono altro che ricordi di un’epopea ormai sbiadita. I tempi sono cambiati: nel calcio come in politica, in economia e nella vita sociale.L’ottimismo della volontà – rimaniamo nel campo calcistico – dopo la ricomposizione della BBC ( acronimo di Barzagli-Bonucci-Chiellini: stanchissimi eroi di tante battaglie) azzurra e la riconferma di ormai stanchi eroi del passato con accanto giovani di belle speranze mai diventate realtà non aiutano la ricostruzione, né il profumo dell’incenso esorcizza la paura di ripetere il fallimento di sessant’anni fa.

Il calcio italiano è in crisi: perché la bellezza del nostro campionato poggia sull’ottimismo interessato (ai soldi) e sul profumo (della rimodulazione degli ingaggi) di tanti stranieri, comunitari e non, a cui i club nostrani fanno ricorso pur di non recitare il ruolo di cenerentole nel contesto dei tornei continentali. L’ottimismo serve solo a massimizzare i profitti delle società calcistiche (nell’ottica della filosofia dalle multinazionali) che investono milioni di euro nel trasferimento di calciatori e, soprattutto, negli ingaggi che, in un mondo saturo di ineguaglianze, diventano la più grande delle offese nei confronti della povertà.

azzurri sconfitti in svezia1

Tavecchio1Direte voi: “Il calcio è un’industria, un moltiplicatore di ricchezza”.Giusto, ma la parte più consistente di questa ricchezza finisce sul conto corrente, non si esclude acceso nei paradisi fiscali, di poche  migliaia di persone che fanno parte dell’esiguo numero di soggetti che detengono la ricchezza globale.  Personaggi diventati modello di milioni di giovani che bruciano le loro speranze nel tentativo di sfondare in un mondo in cui solo una maggioranza di aspiranti calciatori riesce ad affermarsi.  E il fallimento apre la stradata al disadattamento e, spesso, alle devianze. Il calcio, come tante altre espressioni della vita nazionale, dovrà essere rifondato: nei valori innanzitutto, ma anche strutturalmente sia dal punto societario che tecnico. L’implosione di questo sistema è solo questione di qualche decennio, poi come tutti i giganti dai piedi d’argilla crollerà lasciandosi dietro montagne di macerie.  Poi noi tutti saremo costretti a partecipare alla ricostruzione (l’analogia con il sistema bancario appare più che appropriata) pagando un prezzo salato per rifondare un mondo, quello del calcio, bello all’esterno e, al tempo stesso, marcio, vizioso e spesso violento al suo interno. La delusione per la sconfitta nel playoff subita in Svezia contro i gialloblù di Andersson non alimenta il pessimismo della nostra ragione, anche se non consideriamo un dramma nazionale la mancata partecipazione azzurra al mondiale del 2018.Quattro anni sono sufficienti per un riturale catartico in grado di purificare il calcio azzurro da vizi accertati e da presunte virtù.  “Tutto da rifare” (diceva  Gino Bartali): dalle società, ai tifosi, alla cultura di tutto il popolo pallonaro.  Ecco l’ottimismo della ragione, inteso anche come profumo della vita.

ANTONIO LATELLA FOTO MINI  Antonio Latella, giornalista e sociologo (Presidente nazionale Associazione Sociologi Italiani)

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Mediatore culturale si diventa “strada facendo”

ASI IPSSInizia un percorso formativo nell’ambito dell’Alternanza Scuola-Lavoro, che vede coinvolti in un percorso triennale ben 23 alunni della classe 3 D –indirizzo Servizio Socio Sanitari dell’istituto scolastico sito in viale Mancini, effetto della convenzione tra l’Istituto Superiore “Da Vinci Nitti”, l’Associazione Sociologi Italiani ( Asi) e la Croce Rossa Italiana ( Cri): un documento redatto nella giornata del 23 Ottobre, la cui sottoscrizione è avvenuta alla  presenza di una rappresentanza di Asi, tra cui: Antonio Latella-presidente Asi, Davide Franceschiello-dirigente nazionale con delega alla progettazione e al Terzo Settore, Carmelo Caridi-vice presidente organizzativo,  Benedetta Scarlato ( Asi), Matteo Spagnuolo ( Asi), di comune accordo con il professore Giorgio Clarizio-dirigente scolastico, e Bruno Massottini-responsabile dell’Asl del da Vinci- Nitti.

L’obiettivo principale del percorso metodologico e formativo , che prende il nome di “Mediazione Culturale in Service Learning”  è quello di gettare la basi per la formazione della figura del mediatore culturale, come strumento necessario per agevolare il processo di integrazione degli immigrati, innescando meccanismi di inclusione, piuttosto che di integrazione (di fondamentale importanza è il rispetto di regole condivise, ma non di imposizione della cultura ospitante come avviene nell’integrazione,tuttavia la mediazione e la negoziazione tra istanze diverse ma paritarie è tipica della società inclusiva),inoltre il progetto predispone interventi mirati all’accostamento dei ragazzi del Da Vinci-Nitti all’imprenditorialità e ai servizi socio-sanitari, rivolti perlopiù agli immigrati.

ASI iPSSS 1Un mediatore culturale non è solo colui che conosce una lingua straniera, ma deve essere oppure diventare  un conoscitore della cultura degli immigrati, delle loro tradizioni,  tutti elementi di rilevanza per poter avviare percorsi di orientamento culturali,  al fine di offrire servizi ed informazioni di una non dubbia provenienza  al migrante, che vuole integrarsi ed includersi nel tessuto sociale del paese,  in cui ha scelto di vivere, non più come soggetto accolto, bensì come un vero e proprio cittadino. Il progetto presentato da Asi, in sintonia  con la Croce Rossa Italiana, prevede metodi pedagogici-didattici, in grado di associare allo studio teorico d’aula altre forme di apprendimento pratico e di avvio all’imprenditorialità, l’acquisizione di competenze professionali, metodologiche e sociali, propedeutiche per la creazione di figure professionali , capaci di essere una guida per gli insegnanti in relazione all’accoglienza ed integrazione di studenti stranieri: un villaggio globale che si estende a macchia di leopardo, volto ad avviare processi di inclusione sociale, paritaria e congeniale.

Matteo Spagnuolo piccolaLe fasi progettuali si articolano su  tre livelli di indagine e di interessi: il primo livello si rintraccia nel percorso condiviso tra l’Istituto Scolastico IPSS ed il tutor formativo interno, per poi spostare il raggio d’azione verso il tutor formativo esterno ( Asi) ,e la Croce Rossa Italiana come organizzazione ospitante.Inesorabile la valutazione e il monitoraggio del gruppo tecnico, così formato, che durerà per tutto il percorso in atto, in virtù della priorità data alla scuola,vero perimetro  di idee e di formazione costante.Inoltre, tali politiche inclusive vengono portate alla luce da vari profili, in particolar modo emerge la figura del sociologo, il quale  entra in stretto contatto con la scuola, sotto forma di associazionismo, di professionalità, di competenze al servizio di alunni e docenti, con lo scopo di completare processi di rivoluzione culturale ed umana: il fenomeno delle migrazioni è esistente, pertanto va affrontato con il giusto approccio metodologico e sistemico. A tal proposito  la figura del mediatore funge da anello di congiunzione tra l’accoglienza e l’inclusione  in un paese ben sviluppato ed inclusivo, nonché si tratta solo di orientare lo sguardo in altra direzione.

            Matteo Spagnuolo, sociologo ASI


Accoglienza a Riace: l’amarezza di Mimmo Lucano nel “caffè” di Massimo Gramellini

MIMMO LUCANOPochi secondi dopo aver inforcato gli occhiali, l’orologio a pendolo di casa batte le sei. Inizia un’altra giornata. È ancora buio: le luci della dirimpettaia Sicilia fanno da cornice al mare dello Stretto agitato dal vento di Maestrale che, come un pittore, disegna sulle onde frotte di palombelle bianche che si rincorrono e un attimo dopo scompaiono all’infinito. Anche sulla sponda di questo tratto di Mare Nostrum, che i versi del poeta Pascoli indicavano come il punto “dove le onde greche vengono a cercare le latine”, giungono uomini di altre civiltà in cerca di libertà o di una nuova condizione socio-economica.  Tante le carrette del mare o navi militari, con a bordo centinaia di disperati (uomini, donne incinte, bambini e minori non accompagnati), che abbiamo visto navigare verso il porto di Reggio Calabria, città ostaggio della malavita organizzata, della miopia della sua classe politica, degli stereotipi che frenano gli investimenti e dalla grande distanza con Roma.

is[6]Un buon caffè è quello che ci vuole anche perché la giornata si presenta più fresca rispetto alle previsioni meteo. Accendiamo l’IPad e ne viene fuori un caffè, come al solito della premiata torrefazione Gramellini, più gustoso degli altri giorni. Un espresso ristretto al punto giusto: di quelli che ti fanno svegliare completamente.L’odierno caffè del Corriere della Sera è l’occasione per un’ulteriore riflessione sul sistema dell’accoglienza agli immigrati. E ripropone la circostanza di quanto sia tagliente l’arma dell’avviso di garanzia e dell’uso che, in un sistema giuridico che lo ha eletto a garanzia del cittadino, ne viene fatto per distruggere la dignità di una persona, a maggior ragione se si tratta di un uomo pubblico.In questo tritacarne, da qualche mese, è finito Mimmo Lucano, sindaco di Riace, paesino della ionica reggina diventato modello internazionale di accoglienza e integrazione degli immigrati.

Nessuna interferenza o giudizio rispetto all’azione della magistratura o al diritto di difesa del sindaco Lucano, al quale deve essere garantita la presunzione d’innocenza fino a sentenza passata inImmigrati a Riace 1 giudicato. E non è detto che l’avvio di un’indagine porti alla celebrazione di un processo. La memoria non ci aiuta a focalizzare quando per la prima volta incontrammo Lucano: ricordiamo solo che era già sindaco e che nel corso di un suo intervento pubblico citò Zygmunt Bauman. Erano gli anni della nostra lunga esperienza televisiva con Telespazio Calabria e da studiosi del sociologo scomparso di recente fummo colpiti dall’attualità del suo pensiero rispetto al problema della condizione umana.Seguirono diversi nostri reportage mandati in onda nel programma “Filo Diretto” (trasmissione quotidiana da noi condotta tre volte a settimana) che dimostravano quanta solidarietà e umanità Riace riservasse (e tutt’oggi riserva) a persone portatrici di culture diverse dalla nostra.

Un modello laico di solidarietà che spezzò il monopolio confessionale nel sistema dell’accoglienza nei confronti degli ultimi provenienti da altre regioni del mondo. Il primo di questi appuntamenti televisivi mise in evidenza la celebrazione del Natale con uno spettacolo che vide protagonisti i ragazzi della scuola di Riace frequentata da italiani e immigrati.Le telecamere testimoniarono, per molto tempo ancora, il grande lavoro per agevolare la convivenza tra nativi e forestieri e giungere all’integrazione di quest’ultimi nella terra che li ospitava.  E se la rivista “Fortune” ha inserito Mimmo Lucano tra i 40 uomini più influenti del mondo vuol dire che, diversamente dall’Europa degli egoismi e dei muri, Riace è diventata un angolo di mondo dove non esiste alcuna distinzione tra appartenenti a razze, culture e religioni diverse. Tutto questo era ed è il paese nel cui mare furono rinvenuti i bronzi di Riace.Ma da quando l’accoglienza agli immigrati è diventata un business, il modello Riace, forse, ha incominciato a dare fastidio a quanti hanno approfittato della crisi provocata dai continui sbarchi per allestire decine di centri d’accoglienza che, in certi casi, sono stati una vera e propria negazione della dignità dell’uomo.Dignità che Mimmo Lucano sta difendendo con determinazione, al punto di restare al suo posto di sindaco per proseguire la ventennale opera di integrazione nei confronti di quanti non hanno più una patria.

Riace Murales

Ed è di pessimo gusto ipotizzare, come proposto da qualche parte politica, lo stop alla fiction televisiva con Beppe Fiorello, in onda dal gennaio 2018 sui canali Rai, che racconta il modello Riace e l’impegno di un sindaco che, come sostiene, ha perso tutto, finanche la famiglia. Ma che continua ad operare a favore di quei profughi che hanno bussato alla porta di un paesino del Sud ricevendo ospitalità e rispetto umanMimmo Lucano, ne siamo certi, è convinto che (come scrive Bauman in “Stranieri alle porte”)  tutti  siamo <<un solo pianeta, una sola umanità. Quali che siano gli ostacoli, e quale che sia la loro apparente enormità, la conoscenza reciproca e la fusione di orizzonti rimangono la via maestra per arrivare alla convivenza pacifica e vantaggiosa per tutti, collaborativa e solidale. Non ci sono alternative praticabili. La ‘crisi migratoria’ ci rivela l’attuale stato del mondo, il destino che abbiamo in comune>>.

ANTONIO LATELLA FOTO MINI

   Antonio Latella, giornalista e sociologo (Presidente nazionale dell’Associazione Sociologi Italiani)


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