Le differenze di genere in tempo di Covid-19

Report Questionario a cura di Mirella e Imma D’orsi

Nell’ambito delle attività del Comitato Pari Opportunità Nazionale A.S.I, è stato elaborato un questionario, dalle sociologhe Mirella D’Orsi e Imma D’orsi, membri della rappresentanza Campana con la supervisione del Direttore Scientifico ASI, Prof. Luigi Caramiello.

<<== dott.ssa Mirella D’Orsi

L’obiettivo del gruppo di lavoro è stato quello di riflettere sul tema della disparità e delle discriminazioni di genere entro le mura domestiche, del se e del come queste siano riconosciute, percepite e perpetuate dalle donne stesse. Spunto d’indagine è stato il recente periodo di lockdown, reso necessario per il contenimento dell’emergenza sanitaria Covid-19, che ha chiuso l’intera popolazione nelle proprie case praticando una “convivenza forzata” scevra dai vari impegni sociali, istituzionali e lavorativi. Un’articolazione non convenzionale della routine domestica e di una libertà “cintata” per la Tutela della Salute propria e della collettività.

Un’ indagine sulla “nuova” quotidianità familiare a cui la pandemia e le relative misure di contenimento, hanno in modo inaspettato, costretto a ridefinire. Il nostro intento precipuo è stato quello di evidenziare se ed in che misura la “clausura” dovuta al lockdown abbia influito e/o modificato le percezioni delle differenze di genere all’interno del nucleo familiare.

dott.ssa Imma D’Orsi ==>>

La ricerca è rivolta a donne madri lavoratici conviventi con il proprio partner a cui è stato somministrato, dal 28 aprile al 7 maggio 2020, un questionario on line. Hanno risposto 159 donne le cui informazioni, totalmente anonime, sono state trattate nel pieno rispetto della legge sulla privacy GDPR 679/18, D.lgs. 916/2003 e successive modifiche 101/2018. La distribuzione delle singole frequenze sono state raccolte automaticamente mediante il modulo Google Drive. Successivamente alla raccolta è stata data una lettura sociologica dei dati incrociati anche nel tentativo di delineare una piccola piattaforma empirica sulla quale poter strutturare analisi d’indagini successive.

Il questionario è stato articolato in 5 sezioni.

La Prima Sezione è costituita da items incentrati su una descrizione socio-anagrafica delle partecipanti all’indagine e sulle informazioni relative alla composizione del loro nucleo familiare.

Il campione, come si legge nella Tabella – Descrizione del campione, è costituito prevalentemente da donne di età compresa dai 40/50 anni (44%), coniugate (71%) che hanno conseguito un titolo di laurea (60.9%) e che svolgono un lavoro come dipendete, con una leggera prevalenza nel settore pubblico.

Tabella – Descrizione del campione

La maggior parte delle donne coinvolte nell’ indagine dichiara di vivere in una famiglia di tipo nucleare con almeno due figli di cui 1 oltre i 15 anni.

Nella seconda Sezione sono state raccolte informazioni specifiche sull’attività lavorativa, sulle eventuali modifiche legate all’emergenza sanitaria e sulla intersezione tra vita privata e pratica professionale. Le tematiche indagate si sono focalizzate principalmente sulle percezioni riguardanti la soddisfazione del proprio lavoro e sull’utilizzo degli strumenti straordinari di conciliazione offerti dal D. P. C. M.  Cura Italia.

Tra i dati più significativi in questa sezione emerge che il 57.1% delle donne partecipanti al questionario è “abbastanza” soddisfatta del proprio lavoro e che il 90.8% non ha fatto domanda del congedo parentale straordinario previsto dal decreto Cura Italia (non richiesto neanche dai rispettivi partner). Non emergono grosse differenze di genere tra le variazioni subite sull’esercizio delle professioni, (sia come modalità sia come retribuzione) a causa del lockdown ad eccezione di un tendenziale aumento del lavoro femminile che è maggiormente intensificato per le donne (14.3%) rispetto a quello degli uomini (6.8%), per i quali inoltre risulta più alta la percentuale di modalità “orario ridotto” (10.9% rispetto al 5.8% delle donne)

Gli items della Terza Sezione hanno indagato sul grado di “comfort” avuto durante la cosiddetta “convivenza forzata”.

Sono state raccolte informazioni sull’adeguatezza degli spazi domestici, il 55.8% degli intervistati risulta “abbastanza” soddisfatto e ampiamente diffusa la possibilità di usufruire almeno di un balcone come spazio esterno; sulla dotazione tecnologica, oltre il 55% dichiara di possedere in casa più di 1 devices a persona; e sull’impegno delle cure domestiche misurandone a riguardo eventuali variazioni pre e intra-pandemia. Il 29.7% delle donne intervistate ha dichiarato di non usufruire di alcun aiuto esterno prima del lockdown mentre il 32.7 ha dichiarato che il proprio ruolo all’interno della famiglia ha subito variazioni.

Nello specifico è da rilevare che l’impegno delle donne alle cure domestiche durante la quarantena risulta “molto” aumentato soprattutto nelle attività di pulizia tout court, di preparazione dei pasti e di spesa alimentare.  Similmente a quello riferito dei rispettivi partner in cui, sempre nelle stesse dimensioni, si registra un incremento delle attività del valore di “abbastanza”. Verosimilmente durante il lockdown la casa è stata più vissuta da ogni suo abitante e ciò avrà conseguentemente comportato un aumento concreto delle faccende domestiche che però si è distribuito diversamente tra i generi componendosi in “molto” nelle donne e in “abbastanza” tra gli uomini.

Il tempo dedicato all’educazione scolastica dei figli rimasti a casa è stato più bilanciato nella distribuzione. Il 51% delle donne del questionario ritengono che il peso delle faccende domestiche non sia distribuito in modo uguale contro il 19% che invece ritiene che sia distribuito equamente.

La Quarta Sezione ha raccolto informazioni sulla qualità percepita delle relazioni familiari durante la quarantena. Più della metà delle intervistate conviene che la forte contenzione sociale imposta dal lockdown sia stata “un’opportunità per stare insieme”, un’occasione per occuparsi delle proprie relazioni e ripensare ai propri valori. Soprattutto nella dimensione sul rapporto con i figli, è stata registrata un’influenza positiva con un abbassamento dei livelli conflittuali.  Aver avuto più tempo da trascorrere con e per i propri figli ha probabilmente intensificato le interazioni migliorandone la relazione affettiva.

Il 44% delle donne dichiara che “non sa” se il periodo di restrizione abbia influito sui propri rapporti intimi. Il 25% sostiene che ci sia stata un’influenza di segno positivo mentre per il 19% di segno negativo; il 5% hasegnato la modalità “altro” ed il 7% ha preferito astenersi dal rispondere. Ciò potrebbe indicare il persistere di una   scarna consapevolezza della propria femminilità da parte delle donne attraverso cui passa anche l’emancipazione sessuale? Uno spazio d’indagine suscettibile di ulteriore approfondimento.

Le donne ritengono che il proprio impegno domestico sia “abbastanza” apprezzato dal partner e dai propri figli; ed il 50 % di esse su una scala da 1 a 5   valuta “il livello di soddisfazione della propria vita familiare in questo momento” con una distribuzione tra il 2 e il 3.

La Quinta Sezione infine, ha raccolto informazioni più specifiche relative alle credenze, alle percezioni eagli episodi di discriminazione di genere sia all’interno della famiglia che fuori.

Durante il lungo periodo di “sosta” forzata il carico di lavoro di cura per le donne risulta più impegnativo, visto il maggiore numero di persone presenti in casa e l’impossibilità a ricorrere ad aiuti esterni. Ciò indipendentemente dal tipo di contratto di lavoro, dalla sospensione dell’attività lavorativa, dalla pratica di smart working e dall’entità della retribuzione! 

Il 23.1% delle donne che hanno partecipato al questionario ritiene che la gestione familiare e le relative responsabilità non abbiano “per niente” influito sul proprio lavoro, contro il 17.3% che invece sostiene il “molto”; optano “abbastanza” il 30, 8% e per il “poco” il 28.2%. Il 71.3% delle donne ritiene che gli uomini hanno possibilità migliori di realizzarsi in ambito lavorativo contro il 9.6% che risponde “non saprei”. Il 39.7% dichiara di sentirsi “qualche volta “discriminata in quanto donna sul lavoro ed il 31.8% ritiene di non esserlo “mai”. Le percentuali si abbassano se la percezione di discriminazione di genere è riferita all’ambiente domestico: il 23.9% di sente discriminata “qualche volta” e il 32.9% “mai”! Il 69.9% ritiene che le faccende domestiche dovrebbero essere divise in modo uguale ed il 90.3% ritiene che durante il periodo di contenimento del Covid-19 non abbia subito alcun forma di discriminazione.

Conclusioni

Come da più parti evidenziato durante il tempo “sospeso” che forzatamente il lockdown ha portato ad “apprendere a vivere”, sono stati solcati spazi intra e inter-relazionali. Tralasciando gli aspetti più drammatici e nefasti del virus, è stata per molti un’occasione per riscoprire i propri valori e la propria capacità di stare in famiglia.  Di abitare spazi e relazioni; di ri-scrivere significati assistendo a trasformazioni inedite, come quello di un “nuovo” tempo disponibile da poter gestire in maniera più oculata e libera, rispetto a cosa fare o non fare; o quella della propria casa che da semplice luogo di “passaggio”, quale era ridotta nei ritmi frenetici pre-covid, è divenuta luogo “sicuro e protetto”, ove poter curarsi e prendersi cura degli altri.

Un tempo sospeso vissuto in luogo “protetto” in cui, come si evince dai dati emersi, le disparità di genere sembrano dilatarsi! Poiché anche nel confinamento sociale, talvolta anche lavorativo, è sempre sulle donne a gravare la maggior parte del peso della gestione domestica e della cura; mentre agli uomini è chiesto di “collaborare” a varia misura a ciò che tuttavia appare, alle donne in primis, una missione dipinta di rosa.

Seppur funambole delle mille risorse le donne stesse sembrano rappresentarsi come protagoniste indiscusse del “focolaio domestico”; se da un lato infatti, sembrano chiedere una maggior collaborazione dei partner auspicando una più equa, e quasi fantomatica, divisioni dei compiti dall’altro lato difficilmente le stesse ritengono di essere soggette a discriminazione di genere in famiglia.

L’indagine e i risultati del Report in tal senso, danno un quadro significativo del periodo di quarantena. Seppur non esaustivo, è stata considerata infatti solo una parte della popolazione sociale con precise caratteristiche, il lavoro ha evidenziato alcune tracce significative su cui poter costruire altre indagini. Un primo passo di ricerca utile per poi allargare il campo di azione sociale.

Si ringraziano tutte le donne che hanno donato il loro tempo alla somministrazione del questionario. E si ringrazia l’Addetto Stampa ASI, dott. Antonino Calabrese, per il sostegno offerto.

Dott./sse Mirella e Imma D’Orsi, componenti Commissione Nazionale Pari Opportunità dell’Associazione Sociologi Italiani


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