Viaggio nella medicina narrativa

di Rosario Fittante

“Il benessere come diritto sociale “

Già dagli anni Sessanta e Settanta, il tema della qualità della vita, della salute e del benessere tra gli individui, ha acquistato sempre più interesse, dal punto di vista culturale e della ricerca. Grazie alla conoscenza, all’informazione e alla ricerca, oggi salute e benessere sono diventati dei veri e propri valori universali. Vi sono però alcune categorie di individui che per mezzi, per condizione sociale, per motivi anagrafici, e per le condizioni di disabilità, che non solo non sono in grado a curarsi del proprio benessere e quindi della propria salute, in molti casi a causa della loro fragilità, si trovano a dover affrontare in totale solitudine una serie di ostacoli che in molti casi diventano un muro di gomma, che separa in modo netto, solitudine e benessere, dove la solitudine diventa lo specchio dell’individuo anziano il quale rimane solo, escluso da qualsiasi relazione, e quindi con poche possibilità di curarsi adeguatamente. Il concetto di benessere come diritto sociale si basa sull’idea che ogni individuo debba avere accesso a condizioni che favoriscano una vita sana, soddisfacente e piena, questo concetto è fondamentale nelle società, dove si riconosce sempre più l’importanza di garantire un livello minimo di benessere a tutti i membri della comunità. Tuttavia, la realizzazione del benessere come diritto sociale richiede un impegno politico, sociale ed economico significativo da parte dei governi e delle istituzioni internazionali. La speranza non muore mai, per declinare questo concetto prendo come riferimento alcuni dei più importanti autori, sociologi, psicologi, medici, e narratori, che con i loro scritti hanno contribuito a focalizzare l’attenzione su un fenomeno sociale di grande attualità, quello di riportare nell’alveo del paradigma della medicina narrativa, le storie dei pazienti. Onorare le storie dei pazienti, vuol dire creare intorno ad essi un percorso di cura partendo dalla relazione.

Honoring the stories of illness“, è il saggio di Rita Charon medico internista e docente alla Columbia University, dove dirige il dipartimento di medicina narrativa, pubblicato negli Stati Uniti nel 2006 e tradotto in Italia nel 2019 (2019 Raffaello Cortina Editore ed It Micaela Castiglioni). La medicina narrativa trattata nel libro di Rita Charon, è fondata sulla capacità di riconoscere, assimilare e interpretare le storie di malattia, e reagirvi adeguatamente. Afferma “ci troviamo davanti a un bivio, tutti insieme, dobbiamo scoprire come sostenere le enormi capacità delle scienze biomediche, cercando al contempo di alleviare la sofferenza e ridurre le perdite legate alla malattia”. Entrare nella storia del paziente per poter esercitare le giuste pratiche di cura, in particolar modo al soggetto anziano, che privato della sua soggettività, sarà costretto a soccombere fino a perdere definitivamente la propria identità. Vi sono alcune malattie che hanno come conseguenza l’isolamento del paziente anziano, tra queste vi sono certamente la depressione, i disturbi della memoria, le demenze senili e quant’altro. Risolvere il problema relazionale insieme ad un approccio multidisciplinare può essere un modo per rendere l’anziano ammalato ancora degno di umanizzazione. I pazienti non hanno bisogno solo di una diagnosi precisa e di una terapia, ma anche di accettazione, conforto, speranza, tenerezza e sostegno. Il cuore della medicina è la relazione sostiene Rita Charon, gli aspetti narrativi che si trovano nella pratica clinica di ogni giorno sono cinque: La temporalità, la singolarità, la causalità, l’intersoggettività, l’eticità. La sfida è trovare una soluzione per ricollegare medico e paziente. Attuare la medicina narrativa in modo assoluto e non relativo in Italia, non è di facile attuazione, le venti sanità regionali sono scollegate tra loro, in deficit economico, causato da sprechi e da mancanza di risorse, in una cronica carenza di personale medico e infermieristico, il divario nord-sud, senza dimenticare la medicina di prossimità che a causa delle incombenze burocratiche e alla mancanza di medici fatica a dare risposte adeguate ai pazienti. Con questi presupposti il percorso della medicina narrativa fatica ad arrivare all’obiettivo descritto da Rita Charon.“C’è un prezzo da pagare per una medicina tecnologicamente sofisticata: impersonale, con terapie determinate da gruppi interscambiabili di specialisti, ossessionati dagli elementi scientifici e distaccati dal punto di vista umano. Il medico dà l’impressione di tenersi a distanza dall’esperienza dei pazienti, egli ha un modo differente di pensare alla malattia e alle sue cause, di reagirvi, di scegliere la terapia, l’ammalato ha bisogno di sentirsi compreso, di essere accompagnato. È necessario crescere con gli ammalati, imparando a conoscere e soffermarsi sulle informazioni sulle famiglie, sulle paure e sulle speranze, conquistare la loro fiducia è un passo fondamentale per offrire buone cure”. Dopo i 60 anni l’orologio biologico può essere il nuovo punto di riferimento per guardare al futuro, e aprire un nuovo capitolo della vita

La relazione

Il rapporto medico- paziente è la particolare relazione che si instaura tra un professionista sanitario e un paziente, a partire da uno stato di malattia di quest’ultimo, tale asimmetria rende il paziente in uno stato di vulnerabilità e di dipendenza dal medico. Tale condizione deriva da una secolare paternalistica, basata sulla concezione che il medico potesse decidere senza tener conto delle esigenze del paziente. Con il passare del tempo si è passati ad un nuovo approccio in cui il paziente esprime la propria volontà rispetto ad un’autonomia decisionale del medico, di conseguenza il rapporto è diventato via via più simmetrico dove il paziente viene informato e deve dare il suo consenso. Questa relazione si basa sulla fiducia, sulla comunicazione aperta e sulla collaborazione tra il medico e il paziente, al fine di ottenere il miglior risultato possibile per la salute del paziente. Far sentire le persone a proprio agio per poter confidare al medico i loro sintomi, le loro paure, ma in modo particolare le storie mediche personali. Una solida relazione medico-paziente, può migliorare l’aderenza al trattamento, ridurre l’ansia del paziente e migliorare i dati clinici. Di cruciale importanza è mantenere relazioni positive, mettendo sempre al centro delle cure il benessere e il rispetto per paziente.
Quando siamo malati, sperimentiamo la nostra malattia: diventiamo spaventati, angosciati, stanchi, affaticati. Le nostre malattie non sono solo biologiche, ma umane. (Arthur Kleinman)
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L’Empatia

Per comprendere stato d’animo ed emozioni di una persona, è necessario avere la capacità di entrare in connessione con gli altri, percepire emozioni e stati d’animo, come se fossero propri, riuscire a comprendere le azioni degli altri, da un punto di vista non interno a chi osserva, ma a chi agisce, possiamo parlare di “empatia”, o, come affermava Max Weber (Erfurt 1864- Monaco 1920), “comprensione empatica”, secondo la quale il ricettore di informazioni deve mantenere un atteggiamento di apertura e sensibilità tale da rendere fluido il reciproco scambio di comunicazione. Questa interazione, più o meno stabile, che avviene tra individui e gruppi sociali, i quali agiscono in modo intenzionale alle azioni degli altri, diventa simmetrica e complementare. Com’è noto tutti gli esseri umani hanno la necessità di sentirsi considerati e ascoltati, per raggiungere questo obiettivo però è richiesto impegno, tempo e capacità di ascolto. In sintesi l’empatia può essere definita la capacità di sentire con l’altro dal’’interno comprendendone il comportamento e le esperienze.

Il Ruolo del malato di Talcot Parsons

Il” ruolo malato “è una teoria della sociologia medica sviluppata da Talcot Parsons (1902-1979) fondatore dello struttural- funzionalismo, la teoria è sviluppata in associazione con la psicoanalisi, “approccio psicoterapeutico che si interroga sulle cause profonde del disagio soggettivo e riguarda gli aspetti sociali dell’ammalarsi insieme ai privilegi e gli obblighi che ne derivano”. Per Parsons il modo migliore per comprendere la malattia dal punto di vista sociologico è vederla come una forma di “devianza”, in quanto disturba la funzione sociale della società, “la malattia come stato di turbamento normale dell’individuo umano nel suo complesso, e comprende sia lo stato dell’organismo come sistema biologico, sia ai suoi adattamenti personali e sociali. Questo turbamento ha delle ripercussioni non solo sull’individuo, ma sull’intera società. Oggi la sociologia non è più parsonsiana, i ruoli sociali non sono più visti come una sorta di camicia di forza culturale, anche se la tendenza a vedere il malato come deviante è ancora molto presente.

“Io non sono quello che penso di essere”

Charles Horton Cooley (1864-1929) è stato tra i principali teorici dell’interazionismo simbolico, ed è noto per il suo concetto di “looking-glass self” (l’Io riflesso), secondo cui l’Io di una persona è il risultato delle interazioni impersonali nell’ambito sociale e di ciò che gli altri percepiscono di noi. La teoria dell’Io riflesso identifica bene la società di oggi nell’era dei social network, dove molto spesso il culto dell’immagine del SÉ proiettata nello specchio, definisce il proprio status, e le persone si preoccupano eccessivamente di come sono viste dagli altri e di cosa pensano di loro. La società Per Cooley dunque, è un intreccio ed una interconnessione di Io mentali, che lo riassumeva in: “Io non sono quello che penso di essere, e non sono quello che voi pensiate che io sia, ma sono quello che penso che voi pensiate che io sia”. “Human Nature and the Social Order pubblicata nel 1902”.
Già dagli anni Sessanta e Settanta, Il tema della qualità della vita, della salute e del benessere tra gli individui, ha acquistato sempre più interesse, dal punto di vista culturale e della ricerca. Oggi salute, benessere sono diventati dei veri e propri valori sociali, le persone sono più attente al proprio benessere e alla propria salute grazie alla conoscenza, all’informazione e alla ricerca. Molti individui però ossessionati da quell’Io riflesso nello specchio, perdono di vista il “Noi”, dove gli altri servono solo a soddisfare i propri bisogni e raggiungere i propri obiettivi.

Il Cervello Sociale

Lo Psicologo Luis Cozolino, nella sua opera: il Cervello Sociale del 2008 Pepperdine University (Malibu California), definisce il cervello dell’uomo un “organo sociale” che si sviluppa nel contesto delle relazioni sociali, aggiungendo che la relazione tra due persone può essere paragonata a quella tra due neuroni che formano una sinapsi, uno spazio fisico che separa due soggetti agenti. Questo concetto è definito da Cozolino “sinapsi sociale”, e cioè che al posto dei neurotrasmettitori troviamo i comportamenti che portano all’informazione sociale, dove il modellamento delle strutture cerebrali, è causata dall’influenza reciproca.
Il Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) promuove da qualche decennio, l’uso in sanità della medicina narrativa, in modo particolare nell’ambito di patologie complesse come le malattie rare. Lo strumento della medicina narrativa offre l’opportunità di affrontare le malattie, non esclusivamente come “DISEASE “(le conoscenze cliniche del professionista sulla malattia), ma anche come “ILLNESS” (vissuto soggettivo del paziente sulla malattia) e SICKNESS” (percezione sociale della malattia). “J. Launer, A. Wohlmann 2023”
Vi sono alcune categorie di persone che sono culturalmente isolate nella società che chiedono aiuto alle Istituzioni e sono: gli anziani, i disabili, i meno abbienti, i cosiddetti fragili, ed hanno bisogno di risposte ai loro disagi, come garantire loro un adeguato accesso alle cure, ripartendo dalla relazione medico-paziente. Raccontare la malattia, sia dalla parte del paziente che di chi se ne prende cura, è un elemento irrinunciabile della medicina contemporanea, che comprende la partecipazione attiva dei soggetti coinvolti che, attraverso le loro storie, diventano protagonisti nel processo di cura e rendono più efficiente il Servizio Sanitario Nazionale.
Quando gli ammalati si lamentano di essere trattati come numeri, come prodotti di una catena di montaggio, ci stanno dicendo che non si sono sentiti considerati nella loro singolarità, che sono stati ridotti a copie di altri corpi. Ma con la narrazione si può recuperare l’individualità perduta (R. Charon)

dott. Rosario Fittante

Bibliografia di riferimento

Rita Sharon, Medicina narrativa edizione italiana 2009 a cura di Micaela Castiglioni, “Raffaello Cortina Editore
Condizioni Studi- di Sociologia © 1979 Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
24/02/2021 Il malato come deviante o quell’iperbolico di Parsons | Romolo Capuano
Studi di Sociologia- Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
https://www.jstor.org/stable/i23003551- Anno 17, Fasc. 4, ottobre-dicembre 1979-Domenico Secondulfo
(T. Parsons, 1951, Il Sistema sociale, Edizioni di Comunità, 1981, p. 440).
Emanuela Mazza “La relazione medico-paziente” Edizioni Enea 2016 – SI.RE: E
Federica Ucci- Le relazioni sociali come base della nostra esistenza – Sociologicamente
L. Cozolino, Il cervello sociale. Neuroscienze delle relazioni umane, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2008.
L’Empatia e la sua possibile critica sociologica – Sociologicamente.it
Cooley, Charles Horton – Teoria (skuola.net)
Charles Horton Cooley – Italia | Teoria sociale, interazionismo simbolico e pragmatismo | Britannica
Cosa c’è davvero dietro ai vostri selfie | Il Foglio
https://www.iss.it
Studi di ricerca sull’esperienza di malattia dei pazienti con l’approccio della Medicina Narrativa: una revisione sistematica – PubMed (nih.gov)
Corriere salute del 17/12/23 a cura di Elena Meli
Corriere salute del 03/03/24 a cura di Danilo Di Diodoro
Istituto Superiore di Sanità 2014/2015 Maria Giulia Marini
Fuori dal blu-Medicina narrativa.eu
The Illness Narrative: Arthur Kleinman, Basic Books2020


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