I COLORI DELL’ANIMA, LAIA DI CIZICO

 

SaBrina Gatti 25 febbraio 2016Veloce corre il pennello d’arcobaleno intriso, sulla superficie candida, a ricamare d’anima l’encausto perfetto ed ancor più lesto il cestro , a delineare con il gelo dell’emozione, sull’eburnea tela, i delicati contorni di una realtà irreale. Iaia, come il Codice Bambergensis scrive, al posto di Lala o anche Laia secondo quanto Schneidewin propone, da Cizico proveniva, città antica, del regno di Pergamo, terra natia d’Apollonide regina, madre di Attalo II . Pittrice. Tempera, encausto e il cestro per creare universi su una tela d’avorio. Ritrattista, sì tanto veloce ed abile che l’arte sua raccolse così ampio consenso, da superare nei prezzi i ritrattisti che maggior fama e gloria ebbero in quell’epoca: Sopolis e Dionysios. Perpetua virgo Plinio la chiama, perché legata ad un culto o forse, semplicemente, perché mai sposata, nella verde età di Varrone (Rieti, 116 a.C. – Roma, 27 a.C.) è attiva a Roma e a Napoli. Imagines mulierum, la ‘’Naturalis Historia’’le attribuisce, ritratti di donne, i soggetti a lei più cari che immortali rese attraverso l’armonia del colore. In un  incantato viaggio emozionale, attraverso le città all’ombra del Vesuvio, con la sensibilità del cuore è possibile, ritrovarne la somiglianza nei tratti, e l’aura nelle sfumature delle pitture esistenti, ed immaginare, con gli occhi dell’anima, come potessero essere le figure a cui la sua mano aveva dato, lo splendore di una vita, seppur  irreale.

Luminose , Muse, creature eterne, mistiche ma forti, eteree ma anche reali, come la ‘’Vecchia’’, il grande ritratto che a Napoli fece e che il tondo del triclinio superiore, nella Casa del Bracciale d’oro a Pompei,come esempio, può validamente esservi accostato.Duro, infinitamente duro, ma altrettanto splendido, come solo la realtà stessa sa essere più del sogno o il suo autoritratto, di Iaia il volto, in un battito d’ali, un frammento di cielo, colto in uno specchio, due quadri pompeiani, conservati al Museo di Napoli, di come potesse essere l’opera della sua mano, un’idea perfetta, ne possono dare.Dall’opera della Casa del Chirurgo al dipinto della Casa dell’Imperatrice di Russia regalare possono uno squarcio di passato, di come la stessa artista potesse essere: non giovane il suo viso, né idealizzata la figura dai tratti marcati, al lavoro, nel suo atelier, osservata da visitatrici. Così probabilmente, doveva  apparire ogni giorno, a chi la conosceva, a chi a lei per la sua opera si rivolgeva. Il suo spirito, la sua essenza più profonda : la mano che corre veloce a stendere quella tinta che è illusione ed esistenza stessa. La luce delle stelle, del dono prezioso di mutar in immagine il pensiero che risplende nei suoi occhi, da un riflesso senza nome, dal candore del vuoto che del suo sguardo a poco a poco prende la scintilla… Oltre il tempo e le ceneri della storia, mente e spirito in un iridea alchimia dell’anima.

Sabrina Gatti – sociologa


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