LA PANDEMIA COME CARTINA DA TORNASOLE

di Alessia Maria Lamberti

Il Periodo pandemico che sta investendo il nostro Paese ha attribuito maggiori competenze a tutti noi; sono molti i “tuttologi” che partecipano a trasmissioni televisive, c’è chi non riesce, invece, ad arrivare al nostro medium di massa per eccellenza, e ne sceglie un altro, Facebook.

<<=== dott./ssa Alessia Maria Lamberti -sociologa

Secondo una ricerca del prof. Giovanni Boccia Artieri e colleghi, Facebook si presenta come una palestra sociale, e per comprenderlo bisogna partire dall’esperienza degli utenti, cioè dalla loro costruzione di provincie finite di significato. Nelle biografie che emergono ,dai soggetti intervistati dagli autori della ricerca, Facebook appare caratterizzato da 3 ambiti dell’esperienza che non sono percepiti come dialetticamente opposti, ma legati da uno stato di coalescenza, una percezione degli utenti che vede una co-implicazione dei due termini che caratterizzano ogni ambito, piuttosto che una loro separazione. Questi tre ambiti individuati nella ricerca “ Fenomenologia dei Social Network”,  sono: online/offline, mondo vicino/mondo lontano, pubblico/privato.  Le interazioni online e quelle offline, vengono complicate all’interno di un unico orizzonte di senso, nei confini di un’esperienza unitaria per la quale l’online è parte integrante dell’esperienza offline.

In questo, Facebook, riesce ad accogliere un eterogeneità di legami e di interazioni sociali che acquistano un inedita compresenza in chiave spaziale e temporale, nel collasso di mondi vicini e mondi lontani. Si tratta di una compresenza di rapporti che suggerisce agli utenti una forte consapevolezza nella gestione della propria presenza online, o li espone a dei rischi qual’ora non vi sia questa consapevolezza. Mondi vicini e mondi lontani si trovano in uno stato di coalescenza, nel quale reti intessute nella quotidianità si intrecciano con reti lontane, ridisegnando i confini dell’intimità e della relazione. Infine, lo stato di connettività introdotto dal processo di mediatizzazione, ha portato a vivere una quotidiana e costante gestione tra vita pubblica e vita privata, nei termini di una distinzione che non riguarda più una variabile spaziale, quanto un’operazione di scelta da parte degli individui che collocano la relazione pubblico/privato in uno stato di coalescenza. Ci troviamo, quindi, in una condizione in cui la distinzione tra pubblico e privato dipende dalla selezione comunicativa, che si fonda su una duplice scelta: produrre un contenuto o condividere un contenuto.

Ecco, in questa Pandemia, Facebook ha permesso a molti di noi di poter vivere nello spazio pubblico, pur essendo “reclusi” in uno spazio privato, è stato uno strumento necessario per rimarcare questo stato di coalescenza tra mondo vicino e mondo lontano, ma nel frattempo ha dato maggiore importanza all’online piuttosto che all’offline.

Questa premessa, per me fondamentale, nasce da una piccola osservazione riguardo la duplice scelta, evidenziata precedentemente: produrre un contenuto o condividere un contenuto. Ciò che mi ha colpito è che, in questa pandemia, la scelta è ricaduta prevalentemente sul condividere contenuti, piuttosto che produrli; questo per me è un atto di deresponsabilizzazione poiché denota la poca autonomia degli individui da chi possiede un ruolo importante all’interno della nostra società. Quello che tutti potremmo chiederci, è quanti di coloro i quali hanno condiviso contenuti su Facebook, conoscono realmente chi è l’autore del post, le sue fonti, ma soprattutto l’argomento in tutte le sue forme e sfaccettature.

In questo articolo,  prevalentemente riflessivo, potrei fare un numero infinito di esempi riguardo ciò che ho appena affermato, ma vorrei concentrarmi su qualcosa che è accaduto di recente. In questi giorni, molti sono stati gli utenti Calabresi che hanno deciso di esprimere un loro parere riguardo : MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE 31MAGGIO 2019, N.13 (RIDETERMINAZIONE DELLA MISURA DEGLI ASSEGNIVITALIZI DIRETTI, INDIRETTIE DI REVERSIBILITÀ E ADEGUAMENTO AL D.L. N. 174/2012), testo approvato in sede del consiglio Regionale nella seduta del 26 maggio 2020.

Molti sono stati i pareri contrastanti, molte le denunce pubbliche, molti gli sgomenti. La pandemia, in questo senso, sembra presentarsi come una cartina da tornasole riguardo fenomeni, come il clientelismo e la voglia di ribalta elettorale della classe politica, pur in assenza di programmi, che sono esistono da sempre, in particolare nel Mezzogiorno. Come mai solo oggi ci si accorge di questi fenomeni? Quante volte ci siamo trovati ad ascoltare un Comizio elettorale e, senza neanche ascoltare o comprendere effettivamente l’oggetto del discorso, abbiamo deciso di applaudire solo per conoscenza? Quante volte una parola di conforto, o un impegno preso lì per lì, ha influenzato la nostra scelta di voto? Quanto siamo, ancora, dipendenti dalla sfera politica? Siamo anche noi, quindi, coinvolti in tali decisioni? Viviamo in democrazia proprio perché, come affermava Rousseau, un uomo libero è colui che contribuisce a creare la legge, non chi è obbligato a rispettarla.
Ecco, per rispondere a tali domande penso sia opportuno delineare un escursus storico di fenomeni particolaristici, quali in clientelismo, che ha influenzato le scelte politiche degli elettori e le attività partitiche della classe al potere.                      

Il Meridione, sin dagli anni ’60 del 900, è stato identificato come la culla del clientelismo. Il clientelismo è un fenomeno sociale osservabile nel sistema sociale stesso, ma come afferma un grande studioso delle politiche meridionali, Pietro Fantozzi, è osservabile in particolare nel sistema politico.

Alla base del clientelismo vi è l’emergere di una relazione sociale: la clientela. E’ una relazione sociale, quindi un agire sociale di più individui instaurato reciprocamente secondo il suo contenuto di senso e orientato in conformità, che ha come protagonisti un patrono ed un cliente. L’agire sociale di entrambi i soggetti è orientato secondo il senso di appartenenza ( quindi un agire razionale rispetto al valore e orientato affettivamente, situazione tipica delle comunità) e il senso razionale rispetto allo scopo ( tipico, invece, delle associazioni). Il clientelismo viene fatto risalire, se leggiamo il saggio Politica, Clientela e Regolazione Sociale, all’800 e viene identificato come clientelismo fondiario: il patrono era il proprietario terriero e il cliente era il contadino. Naturalmente il patrono aveva una più alta posizione della scala gerarchica della società, mentre il cliente aveva una posizione inferiore ed era quindi subordinato al suo patrono. L’obiettivo del cliente era raggiungere una posizione migliore nella comunità, soprattutto in ambito lavorativo, e per raggiungerlo professava fedeltà e totale riverenza nei confronti del proprietario terriero. Il patrono, nel contempo, manteneva salda la relazione con il contadino per accrescere la sua preminenza sociale ed economica all’interno di una comunità chiusa. Si potrebbe supporre, quindi, che il clientelismo è associato alle forme tradizionali della società e che non possa svilupparsi in ambienti moderni.

In realtà la storia ci insegna che non è così, poiché nel 1876 Turiello identifica la nascita del clientelismo politico, ed è per questo che emerge la prospettiva secondo cui il clientelismo è un fenomeno che non resiste al cambiamento, ma si adatta ad esso tentando di coniugare aspetti tradizionali e moderni della società stessa. Il clientelismo politico, comporta una totale trasformazione nella relazione di clientela, poiché entrambi i soggetti, divengono soggetti di interesse, portando l’agire sociale ad essere orientato prevalentemente secondo la razionalità di scopo. Il passaggio da clientelismo fondiario a clientelismo politico giunge al suo apice con la nascita del partiti di massa; infatti nel saggio già citato, Politica Clientela e Regolazione Sociale, Pietro Fantozzi afferma che le pratiche clientelari e particolaristiche sono state alla base di tutti i partiti del Meridione, per l’ascesa elettorale. Un’ esempio potremmo farlo prendendo in considerazione la Democrazia Cristiana cosentina, che nel 1946 riesce a controllare il territorio cosentino sfruttando le clientele storiche e assumendo una nuova strategia politica: rapporti di clientela con i gruppi categoriali e con gli apparati finanziari, istituzionali e ideologici del paese.                                                                                        

Questa premessa, risulta di fondamentale importanza ai fini della mia riflessione, poiché le carenze evidenziate, in questo periodo di Pandemia, nel nostro Sud, sono da sempre esistite ma non denunciate da noi stessi cittadini del Meridione.

Si potrebbe supporre che tra le cause che permettono, ancora, l’avanzare di tale fenomeno, c’è la carenza di capitale sociale. Una carenza di coscienza civica e morale che si manifesta nella volatilità dell’elettorato ( voto colui il quale può avvantaggiarmi, pertanto faccio una scelta razionale rispetto allo scopo) , in una de- ideologizzazione delle masse e di conseguenza in una classe politica che rinuncia ad agire in profondità, preferendo il più vasto consenso e un immediato successo elettorale. Leggendo bene la mia piccola introduzione, è possibile mettere in evidenza che il fenomeno clientelare sia partito dal basso, forse perché non era chiara la differenza tra “favori” e “diritti”. Ecco, ora abbiamo ben chiara questa distinzione? Probabilmente no. Infatti leggendo un articolo su “ Il Corriere della Calabria”, mi hanno colpito le parole di Don Panizza, dal 1976 fondatore di Comunità Progetto Sud, ed oggi portavoce di Alleanza contro la Povertà in Calabria; in particolare lui afferma : “ (..) La politica Calabrese non ha mai contrastato la povertà, ma i poveri. E i poveri non se ne accorgono perché non conoscono i servizi legittimi di cui sono privati. (..) Quando la politica offre servizi come fossero favori una tantum, e non diritti certi, fa molto male alla società perché la invischia e subordina (..)”[i]. Una maggiore importanza all’istruzione, secondo me, è il punto di partenza verso una capacità di giudizio critico nei confronti degli altri, ma che deve essere, principalmente, alla base delle nostre decisioni.

L’istruzione è l’unico strumento che ci rende liberi, ci rende differenti l’uno dall’altro, ci permette di assumere coscienziosamente delle scelte e di avere una percezione circa i nostri diritti e i nostri doveri. Di conseguenza subirà un radicale cambiamento anche il nostro sistema politico, a mio avviso verso la strada del concetto di burocrazia Weberiana.

Il clientelismo politico, che come si è letto precedentemente è una delle principali strategie adottate dai partiti politici per avere successo elettorale, è nettamente in contrasto con il potere razionale legale esposto da Weber; al contempo si può supporre che tale fenomeno sia nato proprio da una disfunzione del sistema burocratico . In primo luogo è importante sottolineare che la politica si distingue dagli altri sistemi sociali, poiché stabilisce norme vincolanti per gli altri sistemi, ma anche per se stesso. A permeare ,oggi, il sistema politico, secondo Weber, è il potere razionale legale che ha carattere di ordinarietà e impersonalità: vale in tutti i contesti della vita quotidiana e si basa sull’obbedienza verso la legge, non verso il soggetto che la emana. Il potere razionale legale si dota di un apparato amministrativo cui è legato tramite la burocrazia, la quale definisce una netta separazione tra proprietà dello Stato e la proprietà privata. Weber definisce la burocrazia come fenomeno tipico dell’epoca moderna, individua nel processo di razionalizzazione della società l’aspetto che qualifica più di ogni altro la modernità. Tale processo consiste in una trasformazione radicale, attraverso la quale i metodi di produzione, i rapporti sociali e le strutture culturali tradizionali, caratterizzati da modi spontanei e basati sulla pratica personale, vengono sostituiti da procedure sistematiche, precise e calcolate razionalmente. Ciò permette innanzitutto di applicare le regole in modo imparziale, inoltre, il funzionamento di tutte le operazioni è governato da un sistema di regole scritte, che ha lo scopo di assicurare l’uniformità dello svolgimento di ogni compito al di là della persona che effettivamente lo svolge.

Il funzionario deve escludere i sentimenti personali, svolge il suo compito in modo imparziale e distaccato, considerando in modo impersonale i dipendenti e il pubblico. L’impiego ,nella burocrazia, costituisce una carriera, è basato su qualifiche tecniche, su un sistema di promozioni generalmente prevedibile basato sia sul merito, sia sull’anzianità, ma non su favoritismi personali.

Per concludere, vorrei che tutti riflettessimo sull’importanza del sapere, conoscere oggettivamente il mondo che ci circonda, assumere decisioni con consapevolezza; il sistema politico non cambierà per gli stati su Facebook, ma solo se alle nostre parole, corrisponderanno delle azioni.

BIBLIOGRAFIA

  1. Fortunata Piselli, Forme di comparatico Italiano, Giardini editori e stampatori in Pisa, a cura di Italo Signorini.
  2. Pietro Fantozzi, Politica Clientela e Regolazione sociale. Il Mezzogiorno della questione politica italiana, Rubbentino, Saggi, 1993.
  3. Max Weber, Economia e Società, Introduzione di Pietro Rossi, Volume I, Edizioni di comunità.
  4. Boccia Artieri, Gemini,Pasquali,Carlo,Forci,Pedroni, Fenomenologia dei social network. Presenza, relazioni e consumi mediali degli italiani online, Guerini Scientifica.

SITOGRAFIA

  1. https://www.corrieredellacalabria.it/regione/item/235881-don-panizza-il-clientelismo-demolisce-i-diritti-anche-dei-poveri/.

Lascia un commento

Anti - Spam *

Cerca

Archivio