CONTERMPORANEITA’: NATIVI DIGITALI, ADULTESCENTI E I MEDIA COME OGGETTI E VETTORI EMOZIONALI

di Alessia Maria Lamberti

BREVI CENNI CIRCA SULLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA

<<=dott.ssa Alessia Maria LambertiSociologa

Negli ultimi quindici anni, la società italiana è stata interessata da alcuni cambiamenti della propria struttura, che la rappresenta come una sorta di puzzle con tanti tasselli, diversi tra loro, la cui immagine sembra con il passare del tempo sempre più difficile da intravvedere. Nella nostra società l’eccesso, nei comportamenti, negli atteggiamenti, nel linguaggio, si è elevato a regola, mentre sembra perduto il senso del limite e della misura.

La struttura sociale si presenta caratterizzata da una generalizzata, continua e velocissima crescita quantitativa che coinvolge mercati, merci, persone e da un esaurirsi delle tradizionali categorie di riferimento relazionale, principalmente spazio e tempo. Gli spazi si accorciano e il processo di internettizzazione permette all’uomo di relazionarsi, conoscere e visitare qualsiasi posto pur non essendo fisicamente presente. Il concetto di tempo e di attesa è ormai divenuto arcaico, poiché si predilige l’istantaneità che si riesce ad ottenere pur restando immobili. In un attimo le attività si riducono in passività e le capacità in incapacità perché gli individui non riescono più a concretizzare i propri risultati in beni duraturi, le condizioni in cui si opera invecchiano rapidamente, diventando obsolete prima che si abbia il tempo di imparare a conoscerle. Diventa impossibile trarre insegnamenti dall’esperienza, fare affidamento sulle tattiche e le strategie usate in passato poiché le circostanze cambiano in fretta e in modo imprevisto. Si vive nell’incertezza, formulare ipotesi attendibili è difficile e le previsioni sono impossibili.

Si fa strada un nuovo principio base: sapersi sbarazzare delle cose è più importante che acquisirle. I dilemmi e i rompicapi sono forniti dalle società con tanto di strategia per la risoluzione, quindi l’uomo vive ogni episodio senza la consapevolezza delle conseguenze. L’assenza di consapevolezza fa sì che si resti inchiodati ad un presente privo di qualsiasi forma di valore durevole in futuro. Diviene, inoltre, facile vendere conoscenze di cattiva qualità o inutili perché l’ignoranza e la credulità degli uomini, rendono difficile la conoscenza, la progettualità e il sapere. La crescita impetuosa di nuove informazioni e il rapido invecchiamento della conoscenza preesistente agiscono insieme per produrre e alimentare ignoranza. La società di oggi, quindi, elimina due ideali fondamentali, la fedeltà e il patriottismo, per sostituirli con la gratificazione istantanea, la felicità individuale, che non richiedono alcun impegno durevole o permanente per acquisirle.

In questo contesto, centrale è l’avvento e l’utilizzo dei media che pervadono la nostra percezione del vivere nel mondo: un mondo sociale, un mondo dell’immaginazione, il mondo della politica e del confronto globale (1). Media è un termine ambiguo, si riferisce a istituzioni e infrastrutture che producono e distribuiscono contenuti particolari, ma media sono anche i contenuti stessi (2). I media trasformano i più piccoli dettagli e i più grandi spazi in cui siamo coinvolti. Internet è lo spazio di interazione e conservazione delle informazioni, la caratteristica fondamentale è la sua architettura complessiva, sintetizzata perfettamente da Clay Shirky nel 2010 “Internet è una serie di accordi su come far viaggiare i dati fra due punti” (3). Con l’accesso ad Internet in mobilità, questi punti possono essere accessibili agli attori sociali da qualunque luogo nello spazio fisico. L’azione in qualunque luogo può collegarsi ad azioni che si svolgono altrove, basandosi a sua volta su azioni compiute in qualsiasi altro luogo (4).

I nativi digitali: comunicare con chi?

Non priva di attenzione, è stata ed è tuttora la generazione di adolescenti che vive attorno a noi: i cosiddetti nativi digitali. Pensando ai nativi digitali l’attenzione viene immediatamente catturata dalle loro straordinarie capacità nell’approccio alle nuove tecnologie e dall’uso pervasivo che essi fanno dei nuovi strumenti comunicativi, ma è interessante evidenziarne l’aspetto emozionale che spesso viene messo in secondo piano. L’adolescenza si svolge nel segno dell’ambivalenza e di una conflittualità sia interiore che relazionale, si vive nella perenne lotta per conquistare distanza e autonomia e al contempo si rimpiangono in modo segreto e sotterraneo le sicurezze dell’infanzia. Nel decennio tra gli anni ’70 e gli anni ’80, si riscontra il ripiegamento dei giovani verso un individualismo, a tratti eccessivo, e verso forme più praticate ed evidenti di edonismo (5) . Il trentennio post anni Ottanta, si caratterizza per la crescita record nell’utilizzo di Internet da parte degli adolescenti, maschi e femmine, la frequentazione di chat come modi di comunicazione preferita, la diffusione di telefoni cellulari, l’aumento del consumo di fumo, alcol e droghe. A ciò si aggiunge la varietà di offerte che l’industria del divertimento mette a disposizione degli adolescenti che diventano frequentatori assidui, di luoghi del divertimento e del tempo libero. A tal proposito, sono interessanti le parole di Mattia, 15 anni “ […] Anche se non vuoi andare su Facebook e Instagram, e fai finta di ignorarli, sai che i tuoi amici sono tutti lì. […]. Ritengo che il proprio smartphone sia un’estensione della personalità. All’interno c’è tutto il mondo e poi sta sempre con noi […]” (6).

Gli adolescenti di oggi, quindi i nativi digitali, costruiscono la loro vita all’interno del loro smarphone, lì possono comunicare, lì possono presentare l’immagine di sé, possono ritrovare i modelli da cui trarre ispirazione per costruire questa immagine, possono farsi accettare dal gruppo dei pari, possono ribellarsi, esprimere liberamente le proprie emozioni. Da queste premesse, ciò che emerge, è un cambiamento nell’assetto comunicativo: così come affermava la scuola di Palo Alto, la comunicazione non verbale è importantissima per dare corpo ed esprimere la sfera dei sentimenti, delle emozioni, dell’emotività. Le informazioni trasmesse attraverso il codice corporeo, prevalgono su quanto affidiamo al codice verbale, poiché sono le prime a essere registrate nello scambio comunicativo. Gli adolescenti, sembrano avere i loro corpi custoditi in una sorta di bolla, che esclude lo scambio con chi è accanto, prossimo o vicino (7). La comunicazione non verbale sembra essere congelata, mentre le loro dita scorrono velocemente sulla tastiera dei loro smartphone per inviare messaggi, o qualche fotografia; in effetti, la comunicazione non verbale è associata all’immobilità della fotografia.

 Nonostante ciò, comunque, si può dire che per i nativi digitali, l’essere in relazione e il comunicare vengano sottoposti a un costante processo di delocalizzazione, la felicità dell’altrove è sempre più seducente della realtà che stanno vivendo e del luogo in cui si trovano. L’obiettivo è spostare la propria attenzione su piani comunicativi collocati al di là della realtà materiale in cui si trovano; tale spostamento, inoltre, è accompagnato da una frenesia, che rende mai soddisfatta la loro ricerca di contatti. Dunque, gli adolescenti di oggi sembrano essere divorati dal bisogno di condividere ogni fatto, ogni esperienza, ogni emozione, e la comunicazione online soddisfa ed esalta tale bisogno. La condivisione in effetti, viene reclamata maggiormente per quanto riguarda le emozioni e i sentimenti, ne è esempio la storia di Valentina, che aspetta arrivi un messaggio che tarda ad arrivare o che semplicemente non arriverà, mentre continua a comunicare con il gruppo delle amiche su WatsApp (8).

In una prima fase, ha sottolineato con se stessa e con le amiche la propria indifferenza verso l’arrivo di tale messaggio: “il non ricevimento del messaggio non causava nessuna variazione dell’umore ma solo soddisfazione”. La seconda fase, è relativa alla percezione secondo cui il mancato invio del messaggio, derivi dalla paura, da parte del mittente, della reazione del destinatario, oppure dal troppo orgoglio. Il gruppo delle amiche, la incoraggia in tale interpretazione, Valentina trova nel gruppo WhatsApp messaggi che confermano ogni sua nuova emozione. Poi vi è la terza fase, l’accettazione del fatto che il mittente non abbia alcuna voglia di comunicare con lei; anche in questa fase, le amiche le danno conforto. Infine, vi è la quarta fase, quella che Valentina definisce di spionaggio: lei stessa e le amiche, controllano tutte le foto che il mittente pubblica sui social network, con la speranza che a essere postate siano sono immagini di amici dello stesso sesso, o ancora controllano l’accesso su WhatsApp. Gli adolescenti di oggi, quindi, sembrano non temere la vicinanza con l’altro, ma la compromissione affettiva derivante dalle interazioni faccia a faccia, che comporterebbero un’elaborazione individuale e non condivisibile, in maniera istantanea, con il gruppo dei pari.

                        Adultescenti

Anche la famiglia, è coinvolta in questo processo, e si presenta con un atteggiamento pacato e accogliente, spesso remissivo. Il rapporto genitori-figli si è trasformato e il primo aspetto evidente di ciò è l’espressione linguistica: gli adolescenti di questa generazione vivono il legame con i genitori in un clima di grande libertà di espressione, pensiero e movimento, ne è esempio il “tu” quasi accusatorio, usato di solito con tono di voce alto e una gestualità adatta alla discussione con un coetaneo. Il metodo educativo fondato sull’assoluta autorità genitoriale è stato messo in discussione con il prevalere di altri modelli di riferimento per l’educazione dei giovani. Il rapporto è andato trasformandosi all’insegna della democratizzazione, dell’informalità, dell’individualizzazione e dell’autonomia dei figli, aspetti che continuano a consolidarsi e a connotare la relazionalità tra le generazioni. A questa trasformazione hanno contribuito la psicologia dell’età evolutiva, la pedagogia, la sociologia, solo per citare alcune tra le scienze umane che più direttamente si occupano degli adolescenti e che, se da una parte hanno messo in crisi propositiva la genitorialità fornendo, però, al contempo riflessioni, indicazioni e possibili vie d’uscita in senso educativo, dall’altra hanno consapevolizzato di questa messa in crisi i figli (9) .

Gli adolescenti, infatti, per il surplus di programmi televisivi, di rubriche e approfondimenti sul Web, mostrano di avere conoscenza, non solo sulla crisi del ruolo degli adulti, ma anche del potere contrattuale (10) che loro detengono. Il prevalere delle ragioni dei figli all’interno delle dinamiche familiari è segno dell’avvenuto cambiamento nei rapporti tra la generazione degli adulti e la generazione dei giovani e che in maniera, forse eccessiva, potrebbe essere definita de-autorizzazione della famiglia. Gli adulti si trovano in difficoltà nel reagire a tale situazione non avendo alcuna indicazione orientativa, se non i modelli del passato che risultano però obsoleti. In mancanza di conoscenza risulta più facile incarnare la figura del genitore-amico, che finge di essere “un pari” al fine di carpire informazioni e penetrare segreti. Per di più, gli adulti sembrano vivere una sorta di fascinazione giovanilistica (11), che li porta a guardare i giovani e i giovanissimi con un’attenzione ammaliata, nel tentativo di imitarli e cercare di essere come loro. Questo atteggiamento non si traduce in una rielaborazione del passato, ma nella ricerca di una realizzazione personale, non in quanto genitore, ma in quanto uomo o donna. La realizzazione personale, però, avviene in un clima di insicurezza, che viene superato solo cercando l’approvazione di un individuo con cui è instaurata una relazione forte e duratura: il figlio. Tutto ciò se da un lato può facilitare lo sviluppo dell’onnipotenza del figlio e la sua consapevolezza di poter trasformare una negazione in asserzione, al contempo, può far emergere, in particolare nel periodo adolescenziale, la sensazione di subire un furto.

Ne consegue che i sentimenti di rabbia, offesa e risentimento, rimangono inespressi o non espressi a chiare lettere perché circondati da adulti che tendono ad imitarli piuttosto che a capirli. I genitori sembrano non riuscire a reagire alla sfida lanciata dagli adolescenti, risulta evidente una difficoltà nel rendere sintonico il pensiero, ovvero di acquisire consapevolezza di essere educatore, con atteggiamenti, azioni o i comportamenti che ne derivano, a vantaggio di un modo di esprimere la paternità confuso, discontinuo e contraddittorio. La paura di utilizzare un sistema educativo errato porta, quindi, i genitori a rinunciare alla funzione di guida educativa, promuovendo la “politica” del laissez faire. Nel contesto contemporaneo, quindi, in cui media e sistema familiare interagiscono vicendevolmente, molte delle famiglie dei Paesi industrializzati hanno incorporato le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione all’interno della loro routine quotidiana. In particolare, i media sembrano giocare un ruolo fondamentale nelle famiglie con prole, dove vengono utilizzati dai genitori per educare, intrattenere, occupare e confortare i figli, ma anche per imparare ad essere dei genitori migliori (12). E’ interessante soffermare lo sguardo su “imparare ad essere”, poiché apprendere presuppone, in qualche misura, attivazione, esercitazione e trasformazione di talune identità. In particolare, la contemporaneità sembra prediligere l’esercizio di una specifica funzione: il genitore deve riuscire ad allevare la prole massimizzando gli outcomes positivi (13), e minimizzando i negativi. I media digitali, e in particolar modo i social media, possono facilitare questo processo grazie alla loro funzione di creazione e mantenimento dei gruppi informali. Le tecnologie digitali, quindi, sono utilizzate per dare e ricevere supporto sociale ed emotivo. A tal proposito, numerose ricerche in ambito internazionale, hanno investigato l’utilizzo di forum genitoriali, gruppi Facebook e blog, come le piattaforme in cui le madri posso scambiare, ottenere e co-costruire conoscenze e prassi rispetto alla genitorialità in generale, la gestazione, il parto, l’educazione e l’istruzione dei figli, le abitudini alimentari e perfino le scelte e le convenzioni di natura sanitaria (14).

Oltre a queste, possiamo anche considerare le interazioni fra pari, quelle che avvengono in seno alla vita scolastica dei figli ad esempio, dove la partecipazione a chat costituite ad hoc, oltre la possibilità di comunicare e scambiarsi aneddoti, rende meno complicata la partecipazione a qualsiasi questione scolastica, un tempo difficile per la necessaria compresenza fisica. Un altro modo di esercitare la genitorialità online è tramite la condivisione di foto, o più in generale, di rappresentazioni dei propri figli; alcune ricerche suggeriscono che la condivisione di rappresentazioni visive cominci ben prima della nascita dei bambini, prosegua nelle fasi iniziali della genitorialità, e che la condivisione abbia una relazione inversa con l’età dei figli, aumenta nell’età infantile, diminuisce nell’età adolescenziale (15). L’aspetto particolare è che con la condivisione delle immagini dei figli, non si vuole solo far conoscere la vita del proprio figlio, ma anche performare il proprio ruolo genitoriale: si cerca di ottenere un feedback, perché attraverso i “Mi Piace” alcuni genitori credono di aver ricevuto un complimento sul lavoro svolto (16) .

           Media come vettori di emozioni

Come è possibile leggere nei paragrafi precedenti, le emozioni sono al centro delle trasformazioni culturali e relazionali, anche nella società contemporanea che sembra mettere tra parentesi il contesto emozionale ed emotivo. In effetti, ciò che è nuovo suscita da sempre emozioni, catalizza passioni e sublima sentimenti; pertanto le nuove tecnologie e il loro rapporto con la società è incessantemente mediato e veicolato a partire da emozioni, sentimenti e passioni (17). Le tecnologie, specie quelle destinate a mediare la comunicazione tra esseri umani, ovvero quelle citate precedentemente, si presentano non solo come oggetti cui le emozioni vengono indirizzate, ma anche vettori e mezzi di comunicazione delle emozioni stesse. In effetti “quando parliamo di emozioni (…) abbiamo bisogno di quello che l’antropologo americano Clifford Geertz definiva Thick description, descrizione densa (…) è nella completezza del quadro, nella totalità della storia, che si coglie davvero un’emozione” (18). Questa descrizione, se riferita al “sentire tecnologico” si traduce nell’intreccio tra mente e corpo, uniti in un continuum in cui si stabiliscono fitte alleanze tra umani e non umani, che hanno un ruolo fondamentale nel dare forma e voce alle emozioni, ai sentimenti e alle passioni. In effetti, il potenziale trasformativo che il discorso pubblico associa a queste ultime è caricato di un investimento emotivo che implica una forma di richiamo al mito, o alla credenza religiosa; tutto ciò porta Vincent Mosco a coniare il termine sublime digitale (19), e Leo Marx a coniare il termine sublime elettrico (20). Il potere del sublime tecnologico, in riferimento a ciò che è stato definito in precedenza, è quello di mobilitare emotivamente sostenendo le alleanze, le negoziazioni tra gli utenti ma, anche, tra umani e non umani che sono solo artificialmente separati (21) .

Successivamente questa necessaria premessa teorica, circa i media come vettori e oggetti delle emozioni, il mio tentativo è quello di confrontare le emozioni principali legate al discorso socio tecnico, con l’incertezza che caratterizza il mondo degli “adultescenti”. Ciò che intendo analizzare è come tale incertezza, viene espressa a livello emozionale nei media ma anche rispetto ai media. L’aspetto interessante, inoltre, è osservare come emozioni antiche quanto la specie umana, vengano costantemente rinnovate e amplificate da discorsi “vecchi” e ri-mediate da nuovi artefatti socio tecnici sempre più prossimi e incorporati all’umano (22). La prima emozione che propongo è la paura, considerata come la più primitiva e fondamentale delle emozioni umane (23). La paura delle tecnologie è un sentire in cui prevale il pensiero della tecnologia autonoma e al di fuori della possibilità del controllo umano, oppure può dispiegarsi nella paura del controllo, paura di non potercela fare, paura che la tecnologia porti dove non si vuole andare (24). Riferendomi all’uso degli apparati socio tecnici da parte degli “adultescenti”, preferisco pensare la paura come ansia: ansia da prestazione rispetto ad una complessità soverchiante, che procura senso di inadeguatezza; o ancora paura della solitudine e dell’isolamento. In effetti, è stato evidenziato come i genitori non abbiano più schemi educativi di riferimento, pertanto utilizzano il loro smarphone al fine di trovare delle risposte adatte al loro ruolo, essere genitori.

La paura della solitudine e dell’isolamento si riscontra quando i genitori, continuamente, ricercano il feedback di altri utenti, cercano la costante interazione all’interno di gruppi Whatsapp, attraverso l’iscrizione a blog, a gruppi Facebook ecc. Queste, però, possono anche essere espressione di un’altra emozione, la speranza; assimilabili ad essa sono la gioia, la felicità, l’attesa o l’entusiasmo (25). Ogni nuova tecnologia reca con sé una qualche promessa di “paradiso in terra”, di miglioramento, di potenziamento, di rivoluzione radicale o, forse, solo apparente (26). In particolare, le azioni precedentemente citate possono essere visioni entusiastiche che si sviluppano sulle interpretazioni sociali di questi artefatti (27), come ad esempio la dimensione cui attingere informazioni necessarie per svolgere al meglio il proprio ruolo. Infine propongo un ulteriore confronto con la nostalgia, quasi mai indicata come una delle emozioni fondamentali, ma piuttosto come un sentimento che si compone di speranza, desiderio, tristezza e rimpianto.

Gli artefatti tecnologici, veicolano e alimentano la nostalgia del passato (28), e di ciò potrebbe essere espressione la costante condivisione di contenuti multimediali, da parte dei genitori, che ritraggono i figli sin dal periodo di gestazione, fino l’età adolescenziale. La condivisione, infatti, può essere interpretata, da un lato, come la volontà di ricevere costantemente feedback e quindi avere costanti conferme, dall’altro, invece, come il riproporre situazioni e azioni frequenti nel passato. Tutti in famiglia hanno diversi album fotografici, divisi per luogo, data ed evento; generalmente ci si riuniva per guardare, commentare e ricordare momenti del passato, per riproporre le emozioni provate in quegli istanti. Ecco, la condivisione costante di foto, può essere il riproporre abitudini del passato, di cui, solo una volta perse, si riconosce l’importanza.

Per concludere, quindi, nella contemporaneità si evidenzia una nuova concettualizzazione, dalla quale consegue una diversa interpretazione dei sentimenti che pone al centro dell’analisi le nuove tecnologie in un rapporto ambivalente con gli individui.

NOTE:

(1) N. Couldry, Sociologia dei nuovi media. Teorie sociali e pratiche mediali digitali, Pearson, 2015;

 (2) N. Couldry, Sociologia dei nuovi media. Teorie sociali e pratiche mediali digitali, Pearson, 2015;

 (3) N. Couldry, Sociologia dei nuovi media. Teorie sociali e pratiche mediali digitali, Pearson, 2015;

(4) N. Couldry, Sociologia dei nuovi media. Teorie sociali e pratiche mediali digitali, Pearson, 2015;

 (5) T. Iaquinta, A. Salvo, Generazione TVB, il Mulino, 2017;

(6) T. Iaquinta, A. Salvo, Generazione TVB, il Mulino, 2017, pagina 79.;

(7) T. Iaquinta, A. Salvo, Generazione TVB, il Mulino, 2017, pagina 91;

 (8) T. Iaquinta, A. Salvo, Generazione TVB, il Mulino, 2017, pagina 93;

(9) T. Iaquinta, A. Salvo, Generazione TVB, il Mulino, 2017, pagina 58;

 (10) T. Iaquinta, A. Salvo, Generazione TVB, il Mulino, 2017, pagina 59;

 (11) T. Iaquinta, A. Salvo, Generazione TVB, il Mulino, 2017, pagina 37;

(12) S.Demozzi, A. Gigli, D. Cino, I media digitali come strumenti per “esercitare e performare” la genitorialità, parte 1. Rief,n°2, 2019 pagina 84;

(13)  S.Demozzi, A. Gigli, D. Cino, I media digitali come strumenti per “esercitare e performare” la genitorialità, parte 1. Rief,n°2,2019 pagina 84;

 (14) S.Demozzi, A. Gigli, D. Cino, I media digitali come strumenti per “esercitare e performare” la genitorialità, parte 1. Rief,n°2, 2019 pagina 84;

(15) S.Demozzi, A. Gigli, D. Cino, I media digitali come strumenti per “esercitare e performare” la genitorialità, parte 1. Rief,n°2,2019 pagina 86;

(16)  S.Demozzi, A. Gigli, D. Cino, I media digitali come strumenti per “esercitare e performare” la genitorialità, parte 1. Rief,n°2, 2019 pagina 87;

(17) G.Pellegrino, Il sentire tecnologico: le nuove tecnologie come oggetto/vettori emozionali, tra discorso e corporeità, pagina 236, Emozione, ragione e sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos 2019 ;

(18) G.Pellegrino, Il sentire tecnologico: le nuove tecnologie come oggetto/vettori emozionali, tra discorso e corporeità, pagina 241, Emozione, ragione e sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos 2019:

(19) G.Pellegrino, Il sentire tecnologico: le nuove tecnologie come oggetto/vettori emozionali, tra discorso e corporeità, pagina 245 Emozione, ragione e sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos 2019;

 (20) G.Pellegrino, Il sentire tecnologico: le nuove tecnologie come oggetto/vettori emozionali, tra discorso e corporeità, pagina 245 Emozione, ragione e sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos 2019 ;

(21) G.Pellegrino, Il sentire tecnologico: le nuove tecnologie come oggetto/vettori emozionali, tra discorso e corporeità, pagina 245 Emozione, ragione e sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos 2019;

 ( 22) G.Pellegrino, Il sentire tecnologico: le nuove tecnologie come oggetto/vettori emozionali, tra discorso e corporeità, pagina 253 Emozione, ragione e sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos 2019;

(23) G.Pellegrino, Il sentire tecnologico: le nuove tecnologie come oggetto/vettori emozionali, tra discorso e corporeità, pagina 253 Emozione, ragione e sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos 2019;

(24) G.Pellegrino, Il sentire tecnologico: le nuove tecnologie come oggetto/vettori emozionali, tra discorso e corporeità, pagina 254 Emozione, ragione e sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos 2019;

 (25) G.Pellegrino, Il sentire tecnologico: le nuove tecnologie come oggetto/vettori emozionali, tra discorso e corporeità, pagina 255 Emozione, ragione e sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos 2019;

 (26) G.Pellegrino, Il sentire tecnologico: le nuove tecnologie come oggetto/vettori emozionali, tra discorso e corporeità, pagina 255 Emozione, ragione e sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos 2019;

 (27) G.Pellegrino, Il sentire tecnologico: le nuove tecnologie come oggetto/vettori emozionali, tra discorso e corporeità, pagina 245 Emozione, ragione e sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos 2019;

 (28) G.Pellegrino, Il sentire tecnologico: le nuove tecnologie come oggetto/vettori emozionali, tra discorso e corporeità, pagina 255 Emozione, ragione e sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos 2019.

Bibliografia :

1) T. Iaquinta, A.Salvo, Genarazione TVB. Gli adolescenti digitali, l’amore e il sesso, il Mulino, Bologna,2017;

2) Emozione, Ragione, Sentimento. Prospettive pedagogiche per educare all’affettività, a cura di T. Iaquinta, Novalogos, 2019

Sitografia:

 1) https://oaj.fupress.net/index.php/rief/article/view/7422/7616


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