Gli anziani nel XXI secolo “Focus sulle dinamiche dell’invecchiamento demografico”

di Rosario Fittante

Le dinamiche demografiche che caratterizzano il Paese (invecchiamento della popolazione/calo delle nascite ecc.), stanno avendo effetti profondi sull’equilibrio del sistema di Welfare, e sulla capacità di crescita. L’effetto del progressivo invecchiamento della popolazione si sta già manifestando anche sul sistema scolastico e sul mercato del lavoro, secondo il rapporto annuale 2023 dell’Istat, presentato lo scorso mese di luglio alla Camera dei deputati. Il Presidente dell’Istat durante la sua relazione, ha dichiarato che il fenomeno sarà ancora più accentuato e più diffuso nel prossimo futuro, “tra il 2021 e il 2050 le previsioni più recenti stimano una riduzione della popolazione in Italia di quasi 5 milioni”. L’andamento globale della demografia mondiale indica che, mentre la fertilità diminuisce e l’aspettativa di vita aumenta, la percentuale della popolazione al di sopra di una certa età si alza. Questo fenomeno è noto come “invecchiamento della popolazione” ed è presente in quasi tutti i paesi del mondo occidentale e non solo. Il progressivo cambiamento di abitudini consolidate, coinvolge in modo differenziato tutta la popolazione anziana, a seconda del gruppo sociale di appartenenza. Oltre 3 anziani su 4 hanno un titolo di studio basso, che non supera la licenza media, la quota dei poco istruiti raggiunge l’80,7 % tra le donne e l’85 % tra coloro che hanno più di 75 anni, anche se si registra una significativa crescita di anziani soli con un’istruzione medio alta (diploma o laurea). La quota dei pensionati è pari all’87,8% tra gli anziani soli e al 57,9 % tra le anziane sole. Le stime dei residenti in Italia con 75 anni e più sono 7.058.755 circa l’11,7 % della popolazione; di questi il 60 % è formato da donne, di queste circa la metà vive da sola, e, solo il 29 % in coppia; gli uomini che vivono da soli sono il 21,7 % e, solo il 68 % in coppia. L’età media della popolazione è salita da 45,7 anni all’inizio del 2020 e 46,5 all’inizio del 2023. All’1 gennaio 2023, le persone con più di 65 anni sono 14 milioni 177 mila, circa il 24,1 % della popolazione. Cresce anche il numero di persone ultraottantenni, che arrivano a 4 milioni 529 mila e rappresentano il 7,7 % dei residenti, mentre il numero di ultracentenari è triplicato.

Un nuovo ruolo sociale per gli anziani

L’Italia spende per le prestazioni sociali erogate alle famiglie e ai minori una quota esigua rispetto al Pil pari all’1,2% rispetto il 2,5% della Francia e al 3,7% della Germania. Il progressivo allungamento della vita impone infatti alla società di farsi carico di assicurare agli anziani di vivere più a lungo possibile in buona salute. Per il raggiungimento di tale obiettivo diventa necessario monitorare e tenere aggiornato, lo stato di salute degli anziani con interventi mirati di policy, considerando che siamo uno dei paesi più longevi d’Europa.
Un individuo che va oggi in pensione deve potersi ritrovare in un nuovo ruolo sociale, per dare inizio ad un nuovo percorso che lo renda ancora utile alla società, anche se non più attivo lavorativamente. Le molteplici attività e azioni che “l’anziano” già svolge, non abitano in nessuna statistica ufficiale, per cui riconoscerne il nuovo status di cittadino “anziano attivo” che contribuisce al Pil nazionale, può essere la soluzione per evitare che le conseguenze di una società che cambia possano trovare il sistema paese, impreparato ad affrontare le nuove sfide causate dal profondo cambiamento socioculturale della società.

La mente non smette mai di “crescere”

Il Professore Alfredo Berardelli, past President della Società Italiana di Neurologia, intervistato dalla giornalista e biologa Elena Meli, su Corriere Salute, spiega che ciò che si mangia nei primi mille giorni di vita, incide sul funzionamento del cervello per tutto il resto dell’esistenza. L’infanzia infatti è una fase dove le possibilità di potenziare le abilità cognitive sono al massimo, per questo motivo una buona qualità dell’istruzione nei primi anni di vita è alla base per un cervello in salute a lungo termine, poiché le cellule cerebrali continuano a mantenere una certa dose di plasticità ben oltre l’età adulta. Secondo le nuove ricerche si è adolescenti fra i 10 e i 24 anni, ma fino a 30 anni il cervello continua a svilupparsi e maturare in misura significativa, ma il cervello non cessa di evolvere, continua a cambiare con l’esperienza, anche se il numero di cellule nervose diminuisce con l’età, in alcune aree cerebrali si possono formare neuroni perfino superati i 70 anni, anche se certezze su questo non ce ne sono ancora, ma di sicuro il cervello può “ crescere” continuando ad imparare, finché si è in vita. La ricerca scientifica sta infatti scoprendo che per arrivare ad un cervello “adulto”, agli uomini servono molti più anni rispetto agli animali”.

La Calabria e l’invecchiamento attivo

In Calabria, il 35,4 % della popolazione regionale supera i 54 anni di età, di cui il 71,8 % con un basso livello di istruzione. L’occupazione per le persone tra i 55 e i 65 anni si attesta al 44,5 % (32,1 tra le donne), scende dal 3 al 3,5 % per la popolazione over 65, e solo il 5,6 % della popolazione oggetto di analisi presta attività di volontariato. (media Istat 2018). Un altro indicatore importante è lo stato di salute percepito dalla popolazione anziana, dove si evidenzia che il 49 % della popolazione over 55 ha valutato il proprio stato di salute come né buono né cattivo, mentre più del 22% ha valutato la propria salute in termini negativi.

La regione Calabria in materia di invecchiamento attivo si è dotata della legge regionale n 12 del 16 maggio 2018, in materia di tutela, promozione e valorizzazione dell’invecchiamento attivo nei seguenti ambiti: attività sociali intese come volontariato e impegno civico nel campo della scuola e della cultura, del care giving, dell’ambiente e del territorio. Promuove la socializzazione in generale, menzionando attività culturali, formazione, turismo sociale, attività di svago, attività intergenerazionali. La legge in dettaglio considera come beneficiari degli interventi anche gli anziani ultra- sessantenni non autosufficienti
Questa legge fatica però a trovare attuazione in quanto la legge su I.A. è quella di utilizzare i fondi P a c (fondi nazionali inclusi all’interno del Piano nazionale di Azione per la Coesione). Purtroppo il problema del loro utilizzo è strutturale, in quanto tali finanziamenti prevedono l’anticipo di spesa da parte degli ambiti Territoriali e successivamente la richiesta di rimborso statale, previa presentazione dettagliata delle voci di spesa dei progetti regionali finanziati, un problema non da poco che al momento non sembra dare slancio a questa legge.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce l’invecchiamento attivo, come quel processo volto a garantire opportunità di salute, partecipazione e sicurezza sociale, al fine di migliorare la vita, delle persone che invecchiano. Questa definizione include il principio di estendere l’attività delle persone anziane sia riguardo all’inclusione nel mercato del lavoro, sia alla partecipazione ad attività di natura sociale, civica e culturale. Dal punto di vista demografico quindi è necessario guardare oltre le classifiche di base, come ad esempio la percentuale crescente di persone anziane nella popolazione totale, come l’aumento della speranza di vita. (dati Istat 2020).

La teoria dell’Attività di Robert J. Havighurst

Il gerontologo Robert J Havighurst ha elaborato negli anni sessanta, “la teoria dell’attività”, affermando che se l’anziano resta socialmente attivo e impegnato, ha maggiori probabilità di avere un invecchiamento di successo, per raggiungere questo risultato secondo R.J.H, è necessario un maggiore coinvolgimento della popolazione anziana, affinché possa rimanere attiva a lungo, investendo durante tutto il corso della vita già a partire dalla giovinezza, nella conoscenza e nell’adozione di stili di vita salutari, tutto questo deve avvenire attraverso campagne d’informazione che incentivino comportamenti salutari, da attuarsi in ogni ambito della vita. Promuovere la partecipazione “attiva” della popolazione anziana vuol dire creare, supportare e sviluppare le condizioni per renderla realmente possibile, dare loro gli strumenti necessari, volti ad affrontare il proprio futuro in modo corretto. Adottare un approccio multidimensionale, può essere utile per migliorare la qualità della vita dell’anziano, intervenendo sulle politiche familiari, sull’occupazione e sulla formazione nei settori del tempo libero, del turismo e in tutti gli altri settori che diano loro la possibilità di partecipare ad un volontariato di qualità.

La società Italiana di Gerontologia e Geriatria, ha proposto di aggiornare il concetto di anzianità, portando a 75 anni l’età ideale per definire una persona come anziana, infatti secondo la S.I.G.G. “Un 65enne di oggi ha la forma fisica e cognitiva di un 40-45enne di 30 anni fa e un 75enne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980. In Italia l’aspettativa di vita è aumentata di circa 20 anni rispetto ai primi anni del 900. Seguire le buone pratiche di cura e mantenersi in forma: questa è la ricetta per l’individuo over sessanta per affrontare le nuove sfide per il futuro, la società avrà il compito di sostenere questo processo per meglio affrontare le nuove prospettive di vita degli anziani insieme al calo demografico, e portare gli anziani del XXI secolo a nuove prospettive di vita.

dott. Rosario Fittante Associazione Sociologi Italiani

Bibliografia di riferimento

Istat 2020 L. Quattrocchi, M. Tibaldi. Editing G. Dessi
Corriere salute – 12 novembre 2023 Elena Meli
Il fatto quotidiano salute del 7 novembre 2023.
Società Italiana di gerontologia e geriatria
Università del Piemonte orientale: La teoria dell’attività di Francesca Memini (30 lug 2021)
Università degli studi di Bergamo Cristina Maria Teresa Casacchi 2014/2015


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