Sociologia e suicidio: uno studio sul livello di conoscenza del fenomeno suicidario in età adolescenziale

SUICIDIO FIGURA UNO

                                                                                                                                                         Studio condotto tra il 2014 e 2015

Introduzione

Sociologia e Suicidio… Apparentemente si tratta di due dimensioni distanti, da un lato lo studio dei fenomeni sociali dall’altro, uno degli eventi più individuali. Eppure, chi è del settore, è pienamente consapevole del fatto che “(..)proprio questo fatto così personale, così estremo è scelto da Durkheim per la prima dimostrazione empirica della validità della sua impostazione della sociologia”(Jedlowski 2009). Quindi perché allora tra Sociologia e Suicidio, secondo uno dei padri della nostra Scienza, vi è un legame profondo? Beh, perché per Durkheim non esiste un individuo completamente isolato, al contrario, il suo agire è un rispecchiamento della società, un riflesso chiaro e nitido di come la collettività imprima il proprio marchio sul singolo. Il che significa che colui che si suicida, compie un atto di estrema libertà, dal momento che si sottrae alla coesione sociale, alla solidarietà, e quindi all’insieme dei valori, norme, ecc. che vincolano ciascuno degli attori sociali. Ciò che rende, quindi, sociologico il suicidio sono i tassi suicidari. Questo perché? Perché secondo Durkheim che sia un soggetto a suicidarsi piuttosto che un altro, è un evento che è governato da variabili soggettive, ma la “tendenza suicidogena” che è connessa ad eventi extrasoggettivi, ovvero ai “fatti sociali”; quindi il suicidio dipenderebbe dal grado di “integrazione sociale” che la stessa società consente.

Variabili epidemiologiche(riferite al biennio 2014-2015)

 SUICIDIO FIGURA  DUEIl suicidio è da considerarsi un fenomeno raro nei bambini prima dell’età della pubertà ma la sua frequenza tende ad aumentare durante l’adolescenza. In Italia, il suicidio nei giovani rappresenta una delle principali cause di morte tra le persone di età compresa tra 15 e 24 anni: nel 2007, 154 ragazzi tra i 14 e i 24 anni sono morti suicidi. Recenti studi hanno indagato le tendenze della prevalenza di quest’evento tra gennaio 2011 e dicembre 2013: sono stati identificati 55 decessi tra giovani di età inferiore ai 18 anni con una maggioranza superiore ad 8,16 volte di soggetti italiani rispetto ad adolescenti stranieri. Le cause scatenanti più frequenti risultano essere la presenza di conflitti all’interno di una relazione sentimentale e conseguenze derivanti dal fenomeno del bullismo. Tra i fattori di rischio intervengono principalmente: malattie psichiatriche (il 90% degli adolescenti suicidi soffre di questi disturbi in particolar modo quelli legati all’umore); precedenti tentativi di suicidio; fattori famigliari (conflitti, perdite, rapporti difficili con i genitori comprese relazioni caratterizzate da scarsa cura o iperprotezione); abuso di sostanze (droga e/o alcool); abuso sessuale e fisico; orientamento sessuale (i giovani omosessuali sono 2-3 volte più a rischio di suicidio rispetto ai loro coetanei eterosessuali, rischio che aumenta di 8 volte nel momento in cui la famiglia rifiuta tale orientamento); sicurezza dell’ambiente domestico (precauzione nel momento in cui vi siano pistole, corde o farmaci) (Dilillo et al., 2015). Sono ben documentate le differenze di genere nel comportamento suicidario adolescenziale: la morte per suicidio è più comune nei maschi, mentre i tentativi di suicidio non fatali sono più comuni tra le femmine. Nel corso degli ultimi tre decenni, i ricercatori hanno documentato l’efficacia di una miriade di iniziative di prevenzione del suicidio. Tuttavia, non vi è stata sufficiente attenzione su quali tipi di intervento di prevenzione sono più efficaci nel far cambiare atteggiamenti e comportamenti (Hamilton e Klimes-Dougan, 2015). Numerosi di questi interventi sono stati implementati nel corso degli ultimi 10 anni nelle scuole. La maggior parte di essi si concentrano sull’aumento della conoscenza da parte degli studenti e del personale della scuola verso questa tematica. I ricercatori hanno riscontrato che alcuni di questi programmi sono stati rigorosamente valutati per la loro efficacia nel ridurre effettivamente i tentativi di suicidio. La maggior parte di essi sono anche in grado di mostrare una riduzione dell’ideazione suicidaria in generale e stimolare comportamenti di cambiamento. Una completa pianificazione sulla prevenzione del suicidio dovrebbe includere 4 componenti essenziali: promozione della salute, prevenzione/educazione, intervento e post intervento. Resta il fatto che programmi di prevenzione all’interno delle scuole sono il modo più comodo ed efficiente per raggiungere la popolazione adolescenziale (Joshi et al., 2015).

SCOPO

Scopo del presente studio è stato quello di valutare, tramite la somministrazione di un questionario a risposta chiusa, il livello di conoscenza sul fenomeno suicidario in età tardo-adolescenziale.

Materiali e metodi

È stata condotta un’indagine conoscitiva su un campione composto da 52 soggetti (26=m; 26=f), di età compresa tra il 17 e i 19 anni, iscritti ad un istituto superiore di Catanzaro a cui è stata assicurata la massima riservatezza nel rispetto della privacy e la possibilità di non rispondere alle domande del questionario. Ha aderito all’iniziativa il 100% (n=52) degli studenti candidati a ruolo. Prima della raccolta-dati, effettuata in forma anonima, sono state fornite informazioni e delucidazioni in merito all’oggetto d’indagine, sottolineando altresì l’importanza dell’intento preventivo legato all’iniziativa. I soggetti hanno risposto alle domande in modo individuale in un’aula appositamente dedicata nel tempo di 1 ora. Durante la compilazione è stata garantita la presenza di un esperto in materia con il compito di  fornire spiegazioni nel momento in cui si fossero rese necessarie. Lo strumento utilizzato è stato un questionario composto da 10 domande a risposta chiusa, somministrato in forma cartacea, distribuito e ritirato (trascorsa l’ora dedicata) individualmente. Il cartaceo prevedeva spazi scrivibili nell’eventualità che gli studenti volessero riportare esperienze personali.

Risultati

I risultati sono così riassumibili:

[TAB. 1]

Percentuali Risposte
Il 40,4% Ha ricevuto informazioni rapide e sbrigative sul suicidio.
Il 50% Ha avuto molte informazioni da parte del nucleo familiare.
Il 69,2% Considera un soggetto che compie il suicidio una persona che necessita d’aiuto.
L’80,8% Afferma di non conoscere persone intime che hanno tentato il suicidio.
Il 61,5% Correla il suicidio al ruolo svolto dalla famiglia e gruppo di amici, evidenziando come “l’essere diverso” sia tra le principali condizioni predisponenti.
Il 69,2% Definisce i social net work come mezzi utili sia per prevenire che per aumentare il rischio di suicidio.
Il 73,1% Afferma di non aver mai ricercato siti internet pro\contro il suicidio.
Il 38,1% Crede che vi sia una stretta correlazione tra abuso di sostanze stupefacenti e il suicidio.
Il 48,1% Non crede nell’associazione tra sostanze d’abuso e il suicidio.
L’11,5% Afferma di cadere spesso in eccessi con sostanze stupefacenti.
Il 44,2% Afferma di essere felice e di avere un nucleo familiare sereno e senza problematiche che potrebbero esporli ad un gesto estremo.
Il 13,5% Teme che prima o poi compirà un gesto estremo.

 Discussione

 

SUICIDIO FIGURA TRELe percentuali calcolate dai risultati ottenuti dal questionario evidenziano che il 40,4% dei ragazzi abbia ricevuto delle risposte superficiali inerenti al fenomeno suicidario, da parte della famiglia. Questo dato si correla  al fatto che come sostengono Chapple et al. (2015) il suicidio può essere particolarmente difficile da trattare o addirittura da riconoscere da parte di molte persone. Le morti traumatiche, quali risultati di omicidi, suicidi o morti legati alla droga, sono “decessi speciali” che possono lasciare i sopravvissuti insicuri o stigmatizzati compromettendo anche il regolare decorso di metabolizzazione del lutto. Sul ruolo della famiglia, e più in generale delle reti sociali primarie e secondarie, come fattore predisponente nei confronti del suicidio, per il 61,5% dei ragazzi ha un’importanza cruciale, aspetto che ci riporta alla mente “la “sociologia ingenua”, quella dell’osservazione diretta della realtà che ciascuno di noi compie sin dalla nascita e che crea aspettative reciproche rispetto agli “altri” cioè al mondo che ci circonda”(Bruno M. Bilotta 2017); Fergusson et al. (2000) riferiscono infatti che il profilo adolescenziale a maggior rischio di comportamento suicidario è quello di un giovane allevato in un ambiente familiare caratterizzato da avversità socio-economiche, rotture coniugali, scarso attaccamento genitore-figlio ed esposizione ad abusi sessuali. Problemi di salute mentale tra cui depressione, disturbi d’ansia, disturbi da uso di sostanze, disturbo del comportamento, oltre ad esposizione ad eventi di vita sfavorevoli, sono risultati significativamente associati con l’insorgenza di comportamenti suicidari. Il rischio di suicidio aumenta in modo considerevole nel momento in cui la famiglia non accetta l’orientamento sessuale dell’adolescente: uno studio di Reisner et al. (2014) ha calcolato che su un campione di 3131 studenti, il 7% si dichiarava omosessuale; di questi, l’80% manifestava potenziali tendenze al suicidio. Il tasso più elevato di comportamento suicidario nei soggetti gay, lesbiche e bisessuali è relativo a diversi fattori di rischio, tra cui stigmatizzazione, vittimizzazione e discriminazione. Essi rivelano inoltre alte percentuali di depressione, ansia, stress emotivo e abuso di sostanze, oltre ad un aumento del comportamento sucida. Il rischio di suicidio può diminuire in modo significativo in relazione a molti fattori come il sostegno sociale, l’accettazione della famiglia e il sostegno dei genitori (Pompili et al., 2014). E’ importante come il concetto di “diversità” sia così rilevante, poiché il diverso ponendosi come “altro” rispetto alla “norma” ha maggiori possibilità di sperimentare sulla propria pelle la pressione negativa, esercitata dalla società, trattandosi di un soggetto che è “deviante” non essendo “normale” che è “psicologicamente mediocre e sociologicamente iper-adattato nella “civiltà della banalità”, senza ambizione di sentirsi migliore”(Cicchese-Chimirri 2017).

Il 69,2% degli studenti ha definito i social network come mezzi utili sia per prevenire che per aumentare il rischio di suicidio. Effettivamente internet è uno strumento potente per accedere alle informazioni sul suicidio. Anche se alcuni individui utilizzano Internet per informarsi sui metodi e modi per suicidarsi, sembra che l’evoluzione del suo utilizzo volga al contrario verso siti che promuovono la prevenzione e che mettono in guardia dai fattori di rischio. Tuttavia le strategie di prevenzione non dovrebbero focalizzarsi unicamente su internet, bensì mirare ad includere fattori individuali, interpersonali, comunitari e sociali, tutti strettamente legati allo stato di salute di una popolazione (Robert et al., 2015). Se il bullismo può considerarsi una delle maggiori cause che portano al suicidio nei giovani (Dilillo et al., 2015), un fenomeno preoccupante è diventato il Cyberbullismo, una nuova forma di violenza che si esprime attraverso i media elettronici e ha dato luogo a preoccupazioni per genitori, educatori e ricercatori. L’uso quotidiano di tre o più ore di internet, webcam, messaggi di testo, la pubblicazione di informazioni personali e molestie nei confronti di altri coetanei online, sono tutti fattori che portano potenzialmente al cyberbullismo. La vittima del cyber-bullo rischia gravi forme depressive, è incline all’uso di sostanze, è portato ad ideare e a tentare il suicidio (Bottino et al., 2015). Dall’analisi dei dati risulta inoltre che soltanto Il 44,2% è sereno e con una situazione psicologica e sociale stabile, da ciò deriva che il rimanente 55,8% è in una condizione opposta o comunque non trascorre una vita serena. Il dato comunque più allarmante rimane quel 13,5% dei soggetti coinvolti teme di  tentare il  di suicidio.

Conclusioni

L’indagine conoscitiva effettuata, ha messo in risalto che solo la metà degli studenti ha ricevuto informazioni sufficientemente adeguate nei confronti del fenomeno suicidario prima di questo intervento. Questo 50% si correla quindi alla necessità di aumentare l’educazione implementando programmi di prevenzione in particolar modo nell’ambito della scuola media superiore. Auspicabile anche svolgere educazione sul tema per gli insegnanti che dovrebbero essere fra i primi ad accorgersi di eventuali sintomi di suicidio o comunque prevedere la predisposizione verso questa scelta. In più sarebbe un buon obiettivo da perseguire il fatto che gli studenti avessero la possibilità di rapportarsi costantemente con figure come lo psicologo, il sociologo, ecc. in grado di aiutarli tempestivamente in caso di necessità.  Oltre più, utile la creazione e l’ulteriore diffusione di iniziative di volontariato telefonico gestito da professionisti in grado sia di informare che scongiurare tentativi di suicidio, così come importante sarebbe l’aumento della tendenza di siti internet che prevengano ed informino sui rischi di suicidio piuttosto che ne descrivano i mezzi per conseguirlo.

DAVIDE COSTA

 

Dott. Davide Costa, Sociologo

 

 

 

Fotografie di Anna Rotundo

fig.1 “povero Stracci! Crepare, non aveva altro modo di ricordarci che anche lui era vivo”cit. “La ricotta” di Pier Paolo Pasolini);

(fig.2 “Infanzia violata”);

(fig.3 “Bellezza mediatica).

 

Bibliografia

 

Bilotta M. B. Elementi di sociologia dei conflitti(2017).

 

Bottino S, Bottino C, Regina C, Correia A, Ribeiro W (2015) Cyberbullying and adolescent mental health: systematic review. Cad Saude Publica, 31 (3), 463-475.

 

Dilillo D, Mauri ., Mantegazza C, Fabiano V, Mameli C, Zuccotti G (2015) Suicide in pediatrics: epidemiology, risk factors, warning signs and the role of the pediatrician in detecting them. Ital J Pediatr, 41(1), 49.

 

Durkheim E. (1897) Il suicidio, trad. it. UTET, Torino 1969.

 

Fergusson D, Woodward L, Horwood L (2000) Risk factors and life processes associated with the onset of suicidal behaviour during adolescence and early adulthood. Psychol Med, 30(1), 23-39.

 

Hamilton E, Klimes-Dougan B (2015) Gender Differences in Suicide Prevention Responses: Implications for Adolescents Based on an Illustrative Review of the Literature. Int J Environ Res Public Health, 12 (3), 2359-2372.

 

Jedlowski P.(2009) Il mondo in questione(2009).

 

Joshi S, Hartley S, Kessler M, Barstead M (2015) School-Based Suicide Prevention. Child Adolesc Psychiatr Clin N Am, 24(2), 353-70.

 

Pompili M, Lester D, Forte A, Seretti M, Erbuto D, Lamis D, Amore M, Girardi P (2014) Bisexuality and Suicide: A Systematic Review of the Current Literature. J Sex Med, 11(8), 1903-13.

 

Reisner S, Biello K, Perry N, Gamarel K, Mimiaga M (2014) A compensatory model of risk and resilience applied to adolescent sexual orientation disparities in nonsuicidal self-injury and suicide attempts. Am J Orthopsychiatry, 84 (5), 545-556.

 

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