“SALUTI DA…”, IL FASCINO DELLA CARTOLINA

CAMIGLIATELLO2Vecchie, belle abitudini che resistono al tempo. Come quella di spedire a parenti e amici la tradizionale cartolina da un luogo di villeggiatura. Un fenomeno ridimensionato dalla posta elettronica, dai social e dalle varie applicazioni legate alle tecnologie digitali. Il fascino della vecchia cartolina: uno scorcio di panorama marino o montano, un monumento, un angolo di città con la semplice didascalia: “Saliti da…”. Nostalgia canaglia.Trovare una cartolina nella cassetta della posta, oggi è un avvenimento tanto raro quanto affascinante. Molti ancora usano questo tipo di messaggio, forse, per una questione di privacy, considerato che solo i destinatari verranno a conoscenza del luogo in cui siamo stati. I tempi sono cambiati e la diffusione dei social media ci permette di raccontare la nostra esistenza come se tutto fosse appuntato su un diario. Con la differenza che le nostre esperienze di vita non rimarranno chiuse in un cassetto al riparo da occhi indiscreti, ma vengono a conoscenza della vasta comunità del web.L’uomo contemporaneo preferisce l’apparenza alla sostanza. Ed allora basta un telefonino per immortalare i momenti della nostra giornata e postare le foto o i video su Facebook, spedirli con la posta elettronica, recapitarli ai singoli o a gruppi attraverso le varie applicazioni, in particolare WhatsApp e Instagram. Una manciata di secondi e quegli istanti vengono condivisi con centinaia, forse migliaia di persone: familiari, parenti, amici reali o virtuali, sconosciuti.

CAMIGLIATELLO 3Appaio, dunque sono.

Il digitale aumenta il nostro narcisismo che, sommato allo spazio planetario del web ancora ( non sappiamo per quanto) privo di confini nazionali, matura in noi l’errata convinzione che non esistono limiti alle libertà. Invece, siamo soggetti al rischio, mai così grave ed attuale soprattutto per via del terrorismo, di momentanee e necessarie rinunce in nome della sicurezza.Il continuo apparire, inoltre, può cambiare la nostra identità sociale più volte nel corso di una stessa giornata, a seconda dei momenti che decidiamo di condividere con altri cybernauti. Dai luoghi di vacanza, anche da quelli dove la sicurezza è precaria, postiamo sui social solo foto e immagini di positività: postura disinvolta, sorriso sulle labbra, immortalati quasi sempre davanti al un mare cristallino, un lago incantevole, una montagna innevata o un immenso prato. Per dire: “Guardate come sono felice!”. I disagi e le negatività, che spesso sono tanti, non vengono assolutamente immortalati altrimenti la nostra villeggiatura perde valore.E allora meglio nascondere la polvere sotto il tappeto.Nella società postindustriale, noi immigrati digitali, siamo stati costretti a dire addio a molte abitudini che hanno caratterizzato la nostra adolescenza e la nostra gioventù.Addio vecchio album di foto in bianco e nero, o a colori, gigantografie dei nostri figli ancora bambini su una giostrina o che tirano calci ad un pallone. Tante foto, sistemate in una scatola di cartone e tenute come santini, magari in un cassetto del comò o in salotto: sempre disponibili per rinverdire i ricordi, per volare con le ali delle nostre nostalgie.

Niente più foto stampate, oggi c’è il digitale.

VELA AL TRAMONTOÈ vero, questo sistema ci consente di immortalare decine, centinaia, forse, migliaia di attimi della nostra quotidianità, dei nostri viaggi, della nostra villeggiatura, ma diventa difficile decidere quanti dovranno essere salvati a futura memoria e quanti invece verranno stoccati nei magazzini dell’oblio.La foto digitale che trova posto in un CD, nell’hard disk, nella pennetta USB bene si presta alla cultura della cancellazione. Azione volontaria (magari perché quella foto ci ricorda un certo periodo della nostra vita che preferiamo cancellarne le tracce), per un virus che attacca il nostro pc, per un sbalzo di energia elettrica che danneggia hardware, oppure formattare per errore il dispositivo di registrazione. Tutto cancellato e i ricordi diventano sbiaditi fino a scomparire dalla nostra mente. Resettati per sempre.La versatilità del digitale consente agli individui di usare, modificare le nuove tecnologie in funzione dei loro bisogni, dei loro desideri, in base alla loro cultura, alla loro personalità, all’ambiente in cui vivono e all’organizzazione sociale di appartenenza.

La finzione si sovrappone alla realtà.

Rispetto al passato, quando nel nostro bagaglio non mancava la vecchia reflex e, in anni recenti la macchinetta digitale con scheda o hard disk, l’archivio dei nostri ricordi è diventato il telefonino. Basta sfiorarlo che, come la lampada di Aladino, spalanca una finestra sul mondo e farci diventare spettatori e attori del villaggio globale.Nell’era digitale tutto è in continua trasformazione, soprattutto il nostro modo di comunicare. Oggi, infatti, si è creato uno spostamento dalla comunicazione di massa all’auto comunicazione di   massa. L’unidirezionalità dei tradizionali mass media ha ceduto il posto alla forma orizzontale delle reti: diventate anagrafe della nostra cittadinanza digitale, spazi infiniti di democrazia e partecipazione, voce di popoli oppressi e di uomini perseguitati, speranza di nuove “primavere”.Il nostro modo di apparire è cambiato anche attraverso i selfie: virus che “contagia” in particolare gli adolescenti che non perdono l’attimo per un clic con personaggi dello spettacolo e dello sport. Modelli che condizionano i loro gesti quotidiani e, probabilmente, il loro avvenire fino a metterlo a rischio con selfie estremi. Il fascino del selfie non risparmia gli adulti i quali, analogamente ai più giovani, visitano le città, i musei, le pinacoteche, gli stadi di calcio, i palazzetti dello sport, assistono ai comizi elettorali, ai convegni con il telefonino in tasca ed in mano lo stick selfie che gli psicologi chiamano la protesi del narcisismo.CAMIGLIATELLO 1

Tutto questo fino ad oggi, ma domani? Difficile che il progresso tecnologico si fermi ed allora le nostre abitudini, i nostri linguaggi, il nostro modo di comunicare andranno oltre i paradigmi imposti dalla globalizzazione. Ecco perché non appare azzardato ipotizzare l’agonia del mondo liquido e senza confini per un ritorno alla spazialità degli stati nazionali, ai muri, al filo spinato, alle frontiere con guardie armate. Come i nuovi nazionalismi o sovranismi (come oggi vengono definiti) si coniugheranno con l’inarrestabile evoluzione tecnologica è difficile da prevedere. I confini, infatti, potrebbero non essere in grado di interrompere i flussi del finanzcapitalismo da tempo assurto ad unico vero potere mondiale. La storia dirà

Antonio Latella


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