Riflessioni sulla condizione esistenziale delle persone in tempo di emergenza sanitaria

In queste giornate inquiete e lente, caotiche dal punto di vista delle emozioni che ciascun essere umano, donna o uomo che sia, ciascuno di noi fra dubbi e incertezze, riguardo a quello che domani potrà succedere o cambiare non solo nella propria vita ma anche in quella dei propri cari, sicuramente si trova a fare diverse riflessioni

GENCARELLI TIZLa mia, di riflessione, riguarda un valore che mi sta a cuore da sempre, già da prima che diventasse il tema della mia Tesi di Laurea in Sociologia, mi riferisco al “Diritto della Sicurezza Sociale”, che riguarda una branca del Diritto Pubblico che si occupa appunto di normare le modalità con cui uno Stato attua la tutela dei cittadini in condizioni di bisogno. Più specificatamente la sicurezza sociale di riferisce a un sistema di interventi pubblici finalizzati a garantire ai cittadini condizioni di vita dignitose e a proteggerli dai rischi più gravi dell’esistenza. Riguardo ai rischi, Luhmann sostiene che la fiducia va intesa proprio in relazione ai rischi, che rappresentano i risultati imprevisti o una conseguenza delle nostre azioni; mentre per Giddens rischio e fiducia si compenetrano e assumono significati specifici in base alla moderna vita sociale, perché l’attività umana è creata socialmente e non data dalla natura delle cose o da influenze divine.

Tra le fonti della sicurezza sociale troviamo il dovere inderogabile di solidarietà, il principio di eguaglianza sostanziale, la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948, la carta dei diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione Europea e l’ancoraggio costituzionale con l’articolo 32 della Costituzione: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.  L’articolo 32 della Costituzione sancisce quindi la tutela della salute e dichiara la responsabilità dello Stato nel garantire la salute del singolo cittadino  e della collettività in condizioni di eguaglianza. A tal riguardo, l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale ( con la L. 833 del 23.12.1978) oltre ad assolvere a questo compito, ha rappresentato una importantissima conquista sociale che ha introdotto principi e valori fortemente innovativi: generalità dei destinatari, prestazioni globali, uguaglianza di trattamento. La Riforma del Titolo V della Costituzione, realizzata con la legge Costituzionale  n. 3 del 18 ottobre 2001,ha stravolto quella che sino ad allora era stata l’organizzazione del sistema di tutela della salute affidando proprio quest’ultima alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni. Questo ha determinato un sistema caratterizzato da un pluralismo di centri di potere che ha ampliato il ruolo e le competenze delle autonomie locali. La riforma ha di fatto generato un federalismo sanitario atipico e distorto, che ha prodotto concrete e notevoli differenze nel diritto di accesso alle cure e ai servizi per la tutela della salute sull’intero territorio nazionale. In altre parole, quello che doveva essere un federalismo solidale si è in realtà, a mio avviso inevitabilmente, nella genesi di 21 diversi sistemi sanitari, di cui molti caratterizzati da grandi criticità, iniquità e differenze che si sono da subito ripercosse sui cittadini-utenti. Quello che si è verificato è che le Regioni non hanno riorganizzato i propri Servizi Sanitari Regionali al fine di migliorare la qualità stessa dei servizi otre a ridurre i costi, ma si sono limitate al solo controllo della spesa, almeno nelle realtà più virtuose, perché il deficit sanitario della Regione Calabria, la cui sanità è commissariata ormai da diversi anni, è noto al mondo intero.

Ciò che ha caratterizzato questo federalismo sanitario è sicuramente l’effettiva irresponsabilità di alcune Regioni, oltre alla loro incapacità di attuare politiche efficaci e gestione efficiente dei servizi sanitari. Recentemente riguardo alla qualità dell’assistenza sanitaria in Italia l’OCSE ha ribadito che il sistema sanitario nazionale deve garantire che gli sforzi in atto, di contenimento della spesa pubblica in ambito sanitario, non incidano sulla qualità dei servizi erogati, oltre a sostenere quelle Regioni e Province autonome che hanno infrastrutture più deboli affinché possano anche esse erogare prestazioni e servizi d qualità.

Ritornando ad oggi, solo qualche giorno fa il quadro critico fatto dal telegiornale regionale riguardo alle strutture ospedaliere dell’intero territorio calabrese, non può che metterci in allarme tutti, nessuno escluso, perché qui da noi la sanità non funziona per ciò che possiamo definire ordinario, figuriamoci per l’emergenza straordinaria attualmente in atto. La sanità non funziona perché mancano grandi unità di personale medico e paramedico, oltre ai posti letto; vi assicuro che la prima sensazione che si avverte quando si stà  per più giorni in una unità di pronto soccorso con un proprio caro, in condizioni che di umano hanno poco, è la deprivazione della dignità umana.

Per questo motivo oggi più che mai dalla Calabria, dai calabresi tutti, e da tutte le altre realtà territoriali in cui il diritto di tutela della salute viene sovente calpestato, bisogna dire basta e pretendere che la gestione della sanità torni ad essere materia e competenza “esclusiva” dello Stato, perché non è più tollerabile una tale disparità di condizioni di accesso e di qualità delle prestazioni, in modo da attuare un’effettiva costruzione sociale della sicurezza.

In questi giorni la domanda di protezione sociale rende più che mai necessario ripensare e reinventare servizi orientati alla promozione umana, alla tutela di tutti i cittadini, ad una effettiva sicurezza sociale che si concretizzi in maniera univoca sull’intero territorio nazionale.

La lezione che stiamo imparando in questa situazione di emergenza sanitaria, che destabilizza e rende insicuri, è che siamo tutti, nessuno escluso, potenzialmente fragili e vulnerabili di fronte a fatti e situazioni incontrollabili, ma se è vero che bisogna rivedere e riorganizzare in maniera più semplice ed essenziale la quotidianità, con comportamenti responsabili per la tutela propria e degli altri, è anche vero che questa fase di battuta d’arresto sotto ogni aspetto della vita sociale ed economica del nostro paese, e del mondo in generale, rappresenterà certamente il momento di riflessione per risollevarci, nonché il volano per la ripartenza dell’intera comunità glocale; i valori che caratterizzeranno questa ripartenza sono: la giustizia, la responsabilità, l’onestà, l’umiltà, l’uguaglianza, la solidarietà e il rispetto. Infine nella ripartenza ciascuno assumerà la responsabilità di essere “cocostruttore”  di un mondo nuovo e migliore, da lasciare in eredità ai nostri giovani e alle generazioni future, a partire dai più piccoli contesti locali sino ai grandi contesti per arrivare a quello globale.

Dott./ssa  Tiziana Gengarelli – Sociologa


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