“Per il governo è arrivato il momento di decidere”

La vittoria del sì al referendum sul taglio dei parlamentari e il sostanziale pareggio tra centrodestra e centrosinistra alle elezioni regionali aprono una nuova fase politica. Ne parliamo con Giorgio Benvenuto.

<<== di Tiziano Paolinelli

Al referendum il sì ha vinto sfiorando il 70%. Come giudica questo risultato?  

Risponde a un’esigenza del Paese. Ossia alla necessità per i cittadini di mettere a punto una struttura rappresentativa più efficiente, di superare il bicameralismo perfetto e di contrastare i riti della lunga fase politica che è succeduta alla Prima Repubblica. Per questi motivi la vittoria del sì era prevista e ha confermato il precedente voto del parlamento, che come è noto fu quasi all’unanimità. I 5 Stelle hanno sostenuto il taglio con molta forza, ma non c’è stata una battaglia tra fronti opposti come è avvenuto per altri referendum. Tutt’al più si può dire che si è assistito a un grande dibattito pubblico. Se dunque il risultato non sorprende ha dato però due importanti indicazioni. La prima, il sì ha prevalso maggiormente nelle periferie e nel Meridione, cioè laddove la crisi economica è da anni più intensa. La seconda, i 5 Stelle hanno vinto il referendum, ma perso le elezioni.

Passiamo proprio alle elezioni. L’ulteriore tonfo dei 5 Stelle e la battuta di arresto della Lega significano che il populismo sta segnando il passo?

Direi di sì. Ma occorre fare dei distinguo. A differenza della Lega i 5 Stelle rischiano di non essere più rappresentativi. Mi sembra lo dimostri il fatto che non hanno raggiunto risultati significativi né in Liguria, dove erano alleati col PD, né nelle regioni dove si sono presentati da soli. E peraltro in alcune di queste regioni, penso per esempio alla Puglia, l’elettorato grillino ha votato in maniera disgiunta. Credo che il Movimento 5 Stelle sia in caduta libera. Non si può dire altrettanto della Lega seppur entusiasma sempre meno e come partito ha ceduto il primo posto al PD. Tuttavia le speranza di Salvini di vincere le regionali per cinque a uno o per quattro a due è andata delusa.

Si può dire che insieme a Renzi l’altro grande sconfitto di queste elezioni sia Salvini?

Penso di sì, ma con grandi differenze. Italia Viva non è stata decisiva. Direi che questi piccoli partiti, a cui aggiungerei Liberi e Uguali, i radicali e Calenda, devono riflettere seriamente sulla loro ragion d’essere perché l’elettore italiano ha imparato la lezione del voto utile e vota per i grandi raggruppamenti. In quanto alla Lega resta ancora un forte partito, seppur non più in ascesa, e mi pare che si stia orientando verso una politica meno urlata. In Toscana, dove Salvini sperava di vincere, il candidato del centrosinistra, Eugenio Giani, è una persona che non si caratterizza certo per la sua virulenza. Si caratterizza invece per la ricchezza dei rapporti con la gente. Ma non alla Salvini, con lo scopo di infiammare le piazze durante i comizi. Bensì per dialogare, discutere dei problemi al fine di capirli e affrontarli. Una cosa è parlare alla gente, un’altra è parlare con la gente. E questo atteggiamento sta premiando.

In questa tornata elettorale molti profetizzavano una caduta del PD e un conseguente cambio del segretario.  Le cose sono andate diversamente. Ora si può dire che Zingaretti sia più forte?   

Starei coi piedi per terra. Zingaretti è scampato a un pericolo. È andato alle elezioni in una situazione di grande difficoltà e l’ha superata. Ma da qui a dire che adesso è forte mi sembra troppo. Intanto non bisogna dimenticare le Marche sono andate al centrodestra e al centrodestra è rimasta una regione tradizionalmente di sinistra come la Liguria. Ma soprattutto Zingaretti ha un’alleanza con in 5 Stelle che tendono a diventare residuali nel panorama politico italiano. Il che è un grosso problema. Lo è per il PD e per gli stessi grillini. Immagino che dovranno ridiscutere il loro modo di essere. Zingaretti diventerà forte se sarà capace di passare da un’alleanza che gli serviva per sopravvivere a un’alleanza che gli serva per vivere. Intendo dire un’alleanza che ha un programma e lo realizza concretamente, fattivamente. Adesso non ci sono più elezioni dietro l’angolo e Zingaretti ha l’occasione di fare del PD un partito che riprende l’iniziativa. Ovviamente non nei termini della vecchia politica contro il pericolo della destra populista, ma in una logica di governo che affronta e risolve i problemi della società italiana. A iniziare da quelli dell’occupazione.

I successi delle liste personali di alcuni presidenti delle Regioni non comportano il rischio di andare verso un’Italia divisa in tanti staterelli governati da leader locali?

Questo rischio si può evitare se il governo nazionale dimostra di essere capace. Il successo di Zaia in Veneto è stato impressionante. Nondimeno quello di De Luca in Campania, di Toti in Liguria e lo stesso Emiliano in Puglia ha dato una grande prova. Gli elettori hanno premiato i presidenti che si rimboccano le maniche, che più che dire cosa fare fanno. Penso che abbiano dimostrato quanto le esasperazioni e gli estremismi siano effimeri: grandi fiammate che si esauriscono nello spazio di un mattino. Il successo delle liste personali dei presidenti uscenti indica chiaramente la necessità di un rapporto costruttivo tra governo nazionale e governi regionali. La pandemia in corso ha messo e rimetterà sempre più in discussione tante cose, in particolare nel mondo del lavoro. Se non si vuole andare verso un’Italia divisa de facto in tanti staterelli il governo centrale deve tenere il banco con mano sicura e guadagnarsi la fiducia delle Regioni.

Dopo queste elezioni Conte può dormire sonni tranquilli?

No, a meno che non cambi modo di governare. Adesso è un mago: governa senza un programma. Ma per forza di cose dovrà darselo. Come Zingaretti anche Conte ha scampato un pericolo: ora deve dire con chiarezza dove vuole portare l’Italia. Vede, questa vittoria toglie ogni alibi agli attendisti della maggioranza. La quale non potrà più continuare a giocare al rinvio di ogni decisione e finalmente dovrà fare delle scelte.

Patrizio Paolinelli, jobsnews.it, 22 settembre 2020.


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