L’elaborazione del lutto in pandemia

di Enrica Froio

Il lutto non è mai una condizione personale, psicologica e sociale facile da affrontare. Com’è trattato questo passaggio da parte di chi “resta”?

<<==dott.ssa Enrica Froio

Analizzando le parole di Sofocle: ”Ma se devo morire prima del tempo, io lo dichiaro un guadagno: chi, come me, vive immerso in tanti dolori, non ricava forse un guadagno a morire? Affrontare questa fine è quindi per me un dolore da nulla; dolore avrei sofferto invece, se avessi lasciato insepolto il corpo di un figlio di mia madre; ma di questa mia sorte dolore non ho. E se ti sembrava che mi comporto come una pazza, forse è pazzo chi di pazzia mi accusa”.

Questi versi descrivono il cordoglio di Antigone cui è negato di seppellire il fratello Polinice, per comando del re Creonte, dolore che lo porta a desiderare la sua stessa fine. Queste parole, oggi, sono molto attuali. Quanti hanno dovuto superare il dolore durante il periodo del Covid-19 di non poter celebrare neanche un rito religioso, di saluto ai propri cari? Il rito del funerale è decisivo per chi resta, perché segna l’inizio dell’elaborazione del lutto. Il trauma psicologico e sociale che l’individuo vive, è un dolore mentale, che può divenire talmente forte da trasformarsi nel desiderio di fine anche della propria esistenza. L’elaborazione del lutto avviene tramite una prima fase di allarme generale, seguita da una reazione di shock, confusione che porta a impatti emozionali ed emotivi completamente diversi da individuo a individuo. In seguito avviene il coping.

L’individuo affronta il dolore, lo comprende, lo elabora e infine lo accetta e modifica anche l’idea di sé in funzione dell’accaduto traumatico. È ovvio comunque, che la vulnerabilità dell’individuo e le sue reazioni siano differenti in base anche all’assetto psicologico e alle reti sociali di cui fa parte. Tutto questo è stato quindi molto difficile da affrontare durante la pandemia, dove gli aiuti psicologici e le reti sociali erano puramente virtuali e la base della quotidianità di ogni individuo era l’isolamento. Non c’era vicinanza, non c’era gruppo sociale, non c’era condivisione di emozioni comprese. Ecco perché d’importanza assoluta di tutto ciò che è cultura, anche se differente per ogni società, come, il rito funebre, l’accompagnare il feretro nella sua sepoltura e nell’’insieme mettere “in scena” il rituale del funerale. I lutti avvenuti in periodo pandemico, purtroppo, sono stati conseguenza di tanti lutti “irrisolti”. Dolore, alternato a rabbia, susseguirsi di depressione che hanno portato al rivoluzionarsi della vita dell’individuo.

Oggi sembra essere tornati alla normalità, ma lo strascico di chi oggi perde una persona a sé cara, riporta alla mente il periodo che tutto il mondo ha vissuto. La frase “almeno si è potuto fare il funerale” sembra essere la prima consolazione al dolore. Così non deve essere, bisogna sempre stare attenti all’elaborazione del lutto, ascoltare il proprio essere, le proprie emozioni e possibilmente farsi aiutare per affrontare questa elaborazione senza traumi e ripercussioni sulla vita personale e sociale di ogni individuo.


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