Il miglioramento della qualità della vita nella prospettiva socio-psicologica

Alessandro SavyLe metodologie e le strategie messe a punto dalla Psicologia di Comunità consentono di analizzare i bisogni, le percezioni e le rappresentazioni sociali delle persone inserite in un certo sistema e di individuare le caratteristiche dei setting ambientali ed organizzativi. Ritengo opportuno considerare, il grande valore euristico (1) della ricerca-azione (action-research), la quale ha conosciuto, in anni recenti, una notevole ripresa sia nell’ambito generale sia in quello organizzativo, sia specificamente nell’ambito della Psicologia di comunità. Lewin (2) con la ricerca-azione, propone, in primis, alla Psicologia Sociale sia un’occasione per misurarsi direttamente con i problemi reali della vita, sia un metodo per ricavare dalla pratica nuove linee di elaborazione teorica. Infatti tale ricerca, è fondata sulla partecipazione attiva e paritaria, utilizza l’indagine conoscitiva ai sui vari livelli, concependo la ricerca come strumento per analizzare in modo non dogmatico, i problemi relativi agli eventi che coinvolgono gli individui. Tengo a precisare che la ricerca-azione può essere, in generale, utilizzata in vari contesti di vita associata (aziende, ospedali, scuole, quartieri cittadini ed organizzazioni in generale) su problemi pratici che particolarmente implicano aspetti relazionali. Essendo un procedimento di gruppo, il dato personale viene socializzato, discusso, messo in comune attorno ad un problema comune. È un’azione quindi, che nasce sin dall’inizio come una interazione, la quale coinvolge lo Psicologo Sociale che entra nel “gioco” ricomprendo almeno in parte, la situazione tradizionale della ricerca e dell’intervento Psicologico. Attraverso la dinamica relazionale, promossa dallo scambio non solo di conoscenze e di valutazioni, ma anche di atteggiamenti, sentimenti, emozioni, la ricerca azione diviene anche una specie di educazione alla socialità da un lato e di crescita personale dall’altro.(3). A conclusione, di questa breve dissertazione sul valore della ricerca-azione lewiniana, si può convenire che , tale ricerca sposta l’ottica verso la partecipazione, la solidarietà, e sul piano teoricometodologico verso un campo in cui l’intersezione del soggettivo con il sociale è più concreta. Seguendo un orientamento sistemico, la Psicologia di Comunità si propone di osservare non solo l’individuo e non solo le strutture sociali bensì le transazioni fra i diversi livelli: individui- gruppi- sistemi- reti di sistemi. Il disagio individuale o il problema sociale non sono per la psicologia di comunità anomalie o accezioni allo stato normale di salute. Gli aspetti problematici vengono invece concepiti come correlati a situazioni sociali complesse, critiche, in progressiva e talvolta in conflittuale evoluzione (4). Il termine stesso crisi viene inteso non necessariamente come distruzione, catastrofe o degenerazione ma come fase di transizione alternativa fra rischi e opportunità, occasione di cambiamento sia in positivo sia in negativo.

Essenziale diviene così, non già riparare le conseguenze della crisi, ma anticiparla e creare le condizioni che ne favoriscono la gestione. Quindi la stessa, fondamentale strategia della prevenzione, viene intesa non solo come anticipazione ed elusione del disagio, ma come sviluppo di migliori condizioni di vita. Nella spiegazione del disagio è possibile riconoscere due visioni prevalenti, la teoria eccezionalista e quella universalista; entrambe hanno influenzato la Psicologia di Comunità negli anni sessanta e settanta del secolo scorso. Secondo la teoria eccezionalista, o della selezione sociale, il disagio e/o la patologia sono determinati dalla presenza di fattori individuali ( genetici, caratteriali e di personalità) insoliti e causali che pongono in condizioni di svantaggio le persone, impedendo loro un normale sviluppo e successo nella vita. I sostenitori di questa teoria tendono a vedere il disagio come un problema o un malattia, un incidente di percorso dell’individuo e puntano al trattamento terapeutico, farmacologico o riabilitativo del disturbo. Secondo la teoria universalistica o delle cause sociali, gli autori invece, considerano il disagio come un’ espressione dei rapporti sociali di una comunità, legata ad una iniqua distribuzione delle risorse a condizioni prevedibili e che pertanto si possono prevenire. Quindi la prevenzione del disagio diviene in tal modo, uno degli obiettivi prevalenti della Psicologia di Comunità.(5) Lo studioso Orford, ritiene sia produttivo ipotizzare una relazione di reciprocità tra queste due teorie succitate. Questa posizione permette , in anni recenti, di superare le divergenze tra i due schieramenti ideologici della Psicologia di Comunità, la quale si trova ad adottare un modello del disagio e del benessere complesso ed interattivo.

La Psicologia di Comunità condivide con la Psicologia della salute,(6) una concezione di salute positiva di tipo evolutivo o successivo. Tale concezione assume un modello dinamico di uomo, dando rilievo alla tensione dell’individuo verso il soddisfacimento di bisogni che egli stesso cerca. Tra le molte definizioni disponibili, relative alla qualità della vita, quella di Campbell del 1976 ha il pregio di mettere in evidenza il fatto che la “qualità della vita” è un qualcosa di soggettivo, legato al benessere di un individuo, dove vanno presi in considerazione molti fattori, tra cui uno solo dei tanti ha a che fare con la salute, un “valore” che invece è il solo oggetto di interesse della medicina. Infatti, per quanto la definizione di salute offerte dalla OMS nel 1948 ci ricorda come la salute sia un qualcosa che va la di là della presenza o assenza di malattia, comunque la medicina nel tentativo di misurare “quantitativamente” gli aspetti “qualitativi” della vita ha coniato il temine di qualità della vita, correlata alla salute, accontentandosi di prendere in considerazione, solo quegli aspetti della vita che sono correlati alla salute e quindi pertinenti alla sua missione e modificabili dai suoi interventi.(7) L’obiettivo principale e più generale, della Psicologia di Comunità è quello di migliorare la qualità della vita. Doveroso ricordare, che l’organizzazione mondiale della sanità (OMS), definisce la promozione della salute come “ processo per cui la gente incrementa il controllo e la gestione diretta delle proprie condizioni di benessere e /o di disagio ( Oms, 1987).

All’interno della Psicologia di Comunità, l’espressione “qualità della vita” viene intesa da un lato, come obiettivo di azione trasformativa della ricerca attiva e dinamica per sviluppare costantemente l’armonia nel rapporto uomo-ambiente, dall’altro come criterio di valutazioni e delle condizioni di vita esistenti in una certa comunità. L’interesse di questa concezione della qualità della vita consiste proprio nel tentativo di tener presente, sia la percezione soggettiva dei propri standard di vita, sia la valutazione più oggettiva delle condizioni strutturali. Nello studio sulla qualità della vita di una comunità, variabili di tipo psicologico e soggettivo potrebbero essere: il grado di collaborazione del vicinato alla soluzione di difficoltà concrete; l’estensione e la densità delle reti sociali; il livello di credibilità e fiducia attribuite alle istituzioni; la valutazione dei problemi esistenti nella comunità; la speranza di poter migliorare le condizioni ambientali attuali. L’interesse di questa concezione della qualità della vita consiste proprio, come sopra citato, nel tentativo di tenere presente sia la valutazione più oggettiva delle condizioni strutturali sia la percezione soggettiva degli individui dei propri standard di vita. Detto questo, si evince che la Psicologia di Comunità condivide con la Psicologia Clinica l’intento di sviluppare capacità e risorse personali; tuttavia per la Psicologia di Comunità questo tipo di finalità è connesso in modo interpretativo, o sistemico, con l’obiettivo di sviluppare la competenza della comunità nel suo insieme, ovvero è solo dalla convergente promozione della capacità dei singoli individui e delle risorse presenti nella comunità che può realizzarsi lo sviluppo della qualità della vita intesa come obiettivo globale (8). .

Le dimensioni in cui si può suddividere la qualità della vita così come gli aspetti che possono influenzarla, sono molteplici, considerandone solo alcune di esse, sono: · Sul concetto di salute, l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non come una semplice assenza di malattie e infermità” (Costituzione OMS, 2009). Tale definizione indica il fatto che la salute rappresenta senza dubbio, un elemento centrale nella vita e una condizione indispensabile del benessere individuale e della prosperità della popolazione stessa, in tale contesto, la salute viene considerata più un mezzo che un fine e può essere definita come una risorsa di vita quotidiana che consente alle persone di condurre una vita produttiva a livello individuale, sociale ed economico. La definizione di salute, succitata, proposta dall’OMS è molto impegnativa; infatti, ha da sempre suscitato riflessioni, dubbi, discussioni. Il carattere “utopistico” di tale definizione è molto chiaro e condivisibile, in quanto descrive una situazione di completa soddisfazione e felicità che forse non può essere mai raggiunta, ciononostante costituisce un punto di riferimento verso il quale orientare i propri sforzi ed obiettivi. La traduzione di dichiarazioni di principio in strategie operative, costituisce da sempre un processo complesso e difficile soprattutto quando le implicazioni per l’azione richiedono il cambiamento del nostro modo di pensare e di agire. A tal senso per dare un impulso significativo al perseguimento della salute da parte dei governi, ai diversi livelli, l’OMS ha cercato di rendere operative, a partire dagli anni ottanta, due strategie che vanno sotto il nome, rispettivamente, di “promozione della salute” e di “strategia della salute per tutti”. Ciò soprattutto nella consapevolezza che la salute è il risultato di una serie di determinanti di tipo sociale, ambientale, economico e genetico, e non il semplice prodotto di una organizzazione sanitaria. Doveroso ricordare, inoltre, che la salute viene regolamentata/tutelata anche secondo le seguenti leggi: · Articolo 32 della Costituzione repubblicana italiana (9) . o La repubblica tutela la salute, come fondamentale diritto dell’individuo, così come interesse per la collettività, garantendo cure per gli indigenti. o Nessuno può essere obbligato a essere curato, se non per disposizione di legge. o La legge non può in nessun modo violare i limiti imposto dal rispetto dell’individuo. · Legge 833 del 23 dicembre 1978, la cura dell’individuo viene garantita tramite il servizio sanitario nazionale. Nel nostro secolo si è data gradualmente sempre più importanza agli indicatori di benessere soggettivo, identificato come felicità dell’individuo, rispetto a quando si considerava la salute semplicemente come un’assenza di malattie fisiche e/o mentali, sintetizzata esclusivamente da misure oggettive riguardanti la salute dell’individuo e l’efficienza dei servizi sanitari. Tra le altre dimensioni, sono: · l’istruzione, la formazione ed il livello di competenze che influenzano il benessere delle persone e aprono opportunità che senza di esse sarebbero precluse.

L’istruzione influenza in modo diretto la qualità della vita:da recenti fonti Istat( 2015), infatti, le persone con livello di istruzione più alto hanno maggiori opportunità di trovare lavoro, anche se con un’importante variabilità per tipo di diploma o laurea. Si riscontra che coloro i quali sono più istruiti hanno un tenore di vita più alto, vivono di più e meglio perché hanno stili di vita più salutari e hanno maggiori opportunità di trovare lavori maggiormente stabili. Quindi il capitale umano può essere considerato come un aspetto da non trascurare sull’incidere, in modo positivo, della qualità della vita degli individui, dovuto soprattutto al mutamento sociale, avvenuto da circa mezzo secolo oramai. Il capitale umano ha cercato di gettare un ponte tra il livello di istruzione ed il mercato del lavoro, altro tema fondamentale per gli Psicologi che si occupano del fenomeno della dispersione scolastica, soprattutto da parte di adolescenti che per i motivi più disparati, necessitano spesso di sostengo da parte di Psicologi unitamente al personale scolastico ed al nucleo familiare. Detto questo, si potrebbe concludere che, l’istruzione e la formazione in genere, rappresentano delle importanti determinanti in grado di influire sul benessere e sul progresso di una popolazione tanto che, risulta presente in molti indicatori di qualità della vita costituite dalle varie istituzioni internazionali. Considerando il tema della qualità della vita, è opportuno considerare il concetto dello sviluppo di comunità, ovvero il processo di cambiamento che conduce ad un miglioramento della qualità della vita; esso rappresenta l’insieme di interventi che hanno come scopo quello di aumentare negli abitanti di un territorio, le capacità di cambiare. Oppure utilizzando le parole dello studioso Rothman, (1974) “lo sviluppo di comunità può essere definito come un processo che mira a creare condizioni di progresso sociale ed economico attraverso la partecipazione attiva della comunità” (10). Martini (1996), definisce lo sviluppo di comunità “un processo di cambiamento che porta ad un miglioramento della qualità della vita grazie alle capacità acquisite della comunità nel risolvere i problemi e soddisfare i propri bisogni” (11) . Secondo l’autore succitato, lo sviluppo di comunità rappresenta uno dei tre possibili tipi di intervento da lui individuati per migliorare la qualità della vita di una comunità. Lo studioso distingue tra interventi focalizzati: · sulle condizioni: non ideati e attuati dai destinatari dell’intervento e volti a modificare le condizioni di vita; · sui soggetti: diretti a potenziare e accrescere le competenze delle persone soggette a d affrontare cambiamenti ambientali; · sullo sviluppo di comunità: mirati a sviluppare negli abitanti di un territorio le capacità di cambiare le condizioni di vita in relazione ai propri bisogni. Migliorare la qualità di vita dei cittadini in un determinato territorio, significa cioè intervenire ai diversi livelli sociali in cui si generano i fattori, positivi o negativi, che la influenzano. In alcuni casi, lo sviluppo di comunità presuppone la presenza di risorse, conoscenze e capacità di leadership in grado di attuare cambiamenti con strategie cooperative tramite la ricerca del consenso. All’interno della prospettiva dello Sviluppo di Comunità assumono quindi un ruolo cruciale i processi di empowerment, cioè di sviluppo del potere dei soggetti (individuali e sociali). Il termine empowerment deriva dal verbo inglese “to empower” (“sviluppare potere”) ma è difficilmente traducibile con una unica espressione italiana poiché denota sia il processo per raggiungere un risultato sia il risultato stesso. Zimmerman (1998) individua tre concetti fondamentali che strutturano la teoria dell’empowerment (12): – il controllo, inteso come la capacità, percepita o attuale, di influenzare le decisioni; – la consapevolezza critica, cioè la comprensione del funzionamento delle strutture del potere e di come i fattori in gioco vengono influenzati e le risorse mobilitate; – la partecipazione, cioè la capacità di mettere in atto interventi nella realtà in grado di ottenere i risultati desiderati. La combinazione di questi tre fattori determinano il grado di potere, nel senso della possibilità di un soggetto (individuo, gruppo, comunità) di provocare o impedire i cambiamenti.(13) Diversi autori hanno fatto notare che la partecipazione ed il senso di responsabilità, sono strettamente dipendenti dal senso di empowerement e di esercizio di potere sperimentato dagli abitanti del territorio. Descrivere il livello di empowerment di un gruppo o di un’organizzazione significa, riferirsi primariamente alle capacità di influenzare gli ambienti in cui sono inseriti, rispetto ai problemi di cui si occupano. Un’altra caratteristica positiva è la capacità di gestire in modo efficace le proprie decisioni interne attraverso riunioni, assemblee o consigli direttivi e di influenzare con successo le decisioni pubbliche su tematiche rilevanti per gli scopi del gruppo e/o dell’associazione.

La strategia di sviluppo di comunità, muove quindi dall’assunto che il cambiamento sociale può avvenire in modo più efficace e in una direzione di maggiore libertà ed uguaglianza, se si riesce a sviluppare l’iniziativa ed il coinvolgimento dei cittadini nella definizione degli obiettivi e delle prassi di trasformazione. La partecipazione e la condivisione, per la Psicologia di Comunità, sono al contempo principi-guida e obiettivi da perseguire, risorse che permettono la realizzazione di programmi sociali. Quindi lo Psicologo di Comunità, nei suoi molteplici ruoli ( ricercatore, consulente, coordinatore, catalizzatore dello sviluppo di comunità e formatore) sia pure con diverse implicazioni ideologiche, lo Psicologo tenta di migliorare la qualità della vita, trasmettendo conoscenze e competenze che accrescono l’empowerement dei suoi utenti. La Psicologia di Comunità, nel perseguire gli obiettivi di migliorare la qualità della vita e promuovere la competenza della comunità e le capacità individuali di coping, (14) mira ad uno statuto auspicabile da sviluppare anziché ad una condizione negativa da combattere. La strategia di tale disciplina è decisamente preventiva, tesa nel possibile non solo ad evitare o ridurre la manifestazione del disagio, ma a favorire l’integrazione positiva e dinamica fra individuo e ambiente. Il concetto di prevenzione è stato approfondito nell’ambito della medicina sociale, che si pone la finalità di ridurre l’incidenza e la diffusione delle malattie nella popolazione. La strategia preventiva, in Psicologia di Comunità, si identifica dunque soprattutto con la prevenzione primaria, ma in anni recenti si preferisce sostituire al termine prevenzione il concetto di promozione, tale sostituzione viene esplicitata dalla studiosa Kickbusch << mentre l’approccio preventivo, basato sui fattori di rischio, è volto a stabilire relazioni causali tra isolati fattori e i comportamenti, l’approccio ecologico – promozionale mira a identificare patterns di interazione fra fattori personali e ambie ntali>> (15) . Questa estensione del concetto di promozione della salute, consente di superare la visione dicotomica salute/malattia e di interpretare la salute stessa come “ un processo che riflette attività e cambiamento aventi un implicito potenziale di crescita, piuttosto che come un punto di arrivo”.(16)

Dott. Alessandro Savy, sociologo

NOTE

(1 ) Metodo che favorisce, la scoperta di nuovi risultati scientifici.

(2) Kurt Zadek Lewin, Mogilno, 9 settembre 1890 – Newtonville, 12 febbraio 1947, è stato uno Psicologo tedesco, pioniere della Psicologia Sociale. Fu tra i sostenitori della psicologia della Gestalt, da cui recepì l’idea che la nostra esperienza non è costituita da un insieme di elementi puntiformi che si associano, ma da percezioni strutturate di oggetti e/o reti di relazioni, e che solo in questo campo di relazioni trovano il loro significato, e fu tra i primi ricercatori a studiare le dinamiche dei gruppi e lo sviluppo delle organizzazioni.

(3) Cfr. P. AMERIO, Fondamenti di Psicologia Sociale, il Mulino, 2007, pp. 92-93

(4) D.FRANCESCATO & G. GHIRELLI., Fondamenti di Psicologia di Comunità. La Nuova Italia Scientifica, Bologna, 1995.

(5) Cfr. D. FRANCESCATO, M. TOMAI, G. GHIRELLI, op. cit. pp. 43-44.

(6) La Psicologia della Salute, costituisce un ambito disciplinare di ricerca ed applicazioni professionali riguardante: i fattori cognitivi, affettivo – emotivi, psicosociali, comportamentali, sociali e culturali che sono all’origine dello stato di salute delle persone (salutogenesi), la promozione e il mantenimento della salute secondo una prospettiva bio – psicosociale; la prevenzione e il trattamento delle malattie e dei loro correlati psicologici; l’analisi e il miglioramento dei sistemi di tutela della salute;il contributo all’elaborazione delle politiche della salute in favore delle comunità.

(7 ) http://crc.marionegri.it/qdv/.

(8) D. FRANCESCATO & G. GHIRELLI , Fondamenti di Psicologia di Comunità, La Nuova Italia Scientifica, Bologna, 199,. p. 53 .

(9) https://www.senato.it/1025?sezione=121&articolo_numero_articolo=32.

(10) J. ROTHMAN, Three models of communityorganization practice, in F.COX, J. Erlich, J. Rothman, J. Tropman ( eds), Strategies of community organization: a book of readings, Peacock Publishers, Ithaca, illionis, 1974.

(11) E.R. MARTINI, Ricerca partecipata e sviluppo di comunità, in Arcidiacono, Gelli, Putton, 1996.

(12) E. RIPAMONTI., Sviluppo di Comunità e progettazione partecipata, articolo pubblicato sulla rivista SKILL” n.31/2006, Milano .

(13 ) Ivi

(14) Dal verbo to cope (far fronte a, reagire a), indica l’insieme delle strategie cognitive e comportamentali messe in atto per fronteggiare una situazione difficile.

(15) I. Kicbkbusch , Health promotion: backgrround paper for the study group on health promotion, Oms, Copenhagen, 1985, p. 17.

(16) ID Promozione della salute : verso una nuova salute pubblica, a cura di INGROSSO M., Dalla prevenzione della malattia alla promozione della salute, Angeli, Milano, 1987.

BIBLIOGRAFIA

AMERIO, P., Fondamenti di Psicologia Sociale, il Mulino, 2007. FRANCESCATO D. & GHIRELLI. G, Fondamenti di Psicologia di Comunità. La Nuova Italia Scientifica, Bologna, 1995 ROTHMAN,J., Three models of communityorganization practice, in F.COX, J. Erlich, J. Rothman, J. Tropman ( eds), Strategies of community organization: a book of readings, Peacock Publishers, Ithaca, illionis, 1974. MARTINI,E. R., Ricerca partecipata e sviluppo di comunità, in Arcidiacono, Gelli, Putton, 1996. RIPAMONTI. E., Sviluppo di Comunità e progettazione partecipata, articolo pubblicato sulla rivista SKILL” n.31/2006, Milano Kicbkbusch I., Health promotion: backgrround paper for the study group on health promotion, Oms, Copenhagen, 1985


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