I figli appartengono allo Stato: i genitori sono solo responsabili…

di Emilia Urso Anfuso

Quando nasce un bimbo, tra le incombenze immediate c’è quella di procedere alla registrazione presso l’anagrafe, per comunicare ufficialmente l’arrivo di un nuovo cittadino che da quel momento entra a far parte del sistema giuridico, assumendo diritti e doveri.

<<=== dott./ssa Emilia Urso Anfuso

Per ovvie ragioni i doveri scattano allo scoccare del diciottesimo anno d’età, e fino a quel momento saranno i genitori ad accollarsi ogni responsabilità sul minore. Ognuno di noi si è sentito dire durante la fanciullezza la frase: “Finché non raggiungerai la maggiore età, decido io per te”! E ricordiamo tutti come, dopo aver commesso una marachella un po’ più seria, si corresse a ricoverarci sotto l’ala protettiva di mamma e papà, responsabili di ogni nostra azione. Eppure, tra le pieghe del sistema giuridico nazionale si cela una realtà che fa inorridire e che scompone del tutto la convinzione che i figli appartengano a chi li ha procreati, perché è lo Stato che a tutti gli effetti detiene giuridicamente il possesso della prole: alla madre e al padre è concesso un mandato di responsabilità e per un periodo di 18 anni.

La conferma di quest’affermazione è data da alcuni casi di cronaca che hanno scosso gli animi di tutti noi, come quello recente di Bibbiano, in cui diversi nuclei familiari hanno subito la sottrazione degli eredi, da un giorno all’altro e per motivi risibili. Si sono sollevate molte riflessioni etiche, morali e sociali, e una tra queste è quella che impone di ragionare sull’appartenenza della discendenza. Proprio attraverso il caso della Val d’Enza possiamo comprendere meglio che abbiamo la libertà di procreare, ma a detenere i diritti è l’apparato statale che, attraverso i servizi sociali e la magistratura, può assumere l’autorità decisionale al punto da privarli alle famiglie di origine.

Può accadere perché in alcuni casi si tratta di rappresaglie tra ex coniugi, che pur di far danni giungono a segnalare casi di maltrattamenti mai avvenuti, al solo fine di ottenere l’assegnazione del “pacco regalo”: l’erede. Un caso per tutti, molto noto all’opinione pubblica, è quello che ha come protagonista Ginevra Pantasilea Amerighi, che da nove anni non vede sua figlia per aver osato denunciare i maltrattamenti subiti dall’ex marito. L’uomo è riuscito a farla passare per matta e a toglierle la potestà di genitrice. La donna continua la sua battaglia ed è arrivata a rivolgersi al presidente Mattarella. La bimba, per assurdo che possa apparire, vive col padre.

Esistono altri casi in cui è solo a causa del sistema giudiziario che si può arrivare al distacco perenne dalla propria carne, come quando la decisione di sottrarli arriva per raggiunti limiti di età.  È il caso paradossale della coppia di Casale Monferrato, Gabriella Carsano e Luigi Deambrosis, che hanno subito il distacco più crudele al mondo, perché considerati troppo avanti con gli anni per prendersene cura. Dopo un lungo percorso tra aule di tribunali e carte bollate, in cui a un certo punto sembrava di aver risolto la questione grazie a una sentenza della Cassazione che dava ragione alla coppia, si è arrivati alla definizione tombale: tolta la potestà genitoriale. La bambina è stata considerata adottabile, e chi se ne frega dei sentimenti, e persino della ricerca scientifica che ha ficcato in testa a tutti che madre si può diventare anche dopo gli anta…

Chi decide cosa e perché? Soprattutto: chi ci garantisce il garante? È una domanda complessa, perché la risposta dovrebbe arrivare dalle istituzioni ma, soprattutto, dal mondo della politica, che con sempre maggior frequenza dimentica l’aspetto umano dei cittadini, divenuti elementi inanimati su cui si ha il potere di decidere su ogni cosa, entrando di prepotenza in ogni ambito dell’esistenza, che di privato non conserva più nulla.


Lascia un commento

Anti - Spam *

Cerca

Archivio