Cyberbullismo, genitorialità ed educazione

 

Verso una cultura della collaborazione per sostituire quella della prevaricazione

GIacomo Buoncompagni 3Uno studio recente condotto da E. Copeland, professore di psichiatria e scienze comportamentali alla Duke University, ha confermato come il bullismo colpisca il funzionamento a lungo termine di una persona. La vittima di bullismo infatti, può sviluppare forti disturbi e disagi psicologici che  influenzano il suo sviluppo e  questi non scompaiono affatto con la crescita, al contrari,  si radicano nell’individuo influenzando cosi dinamiche psico-emotive, relazionali del soggetto. Gli ultimi dati del Telefono Azzurro evidenziano una forte crescita nelle scuole italiane dei casi di bullismo e cyber bullismo (oltre il 70%), una vera e propria emergenza sociale.  La maggior parte delle vittime cercano di soffocare il dolore nella violenza nel silenzio, diventano bulli a loro volta, commettendo atti di autolesionismo o scegliendo tragicamente di togliersi la vita. Perché è dunque importante contrastare il (cyber)bullismo?

Innanzitutto il bullismo fa male a coloro che lo subiscono: aumenta la solitudine, l’insicurezza e la vergogna di raccontare quella sofferenza che aumenta di giorno in giorno, inoltre fa male a coloro che lo compiono: CYBER BULLISMO 1il bullo è la prima vittima di questo processo di violenza. Si illude cosi di risolvere i problemi con la prepotenza, non mostrando mai chi è veramente, scambia la paura per rispetto e approvazione. Il bullismo fa male poi a coloro che assistono senza far niente: il gruppo è il “motore” dell’azione violenta.  Gli “spettatori” e gli “aiutanti” del bullo non sanno di avere una grande responsabilità e potere: potrebbero interrompere il circuito violento una volta per tutte, ma scelgono di adattarsi e partecipare, piuttosto che divenire a loro volta vittima. Il bullismo non è mai un’azione isolata, ma pubblica e ripetuta: ha bisogna di spazio, di pubblico, di partecipazione, di tempo, un’azione che si alimenta anche nei social, coltivando sempre più una cultura dell’odio che oltrepassa il dialogo e il confronto. Inoltre in Rete, oggi si può sfruttare la natura interattiva e pubblica dei media, crearsi nuove identità e agire per vendetta o divertimento con azione di flaming, exsclusion, cyberstalking, che raddoppiano l’effetto di  disagio e i disturbi psico-fisici sulla vittima.

Un chiaro esempio di irresponsabilità e di analfabetizzazione digitale. Come contrastare questo fenomeno? Come un genitore può intervenire? L’educazione e la media-education sono gli strumenti che possono aiutare a ridurre la violenza: diventa cosi fondamentale conoscere le dinamiche del fenomeno bullismo, sviluppare consapevolezza e competenze mediali digitali, riprendere in mano lo strumento della comunicazione e dell’ascolto. Il genitore deve “semplicemente” continuare a svolgere il suo ruolo, essere consapevole del fatto che il principale compito è quello di sostenere i propri figli. Come?.. Interessandosi al loro comportamento, anche in Rete!! Viviamo in una realtà complessa, sociale e virtuale, osservare il comportamento non verbale del proprio figlio non basta più. E’ chiaramente importante non tralasciare gli “indicatori post-violenza” tipici degli adolescenti: scarso appetito, materiale scolastico perso o rovinato, richiesta di denaro, sonno agitato ecc..in Rete oggi passano la maggior parte del loro tempo ed è li che modificano le loro abitudini, comportamenti, stabiliscono nuove relazioni.

CYBERBULLISMO 2Educare ai media, con  media e grazie ai media digitali è uno dei “nuovi compiti” del genitore 2.0.

Per prima cosa però è necessario che l’adulto conosca il mondo dei social, adotti un mirroring verbale al riguardo con il proprio figlio: adottare il suo stesso linguaggio (app, like, social..) aiuta a stabilire una comunicazione più efficace e una relazione fondata sulla fiducia. Esplorare il web insieme può essere una buona soluzione, non basta più l’applicazione di “filtri”, l’adozione di qualunque mezzo di difesa e di controllo, non si è detective privati ma genitori! Internet va considerato come uno strumento “aperto” e accessibile a tutta la famiglia , si può in questo modo parlare apertamente con i figli anche dei rischi presenti durante la navigazione, come bloccare chi ci infastidisce, non fornire dati personali e cosi via. Un altro punto è più che mai necessario sottolineare: condividere raccomandazioni per un uso più sicuro della Rete, ma soprattutto sottoscrivere insieme una “ carta delle regole di comportamento”. La studiosa e scrittrice J.B.Hofman parla di Irules per educare “figli iperconnessi”: un ritorno alle regole aiuta a sviluppare un processo che parte dal monitoraggio tecnologico che il genitore fa verso il figlio, per arrivare cosi all’automonitoraggio da parte dell’adolescente.

C’era un tempo e un momento ben preciso per giocare ai videogiochi e guardare la Tv, c’è un tempo e un momento preciso oggi anche per stare in Rete.Bisogna tornare alle regole ed è il modo migliore per vincere le sfide quotidiane: “ la trappola in cui cadono molti è la convinzione che le regole siano cambiate solo perché è cambiata la tecnologia…invece dobbiamo semplicemente applicare le stesse strategie e convinzioni anche alla dimensione tecnologica”(J.B.Hofmann).

 

Giacomo Buoncompagni

 Presidente provinciale Aiart Macerata (Associazione spettatori onlus).Laureato e diplomato con due master in comunicazione , specializzato in comunicazione pubblica e scienze socio-criminologiche. Esperto in comunicazione strategica e linguaggio non verbale. Collaboratore di Cattedra in “Sociologia della devianza“e “Comunicazione e nuovi media”presso l’Università di Macerata ,  docente di “Comunicazione e crimine “presso la Libera Università di Agugliano (AN). E’ autore del libro “Comunicazione Criminologica”(Gruppo editoriale L’Espresso,2016)                                             

 giacomo.buoncompagni@libero.it

 


Lascia un commento

Anti - Spam *

Cerca

Archivio