Antropologia alimentare nelle regole francescane

FEDERICO GIACOMINI foto tesseraSi può serenamente asserire che nei dibattiti storici e sociologici da alcuni anni a questa parte il Francescanesimo è tornato in auge, ciò lo si deve ad una sua rappresentazione popolare e da un lato anche ad una sua interpretazione e da come i vari ordini francescani si avvicinino al popolo, spesso anche alla parte più scettica del corpo sociale invitando alla riflessione per la sua umiltà ed umanità. Il Francescanesimo è oggigiorno diviso in vari ordini: i Frati Minori Conventuali (discendenti diretti del “francescanesimo delle origini”, anticamente chiamati “frati grigi” i quali adottarono l’abito nero nel periodo dell’occupazione napoleonica),  i Frati Cappuccini, i Frati Minori e le Monache Clarisse. Storicamente osservando le regole francescane emerge il fatto che vi è stato uno sviluppo della regola, scritta da San Francesco d’Assisi e inizialmente confermata senza bolla da S.S. Papa Innocenzo III nel 1221. Ciò che emerge da una lettura – che non vuol essere certamente esaustiva data la complessità dell’argomentazione – in chiave “gastronomica” della prima regola è la moderazione nel mangiare; non emerge severità e silenzio durante i pasti accompagnati da letture come avviene per i benedettini.

Moderazione e spirito di “necessarietà francescana”: “[33] E ogniqualvolta sopravvenga la necessità, sia consentito a tutti i frati, ovunque si trovino, di prendere tutti i cibi che gli uomini possono mangiare, così come il Signore dice di David, il quale mangiò i pani dell’offerta che non era permesso mangiare se non ai sacerdoti (Mc 2,27; cfr. Mt 12,4). E ricordino ciò che dice il Signore: ‘Badate a voi che non vi capiti che i vostri cuori siano aggravati dalla crapula e dall’ubriachezza e dalle preoccupazioni di questa vita e che quel giorno piombi su di voi all’improvviso, poiché cadrà come un laccio su tutti coloro che abitano sulla faccia della terra’ (Lc 21,34 e 35). Similmente, ancora, in tempo di manifesta necessità tutti i frati provvedano per le cose loro necessarie cosi come il Signore darà loro la grazia, poiché la necessità non ha legge” (Cap.IX Del chiedere l’elemosina).  Come precedentemente accennato due anni dopo S.S. Papa Onorio III approvò ufficialmente la “Regola bollata” con l’approvazione Solet annuere del 1223 (29 novembre); anche in questa seconda regola riemerge il lato della moderazione e lo spirito conviviale con cui spesso vengono identificati i Frati francescani: “[86] In qualunque casa entreranno dicano, prima di tutto: Pace a questa casa (Lc 10,5); 14 e, secondo il santo Vangelo, è loro lecito mangiare di tutti i cibi che saranno loro presentati (Lc 10,8)” (Cap.III Del Divino ufficio del digiuno e come i frati debbano andare per il mondo).Federico Giacomini foto pezzo

Nel 1289 (18 agosto) S.S. Papa Niccolò IV con la costituzione apostolica Supra montem diede corpo alla regola dei fratelli e delle sorelle dell’Ordine dei Frati della Penitenza, a mio giudizio la regola dove emergano informazioni alimentari più dettagliate ed anche se oggi non ha più valore giuridico conserva certamente un alto valore storico e spirituale per i francescani, nonché per i cultori di gastronomia storica e sociale: “Tutti si astengano dal mangiare carne il lunedì, mercoledì, venerdì e sabato, a meno che un motivo di infermità o di debolezza non consigli diversamente. Le carni siano concesse per tre giorni ai convalescenti, né si neghino a coloro che sono in viaggio. Sia pure lecito a ciascuno mangiarne quando capitasse un’importante solennità in cui per tradizione gli altri cristiani sogliono cibarsi di vivande di carne. Negli altri giorni poi, nei quali non sia da digiunare, non vengano negati uova e formaggio. Quando però si trovano nelle abitazioni conventuali, con altri religiosi, possono mangiare lecitamente di ciò che viene da essi presentato. E si accontentino dei cibi del pranzo e della cena, eccettuati i deboli, i viandanti e gli infermi. I sani facciano uso moderato del cibo e delle bevande, poiché il passo evangelico afferma: State attenti che i vostri cuori non si appesantiscano per le crapule e le ubriachezze. Il pranzo o la cena non incominci se non dopo premessa una volta l’orazione domenicale, da ripetersi dopo la consumazione di ogni pasto con il Deo gratias. Se accadrà di ometterla, si dica per tre volte il Pater noster. Osservino il digiuno ogni venerdì dell’anno, se non siano scusati per malattia o per altra legittima causa, o a meno che in quel venerdì non ricorra la festa del Natale del Signore. Ma dalla festa di Tutti i Santi fino a Pasqua digiuneranno il mercoledì e il venerdì, osservando tuttavia anche gli altri digiuni stabiliti dalla Chiesa o indetti dagli ordinari per qualche pubblico motivo. Nella quaresima di san Martino fino al giorno del Natale del Signore e dalla domenica di Quinquagesima fino a Pasqua procurino di digiunare ogni giorno, eccetto le domeniche, a meno che la malattia o altra necessità non consigli forse altrimenti”.

 

Dott. Federico Giacomini (sociologo ASI)

 

Il servizio e la foto sono stati pubblicati su Taccuini Gastrosofici.it

“Testo del PROVVEDITORE AIGS Laboratorio di studi e ricerche sulla Sociologia del cibo e dell’alimentazione Federico Giacomini. Membro dell’Associazione Sociologi Italiani e della Società per la Storia del Servizio Sociale”.

 


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