8 MARZO, LIBERIAMOLO DALLA GABBIA DEL CONSUMISMO PER UN NUOVO PROTAGONISMO DELLA DONNA

NAUSICA SBARRA 1Aspettando gli impegni dell’8 Marzo, un pensiero ricorrente ha accompagnato gran parte delle mie giornate fino a chiedermi: “Perché non liberare questa ricorrenza dalla gabbia del consumismo e dar vita ad un nuovo protagonismo delle donne?”. Da donna e da dirigente sindacale ho un sogno: una rivoluzione pacifica, magari senza l’attuale coreografia di mimose, di conviviali, di belle parole, di cultura dell’apparire che ci chiudono in un eterno presente. Oltre il nostro orizzonte esiste un mondo femminile costretto a fare i conti con le ingiustizie, le guerre, le persecuzioni, la privazione delle libertà personali, le prevaricazioni, la violenza, con mani assassine di mariti, compagni, fidanzati e familiari. L’8 Marzo non va cancellato, ma deve rimanere un punto di partenza del lungo cammino che dovrà portarci alla piena parità con l’altro sesso: in famiglia, sul lavoro, in politica, nel mondo delle professioni.  I nostri diritti di oggi sono il frutto delle lotte di donne coraggiose degli ultimi due secoli. Eroine che la storia ci ripropone come esempio da imitare, perché dal nostro impegno di oggi e da un diverso protagonismo dipenderà il futuro delle donne di domani.mimose Il mondo è cambiato e il progresso tecnico-scientifico ha provocato una mutazione antropologica che ha condizionato il nostro modo di vivere alla mediazione dei mezzi di comunicazione (senza dubbio di grande utilità per l’uomo) che aggregano solo nel momento in cui una qualsiasi new appare sul display dei nostri tablet, dei nostri telefonini, sui monitor dei nostri PC che è destinata ad essere   cancellata da un successivo post, da un nuovo cinguettio.  Un bombardamento mediatico che inaridisce i nostri sentimenti, sfilaccia le nostre radici, ovatta le nostre coscienze e cancella antichi valori che hanno per secoli tenuto unite intere comunità. Manca oggi un protagonismo spontaneo e le emozioni e lo sdegno durano poco, anche quando siamo difronte allo spettacolo di un barcone di migranti che cola a picco nel Mediterraneo e alla disperazione di una mamma che vede annegare il figlioletto di pochi anni. E quel dolore straziante la convince che sua vita non ha più senso e preferisce raggiungere il figlio negli abissi del mare Nostrum, diventato un grande cimitero.

ANI La società occidentale, con il suo benessere e la sua cultura, cosa fa per queste donne che lasciano la famiglia e la terra natia in cerca di nuove occasioni di vita e di lavoro? Le respinge, le prende in “ostaggio” assieme ai loro figli adolescenti.  Dimenticando che i diritti della donna sono universali: non hanno limitazioni geografiche, etniche, culturali, religiose.  Anche per questo dobbiamo ricercare nuove forme di protagonismo che vanno al di là dell’annuale momento celebrativo.Il ritorno alla piazza come antidoto all’affievolimento dei nostri sentimenti e dei nostri valori ci aiuterebbe a capire meglio il dramma di tante donne che il sistema neoliberista ha ridotto in scarti. Di scarti umani sono piene anche le discariche sociali della mia Calabria: quanti non hanno avuto mai un lavoro, oppure che lo hanno perso, donne ostaggio di forme di precariato, braccianti strette nella morsa dello sfruttamento di imprenditori e del caporalato.Donne che forse non hanno mai vissuto l’emozione dell’8 Marzo, sentito l’odore delle mimose, e magari guardano a questa ricorrenza con distacco. Sono loro l’esercito di riserva di questa rivoluzione pacifica: una nuova forza che aiuti l’intera società a capire quanto sia difficile essere donna oggi, soprattutto nel Mezzogiorno.Un Sud ridotto in povertà fin dall’Unità d’Italia: artefici gli egoismi del Nord, poi proseguiti durante il periodo dei gloriosi trenta del Novecento e che, in prospettiva rischia di diventare terra da terzo mondo, soprattutto se l’autonomia differenziata dovesse andare in porto.  E la donna dell’ultima grande macro area d’ Europa, in termini di qualità della vita, di sviluppo socio-economico e occupazionale, quotidianamente lotta per difendere i diritti acquisiti e invoca l’intervento di soggetti pubblici e privati per eliminare il gap con le loro colleghe di altre regioni, soprattutto del centronord dove si è spostata l’attenzione della politica nazionale e dell’attuale compagine governativa.

Il neonazionalismo italiano, il populismo, la frammentazione politica e il prevalere di partiti regionalizzati hanno spostato l’attenzione sul Nord del Paese dimenticando la secolare Questione Meridionale e il contributo degli abitanti di questa grande area allo sviluppo economico del Settentrione. Per questo le donne del Mezzogiorno – in particolare della Calabria – dovranno farsi promotrici di un vademecum di proposte da sottoporre al governo nazionale e alle singole regioni ai quali spetta il compito dal varo di un piano organico sui bisogni dei territori che non vanno svincolati da quelle delle donne.Senza l’aiuto determinante di Stato e Regioni il nostro impegno non riuscirà ad eliminare i tanti mali sociali che affliggono i territori in ritardo di sviluppo. Il disimpegno delle istituzioni nazionali e locali rende meno efficace anche la lotta delle donne contro ogni forma di violenza: contro la criminalità organizzata, il femminicidio, le molestie sui luoghi di lavoro, il razzismo, lo sfruttamento. NON UNA IN MENO

Non si può non essere indignate quando un ministro dell’attuale Governo propone la riapertura delle case di tolleranza. La legge Merlin fu  un’importante conquista non solo del mondo femminile ma dell’intero paese uscito dalla dittatura la cui ideologia ha contribuito al rafforzamento della società maschilista. Quella legge degli anni Cinquanta del ‘900 sancì la sconfitta di una cultura arcaica, l’abolizione della schiavitù tollerata con la complicità dello Stato. Il nostro è un no alle nostalgie del passato e siamo pronte a sfidare le organizzazioni che gestiscono la tratta delle schiave del sesso. Ai neo nazionalisti italiani ricordiamo che la prostituzione “non potrà mai assurgere al rango di lavoro”.In Italia c’è una grande disparità di genere: un gender gap che supera il 40% e riguarda, tra l’altro, i redditi annui, i salari, gli stipendi, le carriere, la politica.Sulla parità di genere in politica, faccio un esempio: le donne Calabresi si battono da tempo per ottenere la metà dei posti nelle liste per l’elezione del Consiglio regionale. Una proposta di legge, presentata all’inizio dell’attuale legislatura (si torna a votare a novembre) ha subito brusche frenate e ostruzionismi. E dopo tante vicissitudini, il prossimo 11 marzo la proposta è uno dei punti all’ordine del giorno dell’Assemblea legislativa calabrese.LOGO COORDINAMENTO DONNE CISL

Non solo l’8 Marzo ma tutti i giorni abbiamo l’obbligo di non dimenticare i diritti riconosciuti alle donne del Nord e quelli negati al mondo femminile del Mezzogiorno. Qui la mancanza di infrastrutture familiari, in particolare gli asili nido, impedisce alla donna di conciliare i tempi di lavoro con quelli della famiglia al punto da costringerla a rinunciare alla carriera e, spesso al posto di lavoro. Non meno grave   è la situazione sanitaria, per l’aumento o l’introduzione di nuovi ticket e le lunghe liste d’attesa, la cronica carenza infrastrutturale, che obbliga molte donne di famiglie monoreddito e di disoccupati a non curarsi anche di fronte all’insorgenza di gravi patologie.

Nella società degli egoismi chi non ha soldi muore, in barba ai diritti sanciti dalla Costituzione repubblicana.Nelle farmacie periferiche non sono poche le donne, anche per le cure dei familiari, che richiedono medicinali a credito perché le specialità richiesta non rientrano nell’assistenza del servizio sanitario nazionale.  Sembra essere tornati al primo dopoguerra, quando   il bottegaio segnava sulla “libretta” il debito giornaliero contratto dalle massaie per l’acquisto del pane e di altre cibarie di prima necessità.

Molti altri pensieri hanno messo a dura prova i neuroni di una donna impegnata nel sindacato che oggi, per questione di tempo non elenca.  Ma che ha deciso di farli rientrare d’imperio nelle nostre rivendicazioni future.Se la condizione della donna migliora migliorerà tutta la società: aumenteranno i diritti collettivi ed allora molti problemi del postmoderno e del postindustriale si avvieranno a soluzione con il mondo che diventerà più equo, solidale e soprattutto più umano.Ecco perché noi donne dobbiamo diventare artefici di un nuovo protagonismo e- come detto- di una rivoluzione pacifica perché sono queste le armi più efficaci per raggiungere una vera e duratura parità di genere.

Nausica Sbarra

* Coordinamento regionale donna Cisl Calabria

 

 

 

 

 

 

 


Lascia un commento

Anti - Spam *

Cerca

Archivio