La violenza di genere e la sua piramide, la sociologia indaga!

di Sofia Pulizzi *

In molti si sono espressi sul ruolo della donna nel passato e di come si sia evoluto nel presente, in molti si sono espressi anche sulle violenze consumate su quest’ultima, a tal proposito, secondo i report della polizia, i femminicidi nel 2021 risultano essere 118, tra cui 70 per mano del partner o dell’ex. 

 <<== S.Pulizzi                                                                                                                                                                   

Ricordiamo che anche il 2022 è stato un anno segnato dai femminicidi, purtroppo si parla di 120 donne uccise, dato in leggero  aumento rispetto agli anni precedenti (nel 2019 ce ne sono state novantasei e nel 2020 centodue); inoltre nonostante sia appena iniziato da solo un mese, il 2023 ha visto già 5 vittime.  Oggi mettiamo da parte le statistiche e invece di soffermarci sui femminicidi in senso stretto, che rappresentano l’apice della violenza, è bene approfondire da dove nasce quest’ultima, come sorge in un uomo il pensiero di poter arrivare a togliere la vita a una donna, che sia una compagna, la propria madre, la sorella o un’amica.

Queste notizie, già nel momento in cui le ascoltiamo in tv o le leggiamo sui giornali, capiamo ci siano arrivate troppo tardi, in quanto sono ormai irrimediabili, non si può tornare indietro, una vita è stata spezzata e non possiamo più far nulla per impedirlo, ciò che possiamo cambiare in via precauzionale però, è la visione della donna dalla prospettiva maschile, il modo di rapportarsi ad essa.    Prima dell’escalation della violenza che porta al femminicidio, il quale rappresenta l’apice della violenza di genere, alla base della piramide si trovano tante altre variabili disfunzionali che vanno combattute.        

  E’ bene analizzare questa “piramide” virtuale, partendo proprio dalla base, dove troviamo un linguaggio e una comunicazione nei confronti della donna offensiva, sono comprese tutte quelle battute sessiste, omofobiche, trans fobiche e la visione della donna oggetto.  Salendo la piramide, vi è l’idea di incanalare la donna nei ruoli tradizionali, le discriminazioni sul lavoro e i rigidi stereotipi di genere, salendo ancora troviamo le minacce, l’abuso verbale e le molestie, tutto ciò prepara il campo per l’abuso fisico, emotivo o finanziario, per arrivare poi alla violenza sessuale e in fine all’omicidio.    Sono in molti, quelli che ancora non hanno compreso le varie forme di violenza ma che si soffermano solamente su quella fisica, sulle azioni violente, in realtà le donne possono essere vittimizzate sotto più aspetti della propria vita.

                                  Le varie forme di violenza

La violenza femminile si manifesta in vari modi, andiamo ad analizzarla:

La violenza fisica sicuramente è quella che salta maggiormente all’occhio, comprende calci, pugni, schiaffi, bruciature, spinte, una tipologia di violenza che viene presa maggiormente in considerazione e anche quella che ci sconvolge di più poiché rispetto alle altre, lascia segni più evidenti, come lividi, ematomi, cicatrici, proprio per questo ha un impatto visivo più forte su dinoi. Ciò su cui è importante focalizzarsi però e ciò che troppo spesso passa anche in secondo piano, risulta essere la violenza psicologica, che può risultare come qualcosa di futile, inutile o meno grave rispetto ad altre forme di violenza, ma in realtà è la forma più subdola, concerne qualsiasi comportamento volto a ledere l’identità e il rispetto della persona, avviene solitamente tramite l’uso di un linguaggio denigratorio formato da appellativi ed epiteti volti a svalutare il più possibile la donna.  La comunicazione verbale e in più un linguaggio del corpo coerente con quello che diciamo può arrivare a penetrare dentro il nostro interlocutore provocando un malessere non indifferente nei confronti delle donne, tutto parte da qui.

Questo è il caso in cui molti uomini prima di arrivare alla violenza tentano in tutti i modi di distruggere psicologicamente le donne che si rendono conto di non poter controllare, perciò procedono facendole sentire sbagliate, dando loro epiteti sgradevoli come definirle delle poco di buono, degli esseri inutili e cercando in tutti i modi di isolarle; purtroppo determinate parole o frasi perpetuate per un lungo periodo di tempo possono avere un effetto deleterio nella mente di una persona, possono devastare l’autostima di una donna e soprattutto perché sentendole pronunciare così spesso determinate parole, quello che accade è che molte volte anche le donne possono convincersi di non valere e di ciò che il loro aguzzino le dice, arrivando a dubitare di loro stesse, cercando di cambiare per compiacere quell’uomo che le richiama “all’ordine”.   Un’altra forma di violenza poco indagata e conosciuta riguarda quella economica/finanziaria, in questo caso ci riferiamo al fatto che l’uomo debba avere il controllo e monitoraggio del comportamento di una donna con cui intrattiene rapporti affettivi, in termini di uso e distribuzione del denaro, con la costante minaccia di negare risorse economiche, esponendola a debiti, o ancora impedendole di avere un lavoro e un’entrata finanziaria personale al fine di limitare la sua indipendenza economica e personale.                                                                                                                                                                             

Le donne vittime che la subiscono faticano a riconoscerla come vera e propria violenza, a causa di comportamenti che ancora risultano essere culturalmente giustificati, normalizzati e accettati, in particolare quando la vittima è una donna e risulta essere parte di un retaggio culturale il fatto che sia l’uomo a detenere il controllo economico. Degli esempi concreti e lampanti di questa forma di violenza sono: la gestione esclusiva sul conto corrente bancario cointestato,riconosce al partner un compenso periodico rispetto al quale la vittima è tenuta a fornire rendiconti dettagliati delle spese o ancora, negare ad una donna di disporre di una propria carta di credito o bancomat.

                                                                                                                                             La violenza religiosa invece, su cui ci si concentra davvero raramente, consiste nell’impedire alle donne di esprimere la loro religione, di pregare o di frequentare il luogo di culto, questo accade magari all’interno di matrimoni in cui i coniugi appartengono a due orientamenti religiosi diversi.  Presente, tra le violenze che una donna può subire, è anche la pratica dello stalking, si tratta di una serie di comportamenti persecutori ripetuti e intrusivi, come minacce, pedinamenti, molestie, telefonate, messaggi o attenzioni indesiderate, tenuti da una persona nei confronti della propria vittima.  Questo comportamento mina la libertà della donna che lo sta subendo, in quanto per via dello stato di paura in cui si trova a vivere decide di isolarsi sempre di più, arrivando ad avere il timore anche di uscire di casa, di andare a lavoro, diminuisce al minimo le uscite con amici e parenti, questo la porta inevitabilmente ad all’allontanarsi dall’ambiente sociale e rimanere sola, cosa che in realtà risulta essere l’obiettivo dello stalker.  Anche se tutto ciò dovesse terminare nel migliore dei modi quindi con una tutela della donna, allontanando il suo aguzzino, la figura femminile si troverebbe in uno stato di disturbo post-traumatico da stress perché continua ad avere incubi, ansia, attacchi di panico, insonnia,  visioni, vive in un continuo stato di paura dato dal luogo periodo in cui è stata sottoposta allo stress del suo stalker.

                                  Il ciclo della violenza

Dall’esterno non si riesce a comprendere  come una donna possa rimanere intrappolata in una relazione violenta, molte persone se lo chiedono e le risposte sono molteplici; come abbiamo descritto pocanzi, a volte si rimane insieme ai loro aguzzini anche per bisogni economici, essendo l’uomo il gestore del loro denaro, ma in realtà perché si innesca un circolo vizioso dalla quale è difficile uscire, in letteratura è definito il “ciclo della violenza”, che vede l’alternarsi di tre fasi principali, le quali si susseguono con intervalli sempre più brevi. Inizialmente, l’uomo corteggia la donna, la riempie di attenzioni, gesti amorevoli, si tratta del cosiddetto love bombing, ovvero la messa in atto di comportamenti affettuosi volti a coinvolgere emotivamente per indottrinare, o rendere dipendenti, le persone che si vogliono legare a sé. Questa strategia è molto diffusa si può riscontrare alla base soprattutto anche nei soggetti narcisisti.  Passato questo periodo iniziale di idillio, inizia la prima fase di questo ciclo, in cui si instaura un clima di tensione e l’uomo inizia a mostrarsi per quello che è, manifestando un atteggiamento scontroso, iniziano i litigi, inizia il comportamento passivo-aggressivo, i silenzi punitivi dell’uomo, iniziano le umiliazioni e il controllo.   La seconda fase del ciclo prevede l’attacco, in cui ha luogo l’escalation della violenza e delle urla, lo stimolo che provoca l’attacco violento è generalmente casuale ma quasi sempre riconducibile a qualche comportamento che viene interpretato dall’uomo come segno di autonomia psicologica della vittima, il timore è quello di perdere il controllo sulla donna e l’attacco è un modo per riconquistare il pieno controllo della situazione.                                                                                                                                                                   

Successivamente entra in gioco la terza fase, la cosiddetta “luna di miele” caratterizzata dal fatto che il partner di sesso maschile, per paura dell’abbandono, cerca di riconquistare la fiducia della vittima attuando un comportamento premuroso e dolce, lascia perciò spazio a  comportamenti di riparazione, seduzione e alle scuse, possono essere presenti anche le minacce di suicidio per scaturire sensi di colpa nei confronti della donna e farsi perdonare, può essere presente inoltre anche lo scarico della responsabilità: spesso si attribuisce la causa della perdita di controllo e quindi di aver usato violenza fisica, psicologica o altre tipologie, a motivi esterni come ad esempio il lavoro, una difficoltà economica, oppure al comportamento stesso della donna. Questa fase è soprannominata lune di miele appunto perché il partner violento cerca di far andare tutto bene proprio come quando si parte per un vero e proprio viaggio di nozze, spesso diventa di nuovo agli occhi della donna l’uomo di cui si è innamorata, mostrandosi desideroso di salvare la relazione. Si tratta di una vera e propria tregua per la donna, in cui si ricomincia a vivere più tranquillamente.     Questo tuttavia è un periodo destinato finire, perchè una volta riavuto il controllo della partner, l’uomo tornerà ad assumere di nuovo comportamenti disfunzionali sulla vittima, innescando una nuova fase di tensione e iniziando di nuovo il ciclo. Con il tempo, inoltre, le fasi del ciclo si susseguiranno  sempre più velocemente, intensamente e frequentemente

Il ciclo della violenza contempla quindi una continua alternanza di atteggiamenti ostili e violenti con atteggiamenti opposti di cura e affetto; ed è esattamente questa alternanza a rappresentare la prigione da cui può diventare difficile liberarsi: poiché lo stesso uomo procura tanto male tanto quanto il bene che le fa, e questi momenti di tranquillità danno alla donna la forza e la speranza che andrà sempre meglio, perciò invece di troncare una relazione pericolosa, può decidere di dare un’altra opportunità all’uomo, impegnandosi lei stessa per migliorare la situazione. Questo impegno da parte delle donne diventa spesso un rinunciare alle proprie libertà, sottomettersi, fare tutto affinché lui non sia mai scontento, sacrificare spazi personali, restare zitta quando avrebbe invece da ridire, accettare di vivere in una relazione non alla pari. E’ importante prestare attenzioni a tutti i segnali, in particolari i più banali, quelli che minimizziamo in realtà sono proprio quegli indizi, da cui parte tutto; perciò se troppo spesso il linguaggio verbale che ci viene rivolto da parte di un uomo è denigratorio, sessista, aggressivo, denunciare è il primo passo affinché la violenza di genere non i ripercuota per sempre nella nostra vita e sfoci in veri e propri omicidi . Nessuna donna merita di vedere la sua vita nelle mani di un uomo che gliela sta rovinando, anche le parole malvagie vanno denunciate, non solo i gesti, anche il linguaggio è un’arma. L’atteggiamento che può sembrare più banale molto spesso è quello che lascia nel proprio inconscio i segni più dolorosi che una donna si porterà per il resto della vita.

                    Pregiudizi e stereotipi femminili

Della figura femminile, fin dagli antipodi viene criticata qualsiasi cosa, poiché ci si aspetti che queste corrispondano all’ideale di genere ormai consolidato; viene messo in discussione l’abbigliamento di una donna, il suo modo di rapportarsi agli uomini, il suo lavoro o il lavoro che non ha, questo e tanto altro, a livello psicologico per una donna è dura subire tutto questo, perché mente le ferite fisiche si rimarginano il nostro cervello immagazzina tutto e questo senso di svalutazione continuerà ad attanagliare le donne per tutta la vita.  Le nostre azioni sono figlie dei nostri pensieri, se crediamo che qualcosa o qualcuno non valga attueremo dei comportamenti che metteranno in luce quanto per alcuni uomini le donne siano solamente le loro schiave, o l’oggetto di abuso del potere che si sono auto attribuiti.   Molto spesso le donne faticano ad uscire da questa situazione anche se non sta loro bene per via della scarsa fiducia e scarso appoggio che viene dato dalle istituzioni, non sentendosi abbastanza protette e supportate. In molti casi di stalking, quando le donne denunciano, ad esempio i pedinamenti subiti o le numerose chiamate telefoniche e minacce, veniva loro detto “raccolga maggiori prove, queste non sono sufficienti” come se le donne oltre a essere vittime debbano anche fare le investigatrici o improvvisarsi agenti di polizia degli stessi reati che subiscono, comprendiamo a questo punto che secondo la loro visione diventi scoraggiante tutto questo, è scoraggiante vedere ogni azione minimizzata, vedere ogni prova essere non sufficiente.  Se le istituzioni bloccassero sul nascere tutto questo, il linguaggio, “le battute” , se si prendessero provvedimenti più seri per l’abuso verbale e tutte le altre forme, alla stessa stregua dell’abuso fisico, probabilmente molte donne si sentirebbero più tutelate e protette.                                                                                                                                                                                        

Anche perché in questo modo le vittime subiscono oltre alla vittimizzazione primaria quindi quella causata dal loro aguzzino, anche una vittimizzazione secondaria, dalle istituzioni, dagli agenti di polizia, dai media, da chi non le ascolta e supporta. Ricordiamoci che tutto nasce dalla base della piramide quindi è necessario rieducare ad una cultura di rispetto e sensibilizzazione nei confronti delle donne.  Sottolineiamo che è  importante per le donne vittime della spirale della violenza psicologica, fisica e non solo, capire che non sono sole, ma che hanno la possibilità di essere accompagnate, ascoltate e sostenute in un percorso di liberazione accedendo al supporto di uno psicologo online, ma anche all’aiuto psicologico, legale e informativo dei centri antiviolenza. 

* Dott.ssa Sofia Pulizzi – sociologa e criminologa


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