Il Terzo Settore, l’attività del volontariato in Italia viene valorizzata?

Immagine1 Francesca SantostefanoInnanzitutto per terzo settore, o meglio per intendere, con enti del terzo settore ci si riferisce ad un complesso di organizzazioni collocati all’interno del circuito economico e sociale, posti tra lo Stato e il libero mercato, i quali hanno una determinata funzione nel contesto attuale. Gli enti del terzo settore (in questa esplicitazione li definiremo propriamente “ETS”) sono iscritti al registro Unico Nazionale e assumono la qualifica di : associazioni (riconosciute e non), fondazioni, comitati, organizzazioni di volontariato (ODV), società  di mutuo soccorso, ONLUS, ONG, imprese sociali, cooperative sociale o miste (A e B) e parzialmente gli enti religiosi. Si parla di Enti non profit per indicare queste organizzazioni le quali operano esclusivamente per fini solidaristici senza alcun scopo di lucro o per trarre meramente del profitto in termini monetari, dunque producono beni e servizi per il soddisfacimento esclusivo dei bisogni individuali. Infatti con il termine “not for profit” si designa l’accezione per cui non traggono alcun profitto, tuttavia con tale affermazione non si esclude che tali attività non siano in grado di produrre flussi reddituali. Le caratteristiche principali di tali enti si possono così riassumere:

° Forte autonomia e libertà nelle decisioni da prendere (a livello strategico e aziendale);

° Sono enti caratterizzati dal carattere privatistico e dunque non dipendono dallo Stato;

° Godono di una costituzione formale in quanto l’organizzazione del non profit viene vista come istituzione e dunque sono istituzionalmente costituiti ai sensi di regolamenti statuali, dotati di uno statuto e di norme legislative.

° Caratteristica portante l’assenza/distribuzione del profitto per cui l’equilibrio economico rappresenta un vincolo per garantire la sopravvivenza dell’ente attraverso i contributi erogati dai membri interni.

Attualmente, nel nostro Paese da un punto di vista quantitativo nel 2017 le istituzioni non profit erano all’incirca “350.492”, il “2,1%” in più rispetto al 2016 con bel oltre “844.775” dipendenti, inoltre risulta che tali enti siano in rapida ascesa nel Mezzogiorno della Penisola, (forumterzosettore.it). Tuttavia la cultura del terzo settore in Italia è fortemente declassata dall’ideologia prevalente per cui lo Stato debba fornire servizi ai più bisognosi ed attuare tutele in ambiti ritenuti socialmente insicuri nella sfera privata. Tale ideologia è stata portante durante la liberalizzazione dello Stato sociale (o Welfare State) per cui lo Stato era erogatore di servizi, istituzioni sociali e sanitarie volti alle categorie protette della società, ma con la crisi Statuale e del Capitalismo moderno degli anni ’80, lo Stato non ha fornito più garanzie in merito ai servizi per cui tali enti hanno preso il sopravvento.

A chi sono rivolti questi servizi? Ovviamente alle fasce più deboli del contesto sociale, anziani, bambini, donne vittime di violenza, emarginati sociali, homeless, tossicodipendenti ed ancora immigrati e altre minoranze culturali o sociali che si trovano alle prese con una difficile integrazione nel nostro Paese. Le organizzazioni non governative (ONG, 16 Dicembre 1987, n. 49) detta la disciplina della cooperazione italiana con i paesi in via di sviluppo, o ancora le Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS, 4 Dicembre 1997 n. 460) le quali operano per fini meramente solidarismi nel campo dell’assistenza alle donne, bambini vittime di qualsiasi violenza o discriminazione. Tali enti in Italia sono screditati poiché prevale ancora la tipica mentalità statuale per cui un dipendente di qualsiasi succitato ente non avrebbe una retribuzione certa e sicura come gliela fornirebbe una mansione statale, mentre da un punto di vista sempre culturale nel continente Americano vi è un surplus poiché si parla del cosiddetto “Quarto settore” ossia del “volontariato retribuito” anche bene, dunque si svolge un lavoro per cause solidali da un lato e dall’altro si riceve un’equa retribuzione al pari di altre mansioni esistenti sul mercato del lavoro.

L’ipotesi di base è stata quella di fornire un’occupazione ai giovani o una seconda occupazione nel mentre del loro percorso scolastico nel campo dell’assistenza alle fasce più bisognosi, assumendo tratti di veri e propri imprenditori nel settore, tratti manageriali e responsabilizzazione in tal senso. Inoltre si parla di “Fund Raising” o “marketing sociale” ossia “il fund raising non è la scienza della raccolta dei fondi ma è la scienza della sostenibilità finanziaria di una causa sociale. Esso è un mezzo e non un fine” (H.A.Rosso, 1991), s indica l’azione di raccogliere fondi per mantenere o finanziare un qualche progetto o causa con finalità sociali (fonte wikipedia) o di sociale business plan , un marketing che mira al finanziamento dei progetti lanciati dagli enti terzo settore, pratica in disuso nel nostro Paese.

In Italia infatti le ODV (Organizzazione di volontariato, 11 Agosto 1991, n.266) sono organizzazione senza fini lucrativi che operano con finalità meramente filantropiche ed agiscono in molti settori e da molte ricerche si evince che stanno assumendo connotazioni di lavori manageriali non retribuiti; il volontario opera all’interno delle aziende, non ha obiettivi prefissati ma è la forte empatia che lo porta ad intraprendere questo percorso anche se nella nostra realtà sono molti i fattori discordanti sul volontariato quali la mancanza di un coordinatore prestabilito dei volontari per suggerire loro quali possano essere gli obiettivi da raggiungere, l’elevato turnover e gli orari non stabiliti da superiori ma dal volontario stesso , all’interno di un team lavorativo potrebbero provocare conflitti di interessi tra i dipendenti retribuiti e i volontari per cui urge una normativa in tal senso, riferita all’esempio americano, per mantenere un equilibrio aziendale al fine di cooperare ed al fine di giungere agli obiettivi prefissati dall’ente per una migliore performance aziendale.

Dott.ssa  Francesca  Santostefano -Sociologa


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