IL RITORNO DEL LEVIATANO E LA CRISI DEL MOVIMENTO PACIFISTA

di Antonio Latella

La guerra non è una fiction. Papa Francesco la definisce la “mistica della distruzione”. Sì, distruzione, morte che non risparmia nessuno: bambini, donne, anziani e tanti altri esseri umani costretti a subire le forme mistiche dell’autocrazia. <<== Antonio Latella –

La fine della “guerra fredda”, la caduta del muro di Berlino, il tramonto delle ideologie, la dissoluzione dell’Urss avevano fatto credere all’Europa di aver sconfitto il leviatano del Secolo breve.  Ma nella sua metamorfosi, il mostro biblico – che Thomas Hobbes utilizzò per indicare il sovrano che esercitava il potere assoluto – ha assunto le sembianze del cavallo di Troia traendo in inganno politici, governi, associazionismo, movimenti pacifisti e semplici cittadini.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, con intere città rase al suolo, sembra non interessarci più di tanto, nonostante le immagini drammatiche e inumane entrino quotidianamente nelle nostre case attraverso la televisione.

La guerra, rispetto ad analoghi episodi del passato, non ha registrato il protagonismo del movimento pacifista. Difficile individuarne le motivazioni a meno che non si voglia parlare di crisi esistenziale. Qualcuno assumendo la difesa potrebbe attribuire la colpa ai social, cosa che in parte è possibile. Ma la mancata presenza nelle piazze dei giovani e degli studenti, sempre pronti alla protesta quando si tratta di imperialismo americano, solleva più di un dubbio.  Forse siamo alle prese con una sorta di “conversione” di massa per redimerci dai vecchi rancori ideologici, abiurare allo stile di vita occidentale e ricostruire così un nuovo modello di società.

E tra nostalgici e nuovi proseliti, sempre alle prese con contraddizioni e distinguo a prescindere, l’Ue continua a correre il serio rischio di profonde lacerazioni tra gli Stati che la compongono. A ciò si aggiunge il cerchiobottismo Usa, che condensiamo nel disegno teso all’allargamento del G7.

E come se non bastasse, alcuni politici nostrani di vecchia militanza si affidano alla retorica pur di guadagnare consensi. Cosa che la Premier Giorgia Meloni continua a non accettare, stoppando ogni tentativo di polemica prima che diventi virale sui social. Le nostre perplessità poggiano sul dato oggettivo che in guerra chi  muore da una parte e dall’altra  sono esseri umani: giovani in prevalenza.

Il nostro pianeta attualmente è alle prese con una cinquantina di conflitti armati – non tutti riconducibili ai disegni delle potenze globali – a cui si aggiungono i demoni della paura che minacciano l’utilizzo delle armi atomiche. Per i tanti teatri bellici sparsi in quasi tutti continenti, ma anche per i crimini di guerra (recenti e passati), non mancano i quotidiani appelli del Pontefice alla pace: carichi di preoccupazione per gli effetti umanitari e i danni collaterali che– come non si stanca di ripetere Papa Bergoglio – causa questa “terza guerra mondiale a pezzetti”.

Agli appelli di pace e del cessate il fuoco, soprattutto in Ucraina, fa da contraltare l’impotenza dell’ONU, ostaggio del “diritto di veto” da parte di uno dei 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia). Al punto da dimostrare l’inutilità di una organizzazione incapace di difendere il mondo e di garantirne gli equilibri. La sua impotenza è pari a quella della vecchia Società delle Nazioni.

Anche se in “sonno” il leviatano non ha mai smesso di essere l’ispiratore dell’imperialismo che spesso, col mendace proposito della difesa della democrazia, si macchia di crimini che nessuno mai riuscirà a sanzionare. Mostrare i muscoli per destabilizzare è sempre presente nella logica geopolitica di Stati Uniti, Russia e Cina.

Gli Stati, intanto, corrono verso un riarmo senza precedenti dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale: l’industria bellica lavora a pieno regime e i governi continuano a stanziare tante di quelle risorse finanziarie che potrebbero essere utilizzate contro la fame nel mondo e per avviare quella bonifica ambientale del nostro pianeta, il cui stato di salute è giunto al punto di non ritorno.

Dietro ogni guerra ci sono grandi interessi: prima per distruggere, dopo per ricostruire, gestire le risorse naturali, energetiche innanzitutto. Interessi che hanno ben poco a che fare con la difesa della democrazia: il più delle volte sono riconducibili alla logica del capitalisismo finanziario (che utilizza il “braccio armato” della globalizzazione per accumulare grandi risorse che solo in minima percentuale vengono redistribuite a beneficio di territori e cittadini), molto più vorace e inumano delle variazioni storiche assunte dalla rivoluzione industriale al fordismo.

 E se in passato i corpi intermedi, in particolare il sindacato, rappresentavano un argine a difesa dei lavoratori e la politica, bene o male, riusciva a mediare sulle scelte in materia di lavoro e occupazione, oggi il capitale sceglie aree vergini sparse per il mondo, con bassi salari, senza sindacalizzazione, senza tutele sociali. Tutto questo fa aumentare le diseguaglianze, le povertà, gli egoismi che ne trae vantaggio quel 10% della popolazione mondiale che detiene circa l’80% della ricchezza complessiva.

Torniamo al massacro della popolazione ucraina. Le scene di distruzione e di morte che giornalmente i media introducono nelle  nostre abitazioni non  sbloccano i colloqui di pace da parte delle diplomazie che si sono assunte tale difficile campito. Nessun passo in avanti, nemmeno dopo la devastazione causata da un missile di una tonnellata sganciato da un aereo russo che ha distrutto un insediamento abitativo a Dnipro.

E mentre aerei e navi russe sarebbero state dotate di armi nucleari, non possiamo restare passivi in attesa della paventata fine del mondo, ma abbiamo il dovere di reagire e condannare: ognuno per la funzione sociale che svolge. A volte la storia si ripete e lo fa improvvisamente e a nostra insaputa.

Antonio Latella – giornalista, sociologo e presidente dei sociologi ASI


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