IL DIFETTO DEL NAZIONALISMO E L’OPERA DELL’INCLUSIONE SOCIALE

di Domenico Stragapede

<<La vita nazionale è, per sé, il complesso operante di tutti quei valori di civiltà, che sono propri e caratteristici di un determinato gruppo, della cui spirituale unità costituiscono come il vincolo>>(Pio XII, Dal Messaggio natalizio del 1954).

Dott, Domenico Stragapede ==>>

Nell’individuare l’errore nel fenomeno analizzato, l’<<ingroup bias>>, bisogna capire che il gruppo nel creare tale dimensione, tende a categorizzare ogni elemento fuori dal proprio spazio di valutazione, in difesa delle credenze e valori contrastanti con il Sé collettivo, affermando automaticamente un processo percettivo di conflitto sociale, per il quale aggredisce il prossimo.

La base del paradigma è rinvenibile nel sistema di conservazione delle informazioni a  cui il fattore della cultura sociale marca la condizione e la frequenza del marcatore stabilità, contrapposto al fattore adeguamento.

In virtù dell’ampio livello di coesione nel principio negativo della stagnazione nazionale, chiusa nella conservazione del valore tradizionale, si promuoverà l’esclusione della diversità, affermando l’identità aggressiva, portando la costituzione del sistema  stigmatico, ossia tutti coloro i quali non sono parte del processo ambientale e dispositivo del sistema di cognizione sociale, e di conseguenza minimizzati, ad essere minoranza etnica.

La difficoltà nell’elaborare la novità di una realtà globale e multiculturale, risulta una condizione reale, proprio perché gli individui o una interra popolazione attraverso un processo euristico di ancoraggio e accomodamento delle informazioni fanno fatica a cambiare, o meglio adeguare il principio sociale del percepire diversi fattori della comunità in cui si radica la propria cultura. Di conseguenza si ribella in forma aggressiva affermando il suo essere “unità”, discriminando la devianza sociale attraverso l’esclusione e la denigrazione, creando a sua volta un effetto ad onda, in cui il fattore auto percettivo si afferma nell’“outgroup”, quale consapevolezza dell’essere un pericolo e un ostacolo al mantenimento dello status quo.

L’inclusione nella sua accezione nominale, crea il piano dispositivo in cui i diversi schemi afferenti al gruppo, rompe la condizione percettiva della diversità ingroup vs outgroup. Attraverso una ridefinizione dei criteri di  interdipendenza e la condivisione di uno scopo comune, la società accresce il valore e la credenza della cooperazione e condivisione inclusiva che esaurisce lo stereotipo del muro pregiudiziale del nazionalismo esclusivo.


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