TRAFFICANTI DI MENZOGNE. COS’E’ SUCCESSO AD AMANTEA NEI TRE GIORNI DI PROTESTA?

di Sonia Angelisi

foto pubblicata dal quotidiano Gazzetta del Sud

Quanto è accaduto in questi ultimi giorni ad Amantea, lascia spazio  a molte riflessioni che meritano attenzione. Troppo superficialmente è stata liquidata come “razzista” una protesta popolare che affondava le sue radici non soltanto in un malumore diffuso, ma anche  in un senso di incertezza che ha fatto sorgere una serie di interrogativi.

Amantea, uno dei maggiori centri turistici e commerciali della costa, si è vista piombare improvvisamente addosso la decisione di sistemare 13 persone positive al Covid-19 in una struttura di accoglienza per immigrati in pieno centro città, struttura sulla quale già si nutrivano da tempo forti dubbi sulla idoneità. La decisione calata dall’alto su un comune commissariato, ha provocato una reazione da parte di alcuni cittadini, i quali pretendevano risposte congrue e documentate.

Le domande si sono delineate nel corso dei tre giorni di protesta, giorni in cui la cittadinanza ha avuto la possibilità di incontrare i tre commissari prefettizi a guida della città e un funzionario dell’ASP di Cosenza. Dall’incontro non sono arrivati i responsi che i cittadini si aspettavano, anzi sono stati alimentati dei dubbi, avallati anche dalle testimonianze di alcuni sindaci dei paesi limitrofi, i quali sostenevano di essere a conoscenza, già dalla sera stessa del trasferimento dei migranti, della positività degli stessi al Coronavirus.

L’incertezza, quindi, era l’unica costante di fronte alla quale i cittadini potevano misurarsi. L’esigenza di avere riscontri attendibili aumentava sempre più.

dott./ssa Sonia Angelisi == >>

I dubbi dei cittadini in protesta si sono, dunque, concentrati attorno a tre questioni:

  1. La richiesta di documentazione attestante l’idoneità dello stabile.
  2. La richiesta di trasferimento dei 13 positivi in una struttura idonea possibilmente non in centro città, data l’inopportunità di creare una mini-zona rossa in una città a forte vocazione turistica.
  3. L’accesso agli atti pubblici relativi al trasferimento delle 13 persone.

Tuttavia, la percezione globale che l’Italia ha avuto in merito alla protesta, non ha avuto riscontro con la realtà dei fatti. Perché? Sicuramente il fatto che la manifestazione non fosse organizzata ma nata “di pancia”, è stata una delle cause principali. A questo aggiungiamo: l’errore di  non aver saputo individuare dei portavoce in grado di esporre con chiarezza quanto i cittadini chiedevano, e la spettacolarizzazione mediatica emersa nei servizi giornalistici in cui si è dato probabilmente troppo spazio alle (per fortuna) rare derive razziste da cui una moltitudine ordinata e rispettosa prendeva le distanze. Tutto ciò, non ha fatto altro che creare confusione e distorcere le ragioni sottese alla protesta.

In molti, da lontano, esterni alla protesta, non interessati realmente a dialogare per comprendere, hanno liquidato come razzista e fomentata dalla paura una protesta che, invece, voleva razionalizzarsi, alimentando in questo modo un traffico di menzogne su un tema che meritava dignità e serietà di trattazione.

DOVE CI TROVIAMO? CONTESTUALIZZIAMO LA PROTESTA

Bauman sostiene che ci troviamo  nella società della prestazione ovvero quella società della prestazione individuale, imperniata sulla cultura individualista in cui o stai a galla o affondi. La vita quotidiana precaria costringe l’individuo a tenersi costantemente pronto, seguendo parametri (reddito stabile, impiego fisso, ecc) ormai impossibili e non garantiti da una forma di governo non più legittimato da una promessa di protezione e sicurezza. In sostanza, i poteri se ne lavano le mani del dover rendere la vita vivibile (Bauman, 2016), le incertezze della vita umana vengono privatizzate e la responsabilità di affrontarle vengono caricate sulle esili spalle del singolo. Di fatto “individualizzazione” è un altro modo per definire l’insistenza da parte dei poteri costituiti di “subappaltare” a ciascun individuo il compito di affrontare i problemi  che scaturiscono dall’incertezza. Gli individui, in sostanza, si trovano a dover trovare soluzioni individuali a problemi creati dalla società. Gli esseri umani sono abbandonati alle loro sole risorse. Questo accade quando abbiamo un sistema amministrativo e politico che funziona; questo è ciò che accade nella sua versione peggiore quando abbiamo un paese abbandonato a se stesso.

COSA ACCADE? PAURA O SENSO DI RESPONSABIITA’?

Alla globalizzazione del potere (cioè la capacità di far fare), non è corrisposta una globalizzazione politica (cioè la capacità di decidere cosa fare). Questo significa che la sovranità territoriale delle entità politiche superstiti è completamente erosa. La conseguenza di ciò, è che una comunicazione col potere è sempre più remota. Impossibile.

  Da questa situazione di abbandono e incertezza, nasce la paura cosmica. La paura cosmica è stata usata in passato dalla religione per annullare la persona e la sua coscienza. Si trasforma secondo  Bauman in  paura ufficializzata quando questa diventa funzionale agli interessi dei poteri costituiti: il potere genera una situazione di pericolo, che a sua volta genera paura, al fine di raggiungere i propri obiettivi. Può accadere in un contesto del genere, che la folla ansiosa si raduni attorno al cosiddetto “Uomo o Donna forte”, ovvero colui o colei che possa rendere di nuovo sicuri i cittadini. Chi si appella al concetto di paura, deve avere ben chiaro che la protesta di Amantea non si è affatto basato su una paura di questo tipo. Se c’è una cosa che i manifestanti di Amantea hanno fatto, è stato proprio di non essere funzionale agli interessi costituiti; non sono state appoggiate le decisioni prese dall’alto, non per paura di confrontarsi con l’Alterità (d’altronde Amantea da anni accoglie migranti e si dimostra solidale e inclusiva), quanto perché travolti da un senso di incertezza che ci ha richiamati ad un senso di responsabilità: chi avrebbe vigilato sul rispetto della quarantena dei 13 individui se già durante il lockdown non si era stati in grado di rispettarla? Qual era il quadro clinico dei 13 contagiati? Perché era stata scelta proprio quella struttura dove già erano presenti altri immigrati, decidendo di mettere altri 13 positivi al Covid-19  e 6 casi di scabbia? Domande legittime, frutto di disorientamento e rabbia verso chi non ha tenuto conto delle istanze di un tessuto sociale che, a fatica, sta cercando di ricomporre i propri pezzi.

Non è stata una insofferenza alle differenze, ma una intolleranza all’oscurantismo.

È vero, anche Amantea, come tutto il mondo, è vittima di un processo di securitizzazione, ma ciò non significa che la protesta del 12 luglio non possa essere l’anno zero di una nuova consapevolezza. Anzi, mi auguro che lo sia date le criticità che affliggono Amantea e che meritano soluzioni immediate ed adeguate. La securitizzazione consiste nel dirottare l’ansia di problemi che i governi non sanno e non vogliono risolvere (per esempio: protezione contro l’umiliazione sociale, posti di lavoro di qualità, aumento dell’occupazione, garanzia alla salute), verso problemi su cui gli stessi governi si mostrano intenti a lavorare alacremente  (per esempio, la lotta al terrorismo). Con la securitizzazione i governi non hanno interesse a placare le ansie del cittadino, al contrario le gonfiano di inquietudine, facendo in modo che il cittadino si aggrappi dove ci sono maggiori occasioni di visibilità per il politico di turno. È un trucco da prestigiatori: creo la paura e te la faccio sparire, lasciandola sempre lì.

Pur in balìa delle contraddizioni del nostro tempo, una parte di Amantea, quella che ha manifestato, seppur crocifissa dai suoi stessi concittadini, si è rifiutata di partecipare al Carnevale Morale della solidarietà ad opera dei “disfattisti moralizzatori”, come lo definisce Bauman, ovvero quella esternazione di effimere esplosioni di solidarietà in cui comunque si continua a vivere ponendo una separazione netta tra “noi” e “loro”, negando la morale in quanto tale, al servizio della contrapposizione sociale e politica.

Cosa significa, invece, essere morali? Significa conoscere la differenza tra il bene e il male, distinguerli per sapere cosa stiamo compiendo e per riconoscere le nostre responsabilità.

La responsabilità morale della protesta amanteana era sapere quanto ci fosse di bene e male nel trasferimento dei migranti da e per Amantea. Del resto, le principali accuse sono piovute proprio sul responsabile dello stabile in cui alloggiavano i migranti, stabile per cui è emerso che l’ASL DI AMANTEA NON NE HA MAI VALUTATO POSITIVAMENTE L’IDONEITA’. Si capisce bene che il tema precipuo della protesta non era affatto l’immigrazione in sè, ma ben altro. Fosse stato comunicato l’arrivo di 13 turisti positivi nella cittadina tirrenica, sono certa che gli albergatori e i cittadini tutti non se ne sarebbero rallegrati e avrebbero reagito allo stesso modo.

Il trasferimento dei 13 positivi ad opera della Ministra Lamorgese, ha probabilmente confermato le perplessità espresse durante la protesta. Allo stesso tempo, i manifestanti non accolgono affatto la notizia con entusiasmo. NON E’ UNA VITTORIA, MA UN FALLIMENTO DEL SISTEMA! Resta lo sgomento e la delusione di aver dovuto constatare la situazione di abbandono in cui versa la città: città bellissima, ricca di potenzialità, risorse umane e paesaggistiche e, allo stesso tempo, bistrattata, umiliata e saccheggiata, nonchè asservita a una mentalità clientelare, quella pesante catena invisibile che la tiene imprigionata da tantissimo, troppo tempo.

<<==Ministro Interno Luciana Lamorgese

Sonia Angelisi – sociologa


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