“A Bruxelles abbiamo ottenuto più soldi di altri perché ci ritroviamo col maggior debito d’Europa”

Tre domande a… Giorgio Benvenuto.

<<= di Patrizio Paolinelli

L’ultimo Consiglio europeo si è concluso con un accordo che molti hanno definito storico. Anche lei la pensa così?

Preferirei che la storia venisse scomodata quando avremo visto i risultati. Intanto registro che il dibattito pubblico seguito all’accordo di Bruxelles è stato assai povero. Sia da parte dei partiti di maggioranza e di opposizione sia dal sistema dell’informazione.

Per questo nessuno ha notato che l’Europa ha attuato l’indicazione data da Mario Draghi all’inizio della crisi: ossia, aumentare il debito. A parte ciò, se proprio si vuole segnare uno spartiacque fra ieri e oggi direi che va cercato nel ribaltamento della linea di politica economica dell’Europa. Una linea passata dalla fredda austerità contabile a una politica di solidarietà che affronta la crisi senza tagliare. Guardi, se le risorse fossero state divise in proporzione all’andamento dei Pil l’Italia avrebbe ottenuto molti meno fondi. Invece l’Unione ha deciso di investire laddove i problemi economici sono maggiori. E parlo di problemi strutturali non direttamente correlati con la pandemia in corso. La quale semmai li ha fatti emergere in tutta la loro drammaticità. Mi sembra che dopo l’accordo raggiunto a Bruxelles si siano fatti dei passi in avanti verso l’integrazione europea. Certo, resta ancora molta strada da fare. Basti pensare ai temi del lavoro, del fisco e della politica estera. Però, a differenza di quanto è accaduto con la Grecia anni fa, il metodo di intervento dell’Europa è radicalmente cambiato e Paesi in difficoltà come il nostro o la Spagna ne beneficiano. Però attenzione: la svolta dell’Europa c’è stata, adesso tocca a noi svoltare. Intendo dire che le risorse ottenute devono essere utilizzare per tornare alla pari con gli altri partner del continente.

Restiamo sul tema. Vede delle novità nel modo con cui si è raggiunto l’accordo a Bruxelles?

Direi proprio di sì. La prima novità è che in questa operazione di rilancio dell’economia continentale si è rafforzato il potere della Commissione. La quale, a differenza del Consiglio europeo, è uno strumento assai più agile perché le decisioni che assume non necessitano dell’unanimità, non devono passare attraverso la discussione dei singoli parlamenti e perché fa prevalere i valori europei su quelli nazionali.

C’è poi un secondo elemento che credo sia importante sottolineare. Una parte delle risorse assegnate ai vari Paesi sono a fondo perduto. Bene, se dunque si mettono in comune i debiti inevitabilmente si creano le condizioni per realizzare una maggiore omogeneità fiscale e l’Europa può iniziare ad avere entrate proprie senza essere completamente soggetta ai contributi vengono inviati dai singoli Paesi così come è accaduto fino a oggi.

Una terza novità mi sembra costituita dal ruolo delle donne. Mi riferisco a Angela Merkel, Ursula von der Leyen e Christine Lagarde. Nella gestione dell’ultimo Consiglio europeo e più in generale della crisi provocata dalla pandemia hanno proceduto in sintonia e con determinazione. Se la settima scorsa l’Europa ha fatto un passo in avanti lo dobbiamo anche e soprattutto a queste tre donne.  

Al Consiglio europeo l’Italia ha strappato la maggior quota di fondi, ben 209 miliardi di euro. Siamo stati particolarmente bravi nel trattare?

Guardi, le capacità negoziali di Conte non c’entrano niente. I fondi destinati all’Italia sono il risultato di una scelta precisa da parte dell’Europa: ridurre le distanze economiche tra i Paesi dell’Unione. Noi abbiamo ottenuto più soldi di altri perché ci ritroviamo il debito pubblico più alto d’Europa. Detto in parole povere: siamo stati aiutati di più perché siamo messi peggio di tutti. Negli ultimi vent’anni la crescita media dell’Italia è stata dello 0,2 per cento. Ciò significa che da una generazione siamo in stagnazione se non in decrescita. Oggi abbiamo un’occasione irripetibile per uscire da questa fase e non possiamo permetterci di sprecarla. Pertanto dobbiamo impegnarci affinché la crescita del Pil sia superiore al tasso di interesse medio sul debito pubblico. Allora che fare con questi benedetti 209 miliardi? Mi auguro non vengano distribuiti a pioggia, ma investiti al fine di generare ricchezza, di favorire la il passaggio del nostro Paese dalla stagnazione allo sviluppo. Tenendo presente che la Commissione vigilerà su come ogni singolo Paese spenderà le risorse che gli sono state assegnate credo che noi dovremmo investire con decisione nella transizione ecologica e in quella tecnologica. Oltretutto come ben sappiamo la maggior parte dei fondi che abbiamo ottenuto sono prestiti che andranno restituiti, seppur in tempi lunghi e con tassi agevolati. Ma in ogni caso per restituirli il Pil deve aumentare. Purtroppo anziché fare progetti e piani di investimento condivisi con le parti sociali il governo ha costituito l’ennesima task-force che fornirà delle idee a metà ottobre. Ancora una volta si sceglie di non scegliere.

https://www.jobsnews.it/2020/07/patrizio-paolinelli-tre-domande-a-giorgio-benvenuto-a-bruxelles-ottenuti-piu-soldi-di-altri-perche-ci-ritroviamo-col-debito-pubblico-piu-alto-deuropa/


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