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Sentirsi invisibili. Storie di vita:indagine qualitativa sulla disabilità ai tempi del Covid

Indagine qualitativa sulla disabilità ai tempi del Covid. Dell’Associazione Sociologi Italiani e di Cittadinanzattiva Campania

L’epidemia Covid-19, tuttora in atto, è certamente uno degli eventi più impattanti che hanno segnato gli ultimi mesi. Il confinamento sociale ha modificato i ritmi e le abitudini quotidiane, le modalità relazionali, i pensieri e le emozioni. La decelerazione sociale , come direbbe il sociologo tedesco Hartmut Rosa, ha impattato sul singolo e sulle famiglie soprattutto su quelle più vulnerabili. Il mondo esterno è stato accessibile solo attraverso i dispositivi digitali che ci hanno consentito di mantenere vive le nostre attività e le nostre relazioni.

La digitalizzazione della realtà quotidiana ha interessato anche il mondo dell’istruzione e il sistema educativo impattando in maniera piuttosto pesante su alcun categorie più vulnerabili in particolare i malati cronici e rari e i minori disabili.

<< == dott./ssa Daniela Petrone

Da questa consapevolezza nasce questo lavoro che ha voluto  recuperare i vissuti, le emozioni, le storie di vita che si sono verificate durante il periodo di quarantena e che sostanzialmente si perdono nelle analisi quantitative che sono state svolte fino ad oggi, poiché ci si è focalizzati principalmente sui numeri, rischiando di dare meno importanza al vissuto umano e personale delle famiglie con bambini e ragazzi con difficoltà, che hanno impattato con una nuova realtà a cui non eravamo preparati.

Qual è stato, dunque, l’impatto di queste misure restrittive inaspettate?

Cos’ha rappresentato la quarantena per i minori disabili?

E per le loro famiglie?

dott.ssa Maria Libera Falzarano ===>>

Dai racconti delle famiglie intervistate emerge chiaramente che ad essere maggiormente coinvolte sono le mamme che si sono fatte carico di tutte le problematiche. Si sono ritrovate a gestire le attività del figlio, da quelle scolastiche a quelle quotidiane, in gran parte dei casi senza alcun tipo di supporto esterno. Molte famiglie si sono sentite sole, abbandonate. Nella maggior parte dei casi le famiglie non sono state supportate dai professionisti che avevano in carico i propri figli, nel mantenere la routine quotidiana importante per i minori con disabilità. La situazione è stata ancor più di difficile gestione laddove vivono persone con patologie croniche o rare con risvolti ancor più critici quando i disabili sono minori.

Ma anche una maggiore consapevolezza del ruolo genitoriale.

La quarantena ha anche aiutato i genitori ad una maggiore e nuova consapevolezza del loro ruolo. Un agire positivo in una situazione difficile che ha rafforzato i legami familiari. Per molti è migliorata la relazione con i propri figli. La possibilità di dedicare loro maggiore tempo ha consentito di fare cose che in tempi normali non erano possibili e di avere una maggiore consapevolezza non solo dei limiti ma anche delle risorse dei propri figli.

E la Dad?  Quali conseguenze ha avuto per le famiglie appartenenti alle fasce più fragili?

<< === dott. Lorenzo Latella

L’impatto dell’epidemia e il conseguente lockdown in ambito scolastico ed educativo è stato piuttosto pesante soprattutto per le categorie più fragili. Le abitudini di molte famiglie sono cambiate profondamente, con un impatto inevitabile sul vissuto emotivo di tutti i loro componenti. Le scuole hanno chiuso ed hanno dovuto reinventarsi un nuovo modo di fare didattica che, sebbene in alcuni contesti sia stata innovativa, ha acuito enormemente le disuguaglianze sociali ed educative lasciando soli ed escluse intere categorie di vulnerabili come i malati rari e i disabili. Un modo di fare didattica che si è rivelato, nella maggior parte dei casi, fallimentare ed inadeguato a soddisfare le esigenze formative soprattutto degli alunni disabili per i quali, oltre alle strategie didattiche personalizzate sono indispensabili la vicinanza delle figure di riferimento quali insegnanti di sostegno ed educatori.

La socialità ai tempi del Covid

Come recentemente ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: Oggi il mondo della scuola, a causa delle restrizioni protettive messe in atto per far fronte al rischio di contagio da Covid-19, fatica particolarmente a mantenere integra la sua peculiarità di luogo dell’arricchimento della vita socio-relazionale in seno alla dimensione formativa. L’impossibilità della didattica on-line di potere garantire dimensioni quali la relazione e la socializzazione, lo scambio di idee ed emozioni, la condivisioni di rituali tipici di una giornata scolastica, quali il suono della campanella che scandisce gli intervalli temporali, il momento della ricreazione, l’uscita dai cancelli etc., che sanciscono veri e propri momenti di condivisione e che fondano la didattica classica all’interno degli istituti scolastici, arricchendo i vissuti e contribuendo alla crescita dei giovani ed al loro senso di appartenenza comunitaria” .

La didattica a distanza ha impoverito la socialità e l’interazione, il mancato contatto sociale ha accentuato le problematiche comportamentali ed emotive, ha azzerato la componente emozionale fondamentale nel rapporto educativo e nel processo di apprendimento. La situazione è certamente più critica per gli alunni con disabilità, per i quali la relazione e il contatto sono fondamentali per il processo di crescita e per favorire l’inclusione.      

E l’ambito sanitario?

La pandemia di Covid -19 ha profondamente modificato l’organizzazione dei singoli Servizi Sanitari Regionali che hanno dovuto, in molti casi, fare in conti con criticità già esistenti e che sono diventate ancora più profonde, sottoponendo l’intero sistema ad uno stress mai registrato prima e per il quale il Paese Italia non era adeguatamente preparato. Si è registrata una diffusa difficoltà di mantenimento dei piani terapeutici, soprattutto rispetto alla riabilitazione e l’assenza, in una prima fase, della possibilità di DPC (Distribuzione Per Conto) ha causato uno stop nel processo di erogazione dei farmaci a somministrazione ospedaliera. Anche in questo caso a farne le spese sono stati in particolare i pazienti cronici, rari e disabili. All’interno di queste categorie è stato particolarmente problematico il rapporto tra pazienti minori disabili e servizio sanitario. L’indagine qualitativa condotta ci ha permesso di entrare nel vissuto delle famiglie che vivono quotidianamente, oltre il Covid, situazioni di fragilità che necessitano un impegno individuale e familiare profondo tale da modificare, spesso, l’assetto delle comuni relazioni sociali.

Particolarmente rilevanti sono i racconti sulla difficoltà di accedere alle opportunità della Dad. Gli studenti con disabilità hanno sofferto maggiormente il distanziamento sociale e le modalità di insegnamento telematico perché queste non sono state pensate e costruite tenendo conto delle particolari necessità nel percorso di apprendimento. Le limitazioni di relazioni sociali hanno, inoltre, impattato fortemente sulla sfera emotiva dei soggetti fragili, scaricando tutto l’onere della gestione alle famiglie e in particolar modo sulle mamme.

La sfida alla quale ci sta sottoponendo l’emergenza pandemica è ampia e complessa e necessita di soluzioni altrettanto strutturate, in grado di dare risposte di sistema alle domande di salute, di educazione e sostegno sociale che arrivano dalle famiglie dei soggetti fragili.È questo l’obiettivo al quale dobbiamo tendere. Se affronteremo organicamente le sfide che il Covid ci sta ponendo e saremo in grado di modernizzare tutta la nostra società allora avremo alla fine vinto anche la sfida delle opportunità che le crisi portano con sé.

La ricerca è stata curata da:

Daniela Petrone – Sociologa Dirigente Associazione Sociologi Italiani (ASI)

Maria Libera Falzarano Sociologa – Presidente Deputazione Asi Campania

Lorenzo Latella – Segretario Regionale di Cittadinanzattiva Campania e sociologo ASI


RESILIENTI O INCOSCIENTI? LA VITA DEGLI ADOLESCENTI AI TEMPI DELLA PANDEMIA

di Maria Libera Falzarano e Daniela Petrone

COVID -19 PERCEZIONE ED EMOZIONI DEGLI ADOLESCENTI

L’adolescenza è una fase evolutiva delicata caratterizzata da cambiamenti fisici e psicologici. È l’età, per antonomasia, dell’instabilità ma anche dell’esplorazione, delle esperienze e della socialità.  Le misure restrittive hanno, di fatto, repentinamente interrotto la quotidianità racchiudendola in una bolla sospesa. Il confinamento obbligato ha modificato, all’improvviso, molti aspetti della vita rendendo necessaria una riorganizzazione della routine e quindi di una nuova quotidianità in una dimensione di tempo enormemente dilatata. Per gli adolescenti, il lockdown, i cambiamenti improvvisi, la necessità di distanziamento sociale, potrebbero avere un forte impatto sul loro benessere psicologico. La nostra indagine ha voluto indagare la quotidianità degli adolescenti, come la quarantena ha cambiato il modo di gestire il tempo, il loro vissuto emotivo e la socialità.

I ragazzi hanno dimostrato di essere resilienti e di avere un grande senso di responsabilità.

Una rilevante evidenza è la capacità di adattamento e di resilienza degli adolescenti che è emersa dall’indagine. Sono stati capaci di adeguarsi alla situazione con coscienza e serietà. Certo non mancano le preoccupazioni verso il futuro che vedono molto incerto, o il timore del contagio o la perdita di persone care, ma hanno dimostrato di essere capaci di reinventare una quotidianità, di far emergere risorse inattese che hanno consentito loro di affrontare, in maniera positiva, il periodo di quarantena. Sono stati capaci di fronteggiare una situazione totalmente inedita.

COME SONO CAMBIATE LE ABITUDINI?

Abbiamo dovuto reiventarci la giornata in un tempo dilatato e meno strutturato. I ragazzi riscoprono i valori tradizionali, lo stare insieme, il dialogo con i genitori, recuperano spazi affettivi e un’ intimità familiare dimenticata. Significativi sono i dati emersi, che dimostrano  un rafforzamento dei legami familiari e  una maggiore condivisione del tempo.

Si  recuperano modi semplici di stare insieme , dal guardare un film  ai giochi di società , ma è anche l’occasione per  dedicare maggiore tempo ad attività creative  come dipingere o scrivere racconti , oppure imparare a cucinare o fare giardinaggio .Ma è emerso con preponderanza  una  maggiore coesione, “comunicatività”  e il piacere di stare insieme  a dimostrazione dell’importanza della  dimensione fondante della famiglia.

FEDE E RELIGIONE: UN MUTAMENTO DI SCENARIO?

Un dato significativo, anche se con un valore percentuale basso, ma che invita ad una riflessione è sicuramente la partecipazione agli eventi religiosi.  Il rapporto dei giovani con la religione è un universo ancora inesplorato. Ma al tempo della pandemia, caratterizzato da paura e incertezze, forse il sentimento religioso, il bisogno di preghiera, una ricerca di spiritualità deriva dal bisogno di avere punti di riferimento solidi. Forse anche la straordinaria semplicità e umiltà del Papa, la sua prossimità alle sofferenze, significativa in questo momento difficile, ha inciso nella ricerca di una spiritualità anche tra i giovanissimi.

E LA SOCIALITÀ?

Il bisogno di vicinanza, una pausa all’isolamento, il bisogno di aggregazione hanno costruito una nuova socialità con la partecipazione ai flashmob o ad aperitivi via skype o gruppi virtuali. Anche tra gli adolescenti il dato è significativo con il 71,09% e dimostra quanto sia importante la condivisione per sentirsi meno soli e come la rete sia uno strumento per manenere le relazioni.

FAKE NEWS: NO GRAZIE

L’indagine ha esplorato anche l’interesse dei giovani adolescenti all’informazione. Il riscontro dei dati è incoraggiante perché evidenzia un bisogno informativo dei ragazzi e, seppur il web continua ad essere una risorsa significativa anche per il reperimento delle informazioni, tenendo anche conto di quanto emerso dall’indagine stessa ovvero di una maggiore fruizione delle notizie attraverso web e una minore fruizione dello schermo televisivo, emerge un interesse rilevante all’informazione attraverso la fruizione dei telegiornali. Prevale la necessità di una corretta informazione e i canali ufficiali e i telegiornali sono quelli ritenuti più affidabili. Vi è una ricerca ragionata dell’informazione corretta.

UN RISULTATO INATTESO

L’essere catapultati in una situazione inconsueta  ha avuto il pregio di far riscoprire la forza dei legami familiari, ri-costruire il rapporto genitori/figli e il piacere di condividere il tempo. La famiglia e le relazioni diventano di nuovo la priorità dei giovani.

Il report definitivo ricerca adolescenti può essere visionato scaricandolo dal download che troverete sotto il titolo.

Maria Libera Falzarano e Daniela Petrone: Presidente e Dirigente della Deputazione Campania dell’ASI – Associazione Sociologi Italiani.


CORONAVIRUS, ITALIANI FIDUCIOSI NELLA SCIENZA E NEL GOVERNO PER LA RIPRESA, MA NON PER MOLTO. DONNE PROTAGONISTE

Minore fiducia nelle Regioni e nessuna nella UE, disposti ad utilizzare le APP per il tracciamento dei positivi. Al Sud si ritorna a fare pasta e pane in casa.

Questo il primo risultato del questionario proposto dall’ASI, Associazione Sociologi Italiani, Deputazione Calabria, in merito ai “Comportamenti sociali durante l’emergenza coronavirus”. Un questionario per valutare l’eventuale cambiamento delle abitudini e stili di vita; eventuali mutamenti nella percezione che ogni intervistato ha di sé stesso; eventuale incongruenza cognitiva a cui si va ad aggiungere una valutazione della fiducia che gli stessi intervistati pongono nelle relazioni sociali e nel sistema sociale. Questa breve anticipazione dei risultati ottenuti precede la vera e propria analisi sociologica che verrà fornita a breve. Il questionario, strutturato con modalità di risposta chiusa e pre-codificata, è stato sottoposto alla popolazione tramite facebook, mediante modulo google drive, e al quale hanno risposto, spontaneamente, esattamente 1160 cittadini, da tutte le regioni d’Italia. Un campione oltremodo soddisfacente, con un intervallo di confidenza del 95% e una variazione in più o in meno (errore massimo tollerabile) inferiore al 3,0% rispetto al valore stimato, che ne garantisce la rappresentatività.

cartogramma distribuzione delle risposte sul territorio nazionale

DATI SOCIO-DEMOGRAFICI:

Al riscontro pratico si è verificato che il range estremo della popolazione, i minorenni da 14 a 18 anni e i grandi anziani, oltre 80 anni, hanno risposto molto poco o per niente, ma è notorio che le stesse fasce della popolazione non usano molto facebook, soprattutto gli ultraottantenni e le fasce più giovani potrebbero essere anche poco interessate al fenomeno. Questo sarà possibile verificarlo con l’altro questionario ASI, del Laboratorio Cassiopea di Benevento[1], che viene diffuso in questi giorni. È stata ottenuta una maggiore concentrazione di risposte nelle regioni dove l’ASI ha potuto attivare la propria rete: la metà delle risposte (54%) è arrivato dalla Calabria, regione da cui è partita l’indagine, ma un significativo numero di risposte è arrivato anche dalla Campania (19%), Lombardia (8%) e poi via via le altre con numeri meno significativi: Emilia Romagna, Lazio e Basilicata (3%), Veneto, Puglia, Sicilia, Toscana e Piemonte (2%). Preponderante la partecipazione femminile, ben più del doppio di quella maschile (72% vs 28%), è da ritenere dunque che le donne si sentano più coinvolte dall’emergenza, soprattutto in funzione della protezione dei loro figli, visto che dall’indagine emerge che sono proprio loro (50%) a passare il tempo preferibilmente con i figli, mentre gli uomini solo il 18%. Altresì, è storicamente vero che è la donna ad assumersi doveri e sobbarcarsi responsabilità nei momenti di enorme difficoltà, ad attingere ad energie smisurate e capacità di sacrificio senza riscontro: durante le guerre assumono un ruolo fondamentale nella gestione familiare e così nei casi di crisi familiare dovuti alla perdita di lavoro da parte dell’uomo, in casi di malattie e difficoltà economiche molti gruppi familiari sopravvivono in funzione proprio del doppio lavoro femminile. In questo senso potrebbero essere interpretati anche i dati di questa ricerca Più interessate le fasce scolarizzate, 61% di laureati e solo il 5% con licenza media ed elementare, ma che potrebbero essere anche persone che non dispongono di pc o collegamento ad Internet.

NESSUNA CATASTROFE IN ATTO


Per quanto concerne gli obiettivi veri e propri della ricerca si può affermare che, a quasi trenta giorni (il questionario è stato chiuso il 3 aprile) dall’inizio del lockdown, non si registrano segnali preoccupanti di depressione o atteggiamenti apatici, né assolutamente si può parlare, ad oggi, di conseguenze catastrofiche che possono sfociare in anomia e ansia collettiva. Sicuramente siamo dinanzi ad uno sconvolgimento della vita quotidiana, ma al momento non si scorgono segnali di allarmismo sociale. Per tale motivo sarebbe importante riproporre il medesimo questionario più in là nel tempo, magari tra un mese.

Milano -Piazza Duomo deserta

ITALIANI FIDUCIOSI

Passato quasi un mese dal lockdown i rispondenti sono apparentemente tranquilli (33%) e rappresentativi di una comunità fiduciosa (89%) che crede nella possibilità che l’emergenza possa essere superata.

Ciò viene confermato anche da altre risposte che esprimono fiducia nei confronti del sistema: nel governo, con un 81% di giudizio favorevole (tra molto e abbastanza) e (61%) nelle misure adottate per le famiglie; negli scienziati (97%) che sono quelli che devono sconfiggere il virus; nella protezione civile (94%); nelle forze dell’ordine (92%) e nella sanità (88%). Giudizi più negativi per le Regioni, (34%) di giudizio sfavorevole e catastrofici per l’UE, con il 73% di giudizio sfavorevole. Ma la fiducia viene espressa anche indirettamente dai rapporti familiari, rimasti invariati nel 71% dei casi e addirittura migliorati nel 23%; c’è fiducia di riprendere le proprie attività, tant’è che il 45% dei rispondenti continua a lavorare e ad esplicare attività che sottintendono un interesse per qualcosa che va portato a termine e l’altra metà svolge e anela ad attività ludiche che presuppongono una serenità d’animo e fiducia nella vita e nella prospettiva di una vita migliore. I rispondenti continuano a prendersi cura di se stessi, quanto e più di prima nel 54% dei casi. Nonostante l’emergenza e questo stato di incertezza sul futuro, continuano a strutturare la propria giornata secondo una ben delineata sequenza (31%) denotando forti motivazioni per quello che il futuro potrà riservare, sia dal punto di vista lavorativo, dello studio, ed anche della funzione rilassante delle attività ludiche. C’è poi la maggioranza, 66%, che organizza la propria giornata in base alle necessità che, nel 60% dei casi, sono necessità lavorative o di studio o lavori di casa, quindi seppur apparentemente non organizzate in modo sistematico delineano un atteggiamento proattivo.

Istogramma fiducia nel sistema

CURIOSITA’

Tra queste possiamo evidenziare che avendo gli italiani case abbastanza grandi (nel 50% dei casi oltre i 100mq) possono tranquillamente adottare, per evitare il contagio, anche il distanziamento sociale in casa. C’è fiducia addirittura nei sistemi tecnologici precedentemente ritenuti come molto invasivi per le proprie libertà, come le APP per il tracciamento dei positivi, ma in questo caso tollerati dal 70% delle persone, così come viene confermata la tendenza all’uso di media interattivi come internet ed i social, a tutto discapito di radio e giornali cartacei. Tiene ancora bene la tv. A tal riguardo, se il 50% della popolazione interpellata ritiene di essere soddisfatta dell’attività informativa, bisogna evidenziare che c’è anche un 41% che ritiene di non riuscire ad orientarsi sufficientemente bene e addirittura un 8% che si sente confuso. Inoltre il 45% rispondenti ha ripreso l’abitudine a fare la pasta, il pane ed i dolci in casa, anche se sembra essere un’abitudine più meridionale (90%).

Riscoperta la vecchia tradizione a fare in casa il pane, i dolci e la pasta

ISTINTO DI SOPRAVVIVENZA

Animale sociale, Aristotelico o no, l’individuo ha dimostrato storicamente di riuscire ad adattarsi alle più svariate situazioni, sfruttando non solo l’istinto di sopravvivenza ma anche la cooperazione. Non siamo dinanzi pertanto a una caduta di interesse, maggiormente espresso proprio nel rifiuto delle attività di svago e quindi esemplificativo di una condizione psicologica compromessa. Non si riscontrano effetti destabilizzanti sulla struttura e sulla vita sociale della comunità.  Non si riscontrano segnali di incongruenza cognitiva, tant’è che l’86% degli italiani riesce ancora a rendersi conto di che giorno è. Anche l’identità di luogo, ossia gli stati d’animo espressi dal vivere un ambiente piuttosto che un altro, fotografano italiani che, preferendo frequentare il soggiorno (42%), la cucina (25%) e lo studio (15%), sono più predisposti alla convivialità, dinamicità e volitività.

PAURA PER IL CONTAGIO E MAL SOPPPORTAZIONE DELLE RESTRIZIONI

Certo che se da un lato viene espressa poca preoccupazione, dall’altra, (27%), la popolazione è stressata dal fatto di dover forzatamente rimanere chiusa in casa e non poter vivere all’aria aperta, triste (10%) per non poter svolgere le proprie attività quotidiane, di dover tralasciare le proprie abitudini e stili di vita, annoiato (10%) per aver dovuto tralasciare i propri divertimenti. Ansiosa, perché non riesce a rendersi conto di quando questa situazione possa avere un termine e molto preoccupata per il contagio (61%) mentre un altro 23% è preoccupato per le conseguenze economiche che questa emergenza potrà apportare. Tutto ciò riconduce a quella difficoltà di sopportare le restrizioni, espressa in modo concreto dall’82% dei rispondenti, e che indica scarsa resilienza al fenomeno e, di conseguenza, una possibile incapacità di mediare e mantenere nel medio e lungo tempo, con la stessa disciplina mostrata sin ora, l’esecuzione delle misure restrittive.

Controlli sanitari

APPROFONDIMENTI

Questi i temi di portata generale mentre per chi volesse approfondire la tematica oggetto dello studio dei sociologi coordinati dal dott. Davide Franceschiello: Giuseppe Bianco e Roberta Cavallaro con la collaborazione dei colleghi: Sonia Angelisi, Maria Rita Mallamaci, Catia Cosenza, Francesca Santostefano e il gruppo della Deputazione Calabria dell’ASI; Daniela Petrone e Maria Libera Falzarano del Laboratorio di sociologia Cassiopea di Benevento, Michele Miccoli della Deputazione Lombardia, il Presidente Nazionale Antonio Latella. Nei prossimi giorni, sul sito dell’ASI https://www.asi-sociology.com/, sarà disponibile la vera e propria analisi sociologica con la totalità dei dati espressi dall’indagine.

https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSfJF0OBWpFj7mNmzDv37Ph6EwIRUmoNULMf6TkwXAqILEcWwQ/viewform?fbclid=IwAR1Z-WPYe6EQ-1CZ4AzsqJQ1hRDM_VZM42Dc-gIKvlz4LSs6DPM3XzQxXpY


LA FRAGILITA’  DELLE  SOCIETA’  COMPLESSE  E LA CULTURA DELL’INDIFFERENZA

 

L’emergenza Covid-19 ha rivelato la fragilità della nostra epoca, degli attuali sistemi sociali ed economici e tanto più un individualismo esasperato che ha spezzato ogni legame sociale.  Una società individualista di massa generatrice di un vuoto relazionale e della perdita del senso esistenziale. Una società che seppur complessa e articolata, di fronte ad un evento inatteso si è rivelata vulnerabile mettendo in risalto il declino dell’autorità e una carente capacità dei meccanismi di gestione e controllo esasperata ancora di più dalla riluttanza degli individui al rispetto delle direttive governative.

FOTO  La fragilità delle società complesse_Oggi, più che mai è attuale l’analisi di Zygmunt Bauman.  In “la Solitudine del Cittadino Globale” il sociologo ritiene che il neoliberismo ha posto le condizioni per lo sgretolamento del tessuto sociale, esaltando la libertà dell’individuo a scapito della dimensione collettiva, del bene comune, e, a mio parere, generando disequilibri e disuguaglianze da cui originano le fragilità individuali.  La sfiducia esistenziale, la solitudine e il senso di precarietà, che caratterizza l’uomo contemporaneo, mascherate da un delirio di onnipotenza per il progresso raggiunto dall’umanità che vacilla di fronte ad un evento inatteso. È ormai ovvio come la deregolamentazione delle istituzioni politiche e del loro potere ha generato il dissolvimento della “società” a favore della “non società”, alla fine della solidarietà e della reciprocità il cui prodotto inevitabile è l’incertezza esistenziale e il venir meno della responsabilità sociale, lasciando l’individuo isolato e vulnerabile. Il collasso del sistema dei valori che ha reso l’individuo incapace di distinguere ciò che ingiusto da ciò che è lesivo, la libertà relegata alla dimensione individuale a scapito del bene comune.

La decostruzione della politica, il venir meno della sua leadership, ha lasciato che il “laissez-faire” orientasse le scelte individuali secondo una logica egoistica e poco interessate alle ripercussioni che queste potrebbero avere sulla collettività. Ciò connota la predominanza della cultura dell’indifferenza e del disinteresse peculiare della nostra epoca. Il disfacimento della comunità, del tessuto della solidarietà sociale, oggi più che mai evidente, non ci rende disposti a sacrificare il proprio bene per il bene comune. Se da un lato un nemico invisibile e inaspettato sospende la nostra più o meno gratificante quotidianità, immobilizzandoci in una vita surreale,  ridestando in noi  Virus ben più potenti  come l’indifferenza sociale, l’egoismo,  l’irresponsabilità e un senso di precarietà che ci spinge, nell’accezione negativa, a ripiegarci su se stessi, ad alimentare diffidenza, intolleranza, discriminazione, dall’altro  fa rinascere una fiducia verso la scienza che, seppur non foriera di verità indiscussa e indiscutibile, diventa bene comune ed essenziale. Se da un lato tutto il sistema sanitario nazionale sta dimostrando abnegazione e responsabilità, dall’altro emerge un egoismo collettivo, un forte senso di indifferenza.

La morsa della paura che deriva dall’attuale situazione ha generato comportamenti rischiosi    e irrazionali, un’isteria collettiva diffusa che inevitabilmente impattano in maniera negativa sulla società ma ancor di più sulla salute pubblica. Emblematiche sono le fughe di massa, l’assalto ai supermercati, le strade affollate, diventate, ormai, le immagini simbolo di questo periodo. Se è vero che ogni crisi porta con sè il germe del mutamento allora dobbiamo cominciare a riflettere sulla necessità di avviare una vera e propria svolta. In realtà il virus ha solo fatto emergere, rendendo palese, ciò che già serpeggiava da tempo ossia la crisi delle società contemporanee e delle sue logiche di mercato genitrici di disuguaglianze.

Cosa ci lascerà il Covid -19 ?

Nella certezza che, anche quando il virus sarà sconfitto, nel passaggio dall’emergenza alla normalità, avremo delle conseguenza profonde nella nostra vita e soprattutto nelle relazioni sociali, se leggiamo quest’esperienza attraverso una lente positiva potrebbe rappresentare una leva per una possibile rinascita. Senza entrare nel merito delle straordinarie potenzialità  per uno sviluppo più equilibrato e sostenibile e un cambiamento della politica e della nostra economia , ritengo importante soffermarsi sulla necessità di ri-costruire  una comunità che non è quella del flash mob dal balcone di casa che, in un momento di socialità ristretta e condizionata, ci restituisce  si una nuova modalità, seppure effimera, di stare insieme , una connessione sociale e mentale figlia dell’emergenza, ma è superare una società viziata ed individualista che agisce nel disinteresse dell’altro e ridare vita a valori  da tempo sopiti, ad una dimensione civica e più rispetto per il bene comune.  Una drastica riduzione delle disuguaglianze che, in tempo di Coronavirs, sono più evidenti che mai.  Questo tempo sospeso deve essere foriero di una nuova umanità.

                                       

 FALZARANO FOTO

Maria Libera Falzarano — Sociologa 

Presidente Deputazione Campania

Associazione Sociologi Italiani

 

Riferimenti 

 Zygmunt Bauman – La solitudine del cittadino globale

 Piero dominici – Il virus, gli anticorpi, le ragioni che ci tengono intorno al focolare


ASSOCIAZIONE SOCIOLOGI ITALIANI: NECESSARIO ISTITUIRE L’ORDINE PROFESSIONALE DEI SOCIOLOGI

FOTO CONGRESSO ASIL’Associazione Sociologi Italiani – associazione professionale riconosciuta dal Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi della legge 4/2013 – ribadisce la necessità di istituire un ordine professionale per la figura del Sociologo. Una decisione unanime assunta (sabato 12 ottobre) nel corso dei lavori del I Congresso nazionale, svoltosi in uno dei saloni di Palazzo delle Arti di Napoli, dove si sono dati appuntamento i delegati provenienti da tutta Italia.

Una seduta mattutina per trattare il tema della “Società dello Sviluppo” e una pomeridiana nel corso della quale  sono stati affrontati i temi afferenti alla categoria per poi procedere  al rinnovo delle cariche sociali per il triennio 2019 – 2022. La celebrazione dell’assise ha consentito all’ASI (Associazione Sociologi Italiani) una nuova connotazione geografica, passando da soggetto professionale guidato prevalentemente da calabresi (la maggioranza dei soci fondatori risiede in questa Regione) a struttura policentrica composta da rappresentanti di tutte le regioni italiane, dove già da qualche anno operano deputazioni, laboratori sociologici e iscritti.  Il qualificato dibattito è stato introdotto dalla relazione del prof. Luigi Caramiello, docente di sociologia all’Università Federico II di Napoli, a cui sono seguiti gli interventi programmati su problemi sociali della contemporaneità e di altissima valenza scientifica che hanno riguardato il rapporto tra etica e territorio; l’aggiornamento sul lavoro e l’occupazione femminile; la malasanità con le sue differenti espressioni nelle diverse regioni d’Italia; le carenze comunicative con la nuova realtà degli “Hikikomori”; il giornalismo come preziosa risorsa territoriale; gli aspetti formativi del management pubblico e aziendale; i nuovi aspetti della professione sociologica; come la rete cambia la nostra vita.  Tra i relatori, docenti universitari di varie regioni, iscritti all’ASI e il vice presidente dell’Ordine dei Giornalisti dalla Campania, dott. Domenico Falco. Tra l’Ordine dei giornalisti campani e l’Associazione sociologi è stata avviata un’interlocuzione finalizzata alla firma di un protocollo d’intesa di reciproca collaborazione. Foto congresso asi 2

I lavori congressuali, dopo un articolato dibattito, si sono conclusi con la conferma del giornalista e sociologo reggino Antonio Latella alla presidenza nazionale. Nelle altre cariche sociali per il prossimo triennio, sempre all’unanimità, sono stati eletti: Maria Rita Mallamaci (Reggio Calabria) e Michele Miccoli (Milano) entrambi vice presidenti; Antonio Sposito (Napoli) presidente vicario; Davide Franceschiello (Cosenza) segretario generale; Marino D’Amore (Roma) portavoce; Giuliano Graveglia (Napoli) segretario; Natalia Cogliandro (Reggio Calabria) segretario amministrativo; Antonino Calabrese (Reggio Calabria), addetto stampa e responsabile comunicazione e new media. Del direttivo fanno parte: Marco Lilli (Rieti), Franco Caccia e Marco Pavone  (Catanzaro); Michelangelo Russo (Rende), Pasquale Natriello (Napoli), Simonetta Vernocchi (Milano), Paolo Fasano (Modena), Mara Principato (Napoli), Francesco Oggianu Pirari (Nuoro), Angelo Viccari (Nova Siri), Lorenzo Latella (Salerno), Antonio Pio Lecci (Lecce), Maria Libera Falzarano (Benevento), Mario Monteforte (CataFOTO CONGRESSO ASI 3nia), Carmelo Caridi (Reggio Calabria), Francesca Piccolo (Napoli), Antonella Cimino (Avellino), Maurizio Bonanno (Vibo Valentia), Giorgio Accardo (Napoli), Alessandro Savy (Napoli), Valerio Verrea (Genova).

Lo scopo principale che si prefigge l’ASI è la tutela della professione sociologica. L’evento congressuale, in questo senso, ha rappresentato nuovamente l’occasione per manifestare l’esigenza cogente della costituzione di un ordine, albo o collegio per i sociologi, che possa meglio proiettare gli strumenti normativi circa bandi di concorso, selezione dei criteri di accesso, inserimento di figure professionali specializzate nei contesti organizzativi. Il fine è quello di ottimizzare e rendere più chiari i percorsi lavorativi dei sociologi all’interno delle aziende, della pubblica amministrazione o ancora nella libera professione. L’Associazione dei Sociologi Italiani – che raggruppa anche gli esperti di progettazione sociale (EPS) – rappresenta un punto di sicuro riferimento per i laureati triennali e magistrali in sociologia, nonché per le figure professionali di supporto che vogliono fare rete adottando un approccio multidisciplinare al problema sociale. E’ possibile seguire le attività dell’associazione consultando il sito www.asi-sociology.com , oppure inviare una mail a sociologi.italiani@gmail.com per info e richieste di adesione.

 Antonino Calabrese

Dott. Antonino Calabrese

Addetto stampa e responsabile comunicazione ASI


Dalla medicina androcentrica alla medicina gender: dalle disuguaglianze alla diversità

 

FALZARANO FOTOLa carta costitutiva dell’Organizzazione Mondiale della Sanità prevedeva, tra i diritti fondamentali dell’uomo, il raggiungimento dei livelli ottimali di salute, definita come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale”, senza distinzioni di razza, religione e condizione socio-economica. In realtà nonostante siano passati 70 anni dal riconoscimento universale si è ancora lontani dal vederlo realizzato. Si considerino  i paesi in via di sviluppo,  dove le tutele sanitarie sono ancora a livelli fortemente squilibrati. Ma anche nei paesi socialmente ed economicamente progrediti vi sono dei segmenti sociali ancora svantaggiati. E’ il caso delle donne. L’attenzione alle donne, la tutela della salute infatti,  è stata per molto tempo esclusivamente relativa al loro ruolo riproduttivo o era riservato solo alle  donne lavoratrici, escludendo così dalle tutele  gran parte del mondo femminile.  Una disuguaglianza figlia non solo della relazione asimmetrica di potere socio-economico ma anche per specificità e modelli culturali dominati. La differenza di genere diventa motivo di disuguaglianza rispetto all’accesso alle politiche sanitarie, alle cure, alle terapie creando posizioni sociali differenti, diritti, doveri e opportunità disuguali che influenzano gli esiti di salute di donne e uomini. Questa impostazione androcentrica che ha declinato la dimensione della salute al maschile non ha consentito di considerare l’idea della “differenza” e dunque non ha garantito equità dei trattamenti. Le stesse sperimentazioni farmacologiche e cliniche  risentono di una prospettiva maschile che sottovaluta le differenze  e le specificità di genere.L’attenzione  alla salute della donna,  la consapevolezza delle differenze  e dunque  delle disuguaglianze anche in termini  di tutela  della salute, è stata segnata da importanti tappe storiche legate ai movimenti femministi che a partire dalla fine degli anni settanta, soprattutto negli Stati Uniti avviano una fase nuova per una medicina delle donne che seppur incentrata sugli aspetti riproduttivi, sulla sessualità, sull’aborto hanno rappresentato uno snodo fondamentale del processo di destrutturazione e della messa in discussione della prerogativa maschile del mondo medico e  soprattutto della conoscenza del corpo femminile che rappresentava un vero e proprio tabù.

 In Italia, fu pioneristico, nel 1973 l’incontro tra il Movimento Femminista  romano e il  Feminist  Women’s Health Center di Los Angeles che diede vita ad un movimento per la salute delle donne e alla nascita, in molte città italiane di centri dedicati alla medicina delle donne. Significativo fu il cambiamento culturale. La donna infatti divenne “consapevole” del proprio corpo, spesso considerato un tabù e delle manifestazioni  fisiologiche vissute come malattie o comunque qualcosa di cui vergognarsi. L’attenzione venne posta  sulla procreazione, alle problematiche anticoncezionali e alla maternità consapevole, che assunse nuovi significati.  Sorsero politiche sanitarie  attente alla    pianificazione delle nascite  e nacquero i consultori familiari. La medicina dunque si focalizzò prevalentemente sulla salute della donna in un ottica riproduttiva e successivamente,  anche gli screening oncologici  si concentrarono sulle differenze sessuali e sulle malattie della riproduzione (Pap-test e mammografia). Siamo, dunque, ancora lontani da una medicina della “differenza”. Inoltre, dopo questa fase “dinamica” caratterizzata anche da importanti riforme alle politiche sanitarie, passerà circa un ventennio prima che si cominci a parlare di  differenze fisiopatologiche tra i due sessi e dell’importanza degli aspetti sociali, economici, psicologici e culturali , insomma di una medicina di genere.

  Al di là di episodi più o meno significativi, una prima  chiave di volta è stata data dall’OMS nel 1986 alla prima conferenza internazionale sulla Promozione della Salute di Ottawa che ha evidenziato l’esigenza di considerare le variabili sociali accanto a quelle biologiche per la promozione della salute e del benessere.Tuttavia soltanto nel 2000 l’OMS inserisce  la medicina di genere nel documento “Equity Act”  dove si enuncia che il principio di equità implica non solo la parità di accesso alle cure di donne e uomini, ma anche l’adeguatezza e l’appropriatezza di cura secondo il proprio genere, dal momento che la salute non è “neutra” ed anche in medicina va applicato il concetto di diversità per garantire a tutti una reale equità ed il miglior trattamento in funzione della specificità di genere. E nel 2007 l’OMS  include  tra  i propri obiettivi quello di creare strategie nazionali che integrino le considerazioni di  genere nelle  politiche sanitarie , per ridisegnare il sistema sanitario, delineare programmi ed azioni, per organizzare l’offerta dei servizi, per indirizzare la ricerca e promuovere  lo sviluppo di nuovi farmaci e di nuove terapie mirate. potrebbe essere considerato il vero punto di partenza di una rivoluzione socio-culturale che segna il passaggio dalle disuguaglianze alla differenze.  Il superamento, dunque,  di una cultura ancorata a specifiche rappresentazioni di sesso-genere che sono alla base delle disuguaglianze  di salute.

La medicina di genere infatti  non è la medicina delle donne o una medicina uomo-centrica ma una medicina  che integri  gli aspetti fisio-patologici e biologici con le variabili culturali, sociali, economiche e psicologiche per garantire a tutti, donne e uomini, il miglior trattamento possibile in funzione della specificità di genere.In Italia, il processo di cambiamento è stato lungo e frammentato, caratterizzato prevalentemente da congressi, nascita di  cattedre nelle università  ma poco applicato ai contesti clinici di cura e prevenzione. Significativo, nel 2003 le linee guida formulate da un gruppo di esperti su incarico del Ministero, sulle sperimentazioni cliniche e farmacologiche attente alle variabili uomo-donna nonché sull’utilizzo dei farmaci gender-oriented.  La farmacologia di genere rappresenta un aspetto significativo  per il raggiungimento dell’equità in termini di efficacia e sicurezza dei farmaci e superare paradigmi del passato basati sulla neutralità. La pubblicazione rileva proprio l’importanza di assumere una prospettiva di genere in tutti gli ambiti della medicina quindi dalla pratica clinica alla ricerca, dalla diagnosi alla prevenzione.

In conclusione, consapevole di aver tralasciato molti altri aspetti significativi, è importante dire che ormai è ampiamente condiviso il concetto che le malattie si manifestano, evolvono e rispondono alle cure in maniera diversa a seconda del sesso, dell’età e degli aspetti psico-sociali. E’ Sulla consapevolezza delle differenze legate al genere e dell’importanza  della centralità del paziente e della personalizzazione delle terapie che trova realtà l’art. 3 della legge 3/2018 che si è concretizzato con la firma del decreto attuativo da parte del Ministro Grillo il 13 giugno 2019, formalizzando il Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere sul territorio nazionale.Con l’approvazione di questa legge l’Italia è stata il primo Paese in Europa a formalizzare l’inserimento del concetto di “genere” in medicina, indispensabile a garantire ad ogni persona la cura migliore, rispettando le differenze e arrivando a una effettiva “personalizzazione delle terapie”. Un primo passo importante che adesso però richiede l’impegno di tutti i professionisti delle diverse aree mediche e delle scienze umane affinché  le azioni previste  si concretizzino verso la nascita di una medicina  genere- specifica. La sociologia, diventa incisiva, rappresenta il tratto di unione tra la sanità e il sociale. E’ indispensabile contaminare i saperi, rendere permeabili le conoscenze, perché la medicina gender è un approccio multidisciplinare e trasversale che comprende anche il genere nella sua componente sociologica.

Maria Libera Falzarano

Sociologa

Presidente ASI Campania

 

Bibliografia

  • L’attenzione per la salute delle donne- Domenica la Branca
  • Donna e uomo, a ciascuno la sua salute. La medicina di genere di Lucia Zambelli
  • Farmacologia di genere- F. Franconi, I.Campesi
  • Il genere come determinante di salute in Quaderni del Ministero della Salute

Sitografia

  • Prospettive di genere e salute. Dalle disuguaglianze alla differenza in disuguaglianzedisalute.it

 


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