L’IMPORTANZA DEL SOCIOLOGO COME FIGURA SOCIOSANITARIA

 

Gli ambiti in cui la sociologia può fornire il suo contributo

sono tanti, uno fra questi è quello della salute

“La sociologia della salute analizza – nei termini propri dell’epistemologia, della teoria e dellasonia ASI metodologia sociologica – i modi attraverso cui, in un determinato tempo e ambiente sociale, si definisce la salute, si promuove il benessere sociale, si fronteggiano le malattie, le disabilità e il malessere. Essa include l’analisi della medicina, del sistema sanitario, delle pratiche terapeutiche, delle situazioni di malattia, disagio e malessere, dei comportamenti sociali, delle credenze e rappresentazioni sociali, delle pratiche di cura, dei fattori incidenti sul benessere sociale individuale e collettivo, dei modi in cui viene promossa la qualità della vita, delle politiche sanitarie e del benessere. Ed ancora “la sociologia della salute e della medicina ha fra le sue aree applicative la sociologia clinica, l’educazione e la formazione alla salute, la promozione della salute, la comunicazione della salute, la valutazione della qualità dei servizi, la progettazione sociale finalizzata al benessere e ogni altro ambito scientifico, progettuale e operativo che utilizzi gli strumenti e le conoscenze sociologiche per conseguire finalità di prevenzione, formazione, promozione, cura, riabilitazione, intervento territoriale, organizzazione dei servizi e delle prestazioni, programmazione e progettazione del benessere a tutti i livelli.” (MARA TOGNETTI. NUOVI SCENARI DELLA SALUTE)

Uno degli obiettivi su cui la sociologia può fornire un apporto importante è quello dell’umanizzazione dellE cure. Per umanizzazione delle cure si intende tutto ciò che, pur non guarendo, fa stare meglio perché si basa sull’apertura e sulla comprensione dell’interiorità del paziente, sull’attenzione alla persona come unica e insostituibile, sul malato come essere umano e non numero di posto letto con cui dialogare e apprendere forza e debolezza del trattamento medico.

L’umanizzazione e la personalizzazione delle cure rappresentano temi di grande attualità con cui la sociologia ha il dovere di  confrontarsi, soprattutto nella fase che riguarda l’interpretazione e le trasformazioni che interessano i sistemi sanitari contemporanei. Da diversi studi, è emerso come il cittadino ricerchi sempre più percorsi terapeutici in cui la medicina si carica di componenti umane e relazionali. Non a caso al medicina alternativa, caratterizzata per sua natura da un maggiore ascolto e attenzione verso l’utente, è il metodo di cura a cui i due terzi della popolazione del Regno Unito si rivolge. Secondo una ricerca condotta in Inghilterra, le persone si rivolgono alla pratiche complementari per una insoddisfazione nei confronti della medicina convenzionale. Del resto, la medicina ufficiale ha rivelato dei limiti nell’applicazione farmacologica ad alcune patologie. Inoltre,  la medicina alternativa è una medicina dolce, non invasiva né aggressiva che ha la capacità di rivolgersi all’individuo in maniera empatica, cioè mettendosi nei panni del paziente. Il contatto umano gratificante per i malati, la dimensione soggettiva della malattia, l’attenzione e l’ascolto del paziente e la visione olistica nel trattamento della disfunzione sono sicuramente dei punti di forza delle pratiche di cura alternativa. Il modo di intendere la relazione di cura si basa su un ruolo attivo del paziente e sul riconoscimento dell’individualità dell’altra persona.

Ma il ruolo del sociologo della salute non si riduce solo ad una formazione del personale sanitario e  parasanitario ad un metodo di diagnosi più “umano”. L’articolo 5 del Ddl Lorenzin riforma gli Ordini professionali sanitari e istituisce l’area delle professioni sociosanitarie  in cui il sociologo figura come professione sociosanitaria al pari dell’assistente sociale, dell’operatore sociosanitario e dell’educatore professionale. Le competenze trasversali e altamente scientifiche dal punto di vista progettuale del sociologo, gli consentono di intervenire in più settori. Nello specifico:

  • Dal punto di vista STRETTAMENTE CLINICO sul ruolo degli individui nel rapporto terapeutico (ricerca e analisi interdisciplinare del bisogno, il rapporto medico/paziente come rapporto co-produttivo della terapia). Il rapporto tra professionisti e i loro pazienti è un importante argomento sociologico, proprio perché la relazione è alla base di questo rapporto. Un rapporto che si basa, come abbiamo detto in precedenza, sulla cosiddetta UMANIZZAZIONE DELLE CURE cioè affiancare il trattamento clinico all’ascolto  a 360° del paziente.
  • Dal punto di vista EDUCATIVO E PROMOZIONALE sugli aspetti CULTURALI E PSICO-AMBIENTALI perché la prevenzione e la promozione della salute non possono limitarsi soltanto alla sola educazione alla salute, ma è un’azione sinergica che vede coinvolte istituzioni, ambiente, mondo associativo. Inoltre, bisogna tener conto delle disuguaglianze sociali all’accesso ai servizi e all’informazione, in modo da arrivare anche a quei gruppi di popolazione più a rischio. EDUCARE ALLA SALUTE significa insegnare ad apprendere quelle regole necessarie a preservare al meglio il nostro stato di salute, prevendendo tutte quelle situazioni che lo potrebbero alterare. Quindi, stili di vita fatti di corretta alimentazione, attività fisica, sane relazioni sociali. Ma è necessario anche informare sulla eccessiva MEDICALIZZAZIONE1 E FARMACOLOGIZZAZIONE2 della vita domestica, quindi evitare l’automedicazione e i continui accertamenti diagnostici superflui ma costosi. Il ricorso inopportuno a farmaci di conforto hanno ricadute non solo fisiche ma anche economiche; o ancora studi e INDAGINI SOCIALI per la raccolta di informazioni su atteggiamenti e bisogni della popolazione; PROGETTI EDUCATIVI DI PREVENZIONE. Si viene a costituire, in tal senso, una sorta di CITTADINANZA SANITARIA definita come quel processo di coinvolgimento dei cittadini nella costruzione del bene salute e nella sensibilizzazione verso chi è meno fortunato di noi – malattie congenite, disabilità, malattie invalidanti. È stato stimato che quanto viene stanziato per la promozione e la prevenzione costituisce quasi sempre un investimento redditizio per l’intera società. I dati statistici mostrano che tra salute della popolazione e guadagni finanziari non esiste contraddizione: GOOD HEALTH IS A GOOD BUSINESS. Gli ospedali, le Asp, la scuola sono non solo luoghi di erogazione di servizi, ma anche importanti ambiti di promozione della salute.
  • Dal punto di vista PROGETTUALE sull’intera area sanitaria: per esempio valutare nei Piani Regionali i livelli di assistenza effettivamente assicurati in rapporto a quelli previsti e ai relativi costi; o ancora PROGETTI SPERIMENTALI SU PARTICOLARI SETTORI DELLA SOCIETÀ – anziani, persone con demenze, disabili-. Implementare nuovi MODELLI ORGANIZZATIVI E GESTIONALI IN SANITA’ per sviluppare  e gestire le infrastrutture di tecnologia informatica. L’organizzazione di un sistema sanitario è complessa e richiede interventi capaci di gestire l’interconnessione degli elementi che lo compongono. Il sociologo della salute con la sua progettualità applica un nuovo MODELLO DI GESTIONE DELLA SALUTE, promovendo il BENESSERE SOCIALE.

In sintesi, il ruolo del sociologo della salute è fondamentale per attuare quanto previsto dall’OMS, nell’ottica del nuovo approccio bio-psicosociale. Concretamente possiamo evidenziare:

  • OPPORTUNITA’: riassumibili nell’opportunità per il sociologo di trovare uno spazio peculiare di azione, sociologo che diventa esperto del settore non grazie ad una eccessiva specializzazione (così come il mondo accademico e del lavoro hanno indotto a fare negli ultimi anni), ma mettendo a frutto proprio quelle conoscenze trasversali e interdisciplinari che caratterizzano la figura dello scienziato sociale. Dialogare con più microcosmi sociali nell’ampio spazio del postmodernismo (continuamente in evoluzione e mutamento per sua natura), richiede competenze necessariamente elastiche e multisfaccettate. Dal punto di vista sociale, invece, le opportunità si traducono nella riduzione dei costi per il Servizio Sanitario Nazionale, nella elaborazione di nuove narrazioni in grado di costruire una società più equilibrata, capace di ritrovare e riconoscere la sua connessione con l’ambiente, fondamentale per la riproduzione del sistema stesso.
  • RELAZIONI: per quanto riguarda le relazioni vorrei mettere in risalto il lato strettamente professionale: per le altre figure professionale (medici, psicologi, amministratori) diventa sempre più importante dialogare con il sociologo della salute che diventa traduttore simultaneo delle diverse istanze, con il valore aggiunto della mediazione e di una spiccata capacità di problem solving data la sua visione più ampia delle problematiche sociali. Nello specifico, il sociologo della salute si interessa poi del rapporto medico/paziente. Perché? Perché col tempo nella relazione di cura, il momento strumentale ha preso il sopravvento su quello interpersonale e ciò ha provocato un distanziamento del medico dal paziente, tanto che si parla di disumanizzazione delle cure. Per questa ragione, nel trattamento di una patologia, è importante insegnare ai professionisti sanitari a spiegare al paziente LA DIMENSIONE SOGGETTIVA E SOCIALE DELLA MALATTIA (raccontare i sintomi legati al quotidiano, i suoi stili di vita, l’importanza delle relazioni sociali) utile a costruire diagnosi e trattamenti più appropriati e accurati. Il medico deve lavorare di EMPATIA concetto sempre più studiato non solo dagli psicologi ma soprattutto dai sociologi perché empatia significa mettersi nei panni dell’altro, quindi è un termine che assume in sé il significato di RELAZIONE per eccellenza. Il sociologo può CURARE LA PRATICA CLINICA NEI RAPPORTI COL PAZIENTE attraverso l’intelligenza emotiva, aiutando il personale sanitario a sviluppare la capacità introspettiva e la qualità di osservazione di sé e dell’altro, per dare voce al silenzio e allo sguardo dell’altro preso da un momento di sofferenza e paura. Tenere in considerazione i sentimenti del curato è fondamentale per riconoscere la dignità della persona malata. La formazione dell’operatore sanitario da parte del sociologo è volta, dunque, al miglioramento delle strategie terapeutiche. E poi non dimentichiamo che il paziente è più consapevole, diventa interlocutore attivo non più vittima totale dell’asimmetria informativa che caratterizzava il rapporto medico/paziente.
  • IMMAGINE: il sociologo si fa promotore di un nuovo MODELLO DI SANITA’ E DI CURA che vede e analizza la malattia e la salute come fatto relazionale e sociale. Questo cambio di paradigma è alla base di una nuova immagine che vede compenetrarsi scienze mediche e scienze sociali. Le cause biologiche della malattia non interessano la sociologia, ma i processi sociali coinvolti nel fatto di ammalarsi sì, ed è su questo che si costruisce un nuovo modello.
  • RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI: il sociologo deve dialogare con i vertici del SSN e con gli amministratori delegati alla salute per attivare corsi di formazione per il personale finalizzati a migliorare il rapporto con il paziente e la sua famiglia; lavorare in sinergia sul rapporto costi/benefici in base all’analisi del tessuto sociale; fronteggiare il tema dell’immigrazione da un punto di vista sanitario.

 

Dott.ssa Sonia Angelisi, sociologa e ricercatrice indipendente

 NOTE

1 Il processo attraverso il quale problemi non di pertinenza medica iniziano ad essere trattati e definiti come medici. Negli ultimi trenta anni sono cresciute “le questioni della vita” trasformate in malattie, disorders, sindromi legate a comportamenti, stati psichici.

2 La farmacologizzazione è un processo attraverso cui condizioni sociali, comportamentali o fisiche vengono trattate o considerate come bisognose di trattamento con droghe mediche da medici e pazienti.

 


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