LE PIETRE DI STALETTÌ E IL FENOMENO MEGALITICO

 

 

Nel IV millennio a.C. il “Fenomeno Megalitico” ha interessato le sponde del monte di Stalettì (CZ)

il “Navifragum Scyllaceum” menzionato da Virgilio nell’Eneide    

 

CASALINUOVO copertina volume«L’anima di un popolo è la sua cultura…» scriveva Sua Santità Papa Giovanni Paolo II. Il popolo che ignora, non è cosciente della propria cultura, non potrà mai dire d’avere un’anima, e/o definirsi tale… Per quanto ci concerne, diciamo che attraverso la sensibilità che un popolo mostra nei confronti delle sue ricchezze o “Beni culturali”, questi ha coscienza o meno della sua “cultura”…Parimenti è grave, che un popolo, per secoli, per convenienze del momento storico, per incapacità dei suoi membri, quindi, spesso, per mera ignoranza, abbia lasciato che la sua “Cultura”, fosse gestita, rubata, falsata, annullata da altra gente.Forse allora non è da biasimare lo stesso popolo, se cresciuto sotto il giogo di cui sopra, non è pronto alle segnalazioni di qualche suo concittadino, forse più sensibile, più pronto nel riappropriarsi della vera storia.Questi spende l’intera vita per indicarla ai suoi conterranei, che lo ricambiano con l’indifferenza ed anche combattendolo, anche alleandosi, con i sopraffattori, cosi che, benissimo calzano nei suoi confronti le parole messianiche: “Nemo profeta in patria est…!”Se all’operare dei “tanti” di cui sopra si aggiunge il concorso di studiosi e di istituzioni “di parte”, preposte alla cultura, quella del popolo in questione viene, per secoli offuscata, quasi cancellata …

CASALENUOVO ultimo

 A volte sono proprio le istituzioni che impediscono a quel popolo di riappropriarsi della sua “anima” e lo fanno in diversi modi: permettendo ad esempio “senza muovere dito”, la cancellazione, ad opera del cemento, delle sue necropoli, (tale era quella della post-romana di Scolacium, sita sulle prime alture del monte di Stalettì, il virginiano “Navifragum Syllaceum”, prima della realizzazione di un mega villaggio); la distruzione delle sue chiese antiche (vedi l’abbandono al suo destino dei resti della chiesa “Santa Maria de Vetere  Squillacio”, sempre in località “Santa Maria del Mare”, la già S. Januarius cassiodorea); l’abbandono del sito di Chillino o del depauperamento dei suoi tesori risalenti al V sec. a.C.; l’abbandono della fornace di Loc. Ardace, del IV sec. a.C. da poco segnalata dallo studioso locale di cui sopra …! Il volume di Rosario Casalenuovo “Le pietre di Stalettì e il fenomeno megalitico”, di ben 400 pagine ed altrettante immagini, tratta di una probabile presenza in zona di monumenti del megalitismo così detto “ridotto o secondario”.

Come scrive nella prefazione al volume stesso, lo studioso sanremese Enzo Bernardini, autore di oltre quaranta volumi scientifici: «La Calabria terra di antichissima civiltà e ripetute presenze nei millenni, non dovrebbe essere stata estranea ai navigatori portatori dell’idea megalitica che forse vi hanno fatto conoscere o introdotto la tradizione d’innalzare segnacoli o monumenti con grandi pietre»… Lo storico si riferisce ai missionari pacifici e misteriosi così detti “Figli del sole” che hanno diffuso per via mare l’idea imperniata sul culto dei defunti.Ricordiamo meglio che il “fenomeno megalitico”, ritenuto dal Bernardini “La prima grande religione creata, organizzata e diffusa dall’uomo, si presenta con l’uso di innalzare monumenti funerari o di culto mediante l’impiego di enormi pietre a partire dal Neolitico (10.000 anni a.C.), o ancor prima.

LE PIETRE DI STALETTI'

Sono certo tracce lasciate sul luogo «nel corso di 2000 anni, prima della venuta dei Greci, dalla popolazione indigena»: cui allude Bernard Brea; e tanto “sperati” da Anselmo Sartori: quelli che comprovano l’esistenza dell’antica Squillace, la cui data di fondazione è collocata, scrive testualmente lo storico: «almeno nel terzo millennio avanti Cristo, che aveva una posizione talmente felice che non poteva non essere presa in considerazione dai Neolitici». Dove poteva sorgere questa città se non «sulla granitica rupe a dominio del golfo, che da essa prese anticamente e conserva ancora il nome di “Sinus Scylleticus”, (Golfo di Squillace)?... Una tale posizione dovette apparire eccellente, ed essere perciò ambita fin dall’età della Pietra, se nel territorio furono rinvenute tracce di un insediamento umano preistorico, risalente al Paleolitico Superiore (Collezione Foderaro)»: come scrive a riguardo lo storico e filosofo Guido Calogero…”.

 

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