Integrazione possibile?

 

….Siamo tutti ospiti sulla Terra e il modo in cui viaggiamo e siamo ospiti, il modo in cui andiamo incontro ad altri migranti mostra quale sia il nostro atteggiamento

nei confronti della nostra misteriosa origine e destinazione. Elena Spini

  Lavorare in pronto soccorso ti offre la possibilità di accostarti ad esperienze incredibili, vedere l’umanità in una dimensione diversa: non ci sono ricchi o poveri, persone istruite o incolte, raffinati o trascurati, ci sono situazioni che necessitano di intervento qui ed ora, o interventi differibili…

La storia di Roxane

SIMONETTA VERNOCCHI 13 aprile 2019Giunge una mamma di 37 anni di etnia Rom, presentava ustioni ad entrambi gli avambracci e alle mani, medicata alla buona con stracci e lenzuola vecchi. Aveva ustioni anche al volto ad una gamba e sul tronco. Aveva cercato di salvare gli zainetti dei figli.

Piangeva:non sono riuscita a salvare tutte e 4 le cartelle, solo 2: due zaini sono bruciati, 1 danneggiato, 1 salvo. Ho tentano di toglierli dalle fiamme, due zaini erano nuovi…le bambine avevano già fatto i compiti. Ora non hanno più i loro quaderni, i loro libri. Questi 4 figli in età compresa tra i 7 e i 12 anni, frequentavano la scuola, di nascosto poiché il padre e marito non gradiva che i figli, anzi che le tre figlie femmine andassero a scuola. Così tornato a casa ubriaco bruciava la loro roulotte in un impeto di rabbia. La mamma disperata si lanciava nelle fiamme per cercare di salvare le cartelle che rappresentavano la possibilità di un futuro diverso. Noi non sapevamo che dire…ti aiutiamo a procurare nuovi zainetti! Due anni prima le ruspe del comune avevano spazzato via le baracche, molto disordinate costruite in modo abusivo, abitate da famiglie Rom, dietro al cimitero della città. Le ruspe avevano spazzato via anche le cartelle dei bambini. Quella era quindi almeno la seconda volta che quella madre ricominciava da capo. Che quei bimbi ricominciavano daccapo.

Apolidi figli di apolidi

I figli di coppie giunte nel nostro Paese vivono problemi di ogni genere, crescono senza senso di appartenenza al nostro Paese, e probabilmente neppure al loro. Come ogni adolescente e preadolescente hanno problemi con il proprio corpo, non si piacciono, e problemi con i genitori… ma presentano anche problemi aggiuntivi. Sia fisici, talvolta non sono vaccinati, non ricevono cure tempestive, sono più esposti a traumi, frequentano la scuola talvolta in modo discontinuo, non possiedono il corredo scolastico come gli altri ragazzi. Non si sentono di certo italiani neppure se sono nati nel nostro Paese. Ma si sentono almeno pakistani, marocchini, nigeriani…? Talvolta i genitori sono troppo anziani, più spesso sono molto giovani e con poca esperienza educativa.Si sentono diversi dai nostri figli, e lo sono: colore della pelle, taglio di capelli, abbigliamento, odore della pelle e dell’alito.

Lo scoglio della lingua

I figli in casa parlano la loro lingua d’origine, i genitori non conoscono l’italiano…di fatto i figli parlano, scrivono e leggono l’italiano spesso meglio, molto meglio dei genitori. I genitori talvolta sono culturalmente troppo poco istruiti rispetto ai figli. Questo accentua lo strappo generazionale.Le figlie femmine di solito non possono completare la scuola anche se sono dotate.Le madri anche dopo 20 anni ed oltre di permanenza in Italia non sanno l’italiano, non sanno fare la spesa, non sono in grado di gestire il denaro.

 Onore maschile e castità femminile

Il problema più grave è la differenza di cultura in cui specie le figlie e le mogli si trovano schiacciate. Donne che anche dopo anni che abitano in Italia non sanno spiegarsi, in pronto soccorso necessitano di un parente che parli per loro. Donne che soffrono per patologie anche gravi ma curabilissime come diabete, cirrosi, anemia, epatite C, obesità ma che non possono stare in ospedale per più di 2 giorni e poi si autodimettono, interrompono le terapie di cui non comprendono il senso. Donne che all’età di 35-40 anni sembrano vecchie…Si evidenzia un sistema di valori talmente diverso tra la famiglia di origine e la nostra cultura, specialmente per quanto riguarda la condizione della donna, il concetto di onore maschile e di castità femminile ancora tanto radicato nella loro cultura che difficilmente possiamo avere punti di confronto.Per noi l’istruzione è un valore, la cura dei figli e delle figlie è un valore, la salute della donna/madre è un valore, la libertà di scelta è un valore, ogni vita è un valore.

Ruoli maschili e ruoli femminili

Il ruolo degli uomini nelle famiglie e nella gestione dei figli è molto diverso se confrontiamo i papà italiani e quelli di altra etnia. Ad esempio, spesso gli uomini non tengono in braccio i loro bambini, non li nutrono, non cambiano i pannolini, non hanno stretti rapporti con loro e ma decidono per loro su tutto. Sono responsabili per la moglie e per i figli, ma decidono senza coinvolgerli, senza confrontarsi con loro, senza cognizione di causa.Le donne trascorrono troppe ore in casa, non lavorano, si occupano solo dei figli ma non conoscono nulla della nostra cultura, la lingua rappresenta uno scoglio.

Siamo disposti al cambiamento?

Noi siamo disposti a metterci in discussione? Siamo disposti cambiare le nostre abitudini? Gli uomini e le donne che giungono nel nostro Paese hanno intenzione di cambiare? Sono disposti ad integrarsi? È possibile pensare ad una integrazione senza lo sforzo di imparare la lingua? Ci sono domande per cui non abbiamo una risposta univoca. Alcuni di questi quesiti ancora aperti li riportiamo di seguito. Convivenza vuol dire integrazione? Qual è il primo passo? È possibile integrarsi e mantenere i privilegi di genere? La presunzione di sapere quale sia il percorso corretto verso l’integrazione apre o chiude la strada al confronto?

L’integrazione si fa in due

Tahar ben Jelloun [i]afferma che l’integrazione è un’operazione che si fa in due. Non ci si integra da soli. Integrarsi non significa rinunciare alle componenti della propria identità di origine ma adattarle a una nuova vita in cui si dà e si riceve. Con questo, affinché un bambino straniero possa integrarsi, necessita di un ambiente che glielo permetta. La presenza nelle classi scolastiche di alunni di origini straniere è ormai routine.

 Bambini stranieri

L’utilizzo dell’espressione “bambini stranieri” raffigura un insieme di situazioni molteplici, un fenomeno complesso ed eterogeneo che rende difficoltosa la valutazione e l’intervento con un’unica metodologia, ma che richiede invece la programmazione di un percorso definito in base alle caratteristiche di ogni singolo soggetto. Le difficoltà che questi bambini hanno in ambito scolastico sono maggiormente legate alla lingua e alle differenze culturali legate allo studio. L’esperienza ci insegna che la seconda lingua appresa a livello comunicativo viene appresa in modo sufficiente in un arco di tempo che varia dai 6 mesi a un anno circa, questo varia però in base anche alla provenienza. Appaiono nonostante tutto delle difficoltà normali di apprendimento, che vengono a svanire progressivamente a meno che non siano presenti dei disturbi di apprendimento. Discorso leggermente differente e che richiede più tempo e una esposizione maggiore alla lingua è quello della comprensione di un testo scritto. Questa difficoltà genera come conseguenza effetti negativi sullo studio, che a sua volta aumenta il senso di incapacità sperimentata dai bambini stranieri e incrementa il loro disinteresse scolastico. Le istituzioni scolastiche italiane, in modo particolare la scuola secondaria, si presentano poco preparate all’accoglienza e all’integrazione di nuovi alunni che, soprattutto nei momenti iniziali della carriera scolastica, hanno necessità di un sostegno culturale e psicologico per inserirsi nel nuovo mondo culturale e nel nuovo sistema di comunicazione scolastica e sociale.

Mediatori culturali

Proprio per queste motivazioni sono necessari i mediatori culturali, i quali gestiscono e coordinano i flussi e i significati comunicativi tra bambini stranieri, i loro genitori e la loro scuola. La mancanza di questi mediatori crea problemi di comprensione linguistica tra l’istituzione scolastica e le famiglie degli alunni stranieri, i quali si sentono isolati dal resto della scuola e della comunità.

 Educazione interculturale e linguistica

Uno dei punti cardine è senza dubbio la formazione professionale dei docenti italiani in ambito linguistico e interculturale, in modo che anche essi possano conoscere e affrontare nel miglior modo possibile i problemi dell’educazione interculturale e linguistica degli studenti stranieri, per i quali andrebbero applicate metodologie dell’italiano come lingua seconda e non come lingua madre.È necessario che le scuole si attivino in tre importanti ambiti: insegnamento dell’italiano come seconda lingua, promozione dell’educazione interculturale con progetti e iniziative mirate, collaborazione con strutture formative presenti nel proprio territorio che siano specializzate sul mondo dell’immigrazione.

 Dottoressa Simonetta Vernocchi

  • [i] Le Racisme expliqué à ma fille, 1997, trad. Egi Volterrani, Il razzismo spiegato a mia figlia, Bompiani, 1998 ISBN 88-452-3624-2; n. ed. con in appendice Cosa ne pensano ragazzi e insegnanti, 2000 ISBN 88-452-4002-9; n. ed. con Il montare dell’odio(trad. Anna Maria Lorusso di La montée des haines), 2005 ISBN 88-452-3368-5; n. ed. con I nuovi razzismi in Italia, 2010 ISBN 978-88-452-6477-1. —
  • Giovannetti M, L’accoglienza incompiuta. Le politiche dei comuni italiani verso un sistema di protezione nazionale per i minori stranieri non accompagnati, Collana studi e ricerche Anci, Il Mulino, Bologna 2008.
  • Impagliazzo M, Il caso Zingari, Leonardo International , Milano, 2008.
  • Castel R, L’insicurezza sociale. Che significa essere protetti? Einaudi, Torino, 2004.
  • Albanesi V, Per una lettura dell’emarginazione, Torino, 1985.
  • Winnicott D, “Gioco e realtà”, Armando Editore, Roma, 1974.
  • Achotegui J, La depresión en los immigrantes: una perspectiva transcultural. Editorial Mayo. Barcelona, 2002.
  • Grinberg L, e Grinberg R, Psicoanalisi dell’Emigrazione e dell’Esilio, Angeli, Milano, 1990.
  • Lanzerini F, Asilo e diritti umani, l’evoluzione del diritto d’asilo nei diritti umani. Giuffrè editore: Milano. 2009.
  • Levi P, Se questo è un uomo. Einaudi: Torino. 1947.
  • Mazzetti M, Strappare le radici. Psicologia e Psicopatologia di donne e uomini che migrano. L’Harmattan Italia: Torino. 1996.
  • Pennebaker WJ, Scrivi cosa ti dice il cuore, autoriflessione e crescita personale attraverso la scrittura di sé. Erickson. 2015.
  • Sironi F, Boureaux et Victimes. Psycologie de la Torture. Odile Giacob: Paris. 1999.
  • Che cos’era il “Passaporto Nansen “?, in Focus, n°64, febbraio 2012, p. 66.
  • Assente E, Enzo Jannacci, il poeta che non vuole vivere da artista, Milano, Giornale La Repubblica, 2013.Autori vari, Non solo curare, ma prendersi cura, Milano, Conferenza OMeCeO Milano, 2016.

 

 


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