IL FENOMENO MEGALITICO DI STALETTI’ IGNORATO DALLA SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA

CASALENUOVO ultimoCi è pervenuta la lunga lettera che il prof. Rosario Casalenuovo di Stalettì, in qualità di pluri Ispettore Onorario del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, ha inviato allo stesso Ministero d’appartenenza, e per conoscenza alle autorità regionali del settore, ed ancora al Presidente della Giunta Regionale, On. Mario Oliverio e all’Assessore regionale all’Istruzione e alle Attività Culturali On. Maria Francesca Corigliano.

  L’autore della missiva informa innanzitutto che il dott. Mario Pagano, dirigente della Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cosenza, pare abbia preso in considerazione l’ennesima segnalazione del Casalenuovo del 15.12.2018 (la prima comunicazione inviata anche al Ministero risale al 28.12.2000, seguite da quella del  31.01.2006 e quella del 04.11.2015, insieme ad altre verbali, nei confronti di altri Soprintendenti succedutesi a Reggio Calabria). Dette segnalazioni hanno avuto per oggetto i suoi ritrovamenti inseriti nel “fenomeno megalitico” o “rivoluzione megalitica” nel territorio di Stalettì e dintorni (menhir, cromlech, recinti ed alcuni dolmens, forse gli unici in Calabria).

Ad orientare il nostro in questo mondo sono state le scoperte che vogliono la presenza dell’uomo del neolitico sul monte di Stalettì da parte di studiosi quali il Lovisato, l’Orsi ed il Tinè, e dei nostri calabresi, il De Siena, il Foderaro ed il Topa.  A questi si aggiunge il pensiero del filosofo romano Guido Calogero, che parlando del monte di Stalettì ha scritto: “Una tale posizione dovette apparire eccellente, ed essere perciò ambita fin all’età della Pietra, se nel territorio furono rinvenute tracce di un insediamento umano preistorico, risalente al paleolitico superiore, armi ed utensili di selce scheggiata”.A questi si aggiunge l’antropologo Enzo Bernardini, ritenuto uno dei massimi esperti italiani del settore, già membro dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, autore di numerose pubblicazioni scientifiche, il quale ha definito il “fenomeno megalitico” “La prima grande religione creata, organizzata e diffusa dall’uomo, che si presenta con l’uso di innalzare monumenti funerari o di culto mediante l’impiego di enormi pietre a partire dal Neolitico (7.000 anni a.C.), o ancor prima”.

DOLMENDel pensiero dello studioso sanremese, infatti, il Casalenuovo si è valso nella prefazione al suo volume “”, opera pubblicata nel maggio del 2004, nella quale, tra l’altro si legge: «La Calabria terra di antichissima civiltà e ripetute presenze nei millenni, non dovrebbe essere stata estranea ai navigatori portatori dell’idea megalitica che forse vi hanno fatto conoscere o introdotto la tradizione d’innalzare segnacoli o monumenti con grandi pietre»…

Dalla presentazione del volume sopra citato, (ecco cosa lamenta in definitiva il Casalenuovo nella sua lunga missiva) sono passati diversi anni e nessuno si è mai degnato di prendere in giusta considerazione le su scoperte.

 L’unica autorità a visitare, nel maggio del 2001, il primo  monumento “zoomorfo” (foto  n. 1), individuato dal Casalenuovo (che rappresenta per lo stesso l’ariete, simbolo di “Pan”, il dio venerato dai pasti dell’Attica) è stato l’allora Soprintende regionale, l’Ing. Attilio Maurano, accompagnato dall’architetto Sergio De Paola e dall’archeologa Adele Bonofiglio). Detto sopralluogo è avvenuto alcuni mesi prima che fosse presentato il volume “La Grotta”, dedicato dal Casalenuovo alla Grotta di San Gregorio, sita in Caminìa, ai piedi dell’unica falesia del golfo di Squillace, nella cui opera l’autore ha pure inserito un capitolo sul “megalitismo” dal titolo “La vera patria del sole”, ove, tra l’altro, è riportato il monumento sopra citato.

Il Soprintendente, affascinato dalla visione del complesso, esprimeva l’idea di voler coinvolgere l’Università di Salerno, cosa in qualche modo impedita dal suo trasferimento dalla Calabria alla Soprintendenza di Potenza. Questo episodio, in effetti, ha segnato inesorabilmente la fine dell’interessamento da parte delle autorità dei beni culturali al caso. Autorità che pure erano stati presenti in modo significativo, nel maggio del 2004 alla presentazione del volume già citato “Le pietre di Stalettì e il fenomeno megalitico”, con la dirigente dott.ssa Elena Lattanzi della Soprintendenza Archeologica di Reggio Calabria, la quale prometteva un suo sopralluogo sui siti in questione, promessa che, con stratagemmi vari, non ha mai mantenuto, così come dai suoi successori nel tempo. Non solo, ma tutti, di fatto, hanno impedito che alcune autorità scientifiche lo facessero.

           Lo stesso funzionario che, più tardi, ha messo il nostro in contatto col Prof. Giuseppe Roma, ordinario di archeologia LA GROTTAdell’Università della Calabria, il quale, ispirato dal Casalenuovo, nel 2018, ha avviato nella sua facoltà un progetto sul fenomeno megalitico in Calabria, e pure affrontato lo studio “L’adorazione delle piete e i megaliti del bosco di Castroregio (CS)”, suo paese natale; lo stesso docente che, pur avendo promesso di fare un qualche sopralluogo sui siti di Stalettì, ma di fatto (forse per motivi di salute) non è riuscito ad effettuare.

           E’ stata allora doppia la delusione del Casalenuovo quando ha appurato dell’improvvisa dipartita del docente avvenuta nell’aprile 2019.   Oggi, come sopra annotato, il Casalenuovo dall’incontro avuto di recente col dott. Mario Pagano, Soprintendente di Cosenza, è emersa la volontà dello stesso di continuare il lavoro interrotto del compianto Prof. Roma. Nel frattempo, comunque ed in attesa di verifiche scientifiche, il nostro, chiede al Ministero l’autorizzazione, a poter eseguire un’accurata mappatura dei monumenti individuati, ed ancora, di prendere in considerazione l’idea di sottoporre a vincolo, anche se in via provvisoria, i siti coinvolti. croce buonaDa tutta la vicenda, fin qui traspare, scrive sempre il Casalenuovo nella sua lettera: «…Senza voler fare le pur dovute polemiche, come vanno le cose legate alla “Cultura” in Calabria, in specie quelle che dovrebbero fare, se riconosciute debitamente, da volano allo sviluppo, alla crescita in ogni senso della nostra regione; emerge pure l’invidia, la gelosia, nei confronti di chi addita, ha la fortuna di scoprire qualcosa, (…)  e come compenso, ripagato con la persecuzione “culturale”, se così possiamo definirla.  In realtà si tratta di qualcosa che non ha niente a che fare con la cultura o con i beni culturali.   Trattasi di persecuzione bella e buona, alla pari di quella da Noi subita nel tempo, nel corso della nostra lotta contro la cementificazione delle coste di Stalettì evitando, tra l’altro, la distruzione di ineguagliabili siti archeologici; di persecuzione nei confronti di chi si è speso per la sua terra e, se anche perseguitato, continua la sua missione con l’amore che è insito nella sua natura».

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